23. Le rovine pt.2

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-Okay, stiamo vicini e facciamo silenzio- disse Nux, riprendendo a camminare in quella strada piena di macerie che si allungava tra i palazzi vuoti e silenziosi.
Etnia non se lo fece ripetere due volte; gli camminava così vicino che se lui si fosse fermato all'improvviso avrebbe finito per cadergli addosso. Quell'atmosfera così cupa le faceva tremare persino le ossa, e se ne avesse avuto il coraggio sarebbe scappata subito, a costo di passare la notte nel mezzo del deserto. Ma se Nux riteneva che restare in quel posto sarebbe stato più sicuro, non poteva che affidarsi alle sue parole e dargli ascolto. Dopotutto lei non aveva nessunissima esperienza in campo di sopravvivenza, ne era fisicamente pronta a sopportare il freddo e la stanchezza.
Il Trivial scrutò attentamente uno dei vecchi palazzoni, e si avvicinò a ciò che restava del suo ingresso: un buco sgretolato,laddove un tempo vi era la porta.
L'interno era dannatamente buio, ma l'ultima luce del tramonto ancora filtrava attraverso i vetri rotti di alcune finestre. I due si ritrovarono a camminare lungo uno sporco e stretto corridoio costeggiato da una miriade di porte, la maggior parte delle quali conducevano a stanze il cui pavimento era parzialmente crollato, o che comunque non avevano affatto un'aria sicura.
Nux continuò a camminare fino infondo, poi aprì una porta sgangherata sulla sua sinistra. Conduceva ad un piccolo stanzino, sufficientemente integro, munito di una piccola finestra che si affacciava sulla via.
-Quì può andare- disse sottovoce. -È solo per una notte...-.
La ragazza si guardò intorno, disperata e speranzosa allo stesso tempo. Non le piaceva affatto l'idea di passare la notte in quella stanza spettrale, ma d'altro canto quali alternative aveva?
-Pensi che sia abbastanza... Sicura?-.
-Sì- rispose lui -Ma dobbiamo fare silenzio, perché non sappiamo chi altro può esserci qui intorno-.
La ragazza deglutì nervosamente, bagnando con un pò di saliva la sua gola secca -Che intendi? Dici che non siamo soli?-. La sua voce tremava.
Il Trivial si passò una mano dietro alla nuca -Dico solo che potremmo non essere gli unici ad esserci rifugiati qui... E la gente fuori dalle mura non è poi tanto amichevole-.
Lei annuì, senza fare altre domande.
Il buio inghiottì definitivamente la vecchia città in rovina, e con lui arrivò anche la bassa temperatura. Quel luogo, che di giorno cuoceva sotto incessanti raggi del sole, di notte diventata maledettamente freddo.
I due giovani si erano rannicchiati a terra, vicini tra loro per scaldarsi a vicenda, e posizionati proprio sotto alla finestra in modo da poter udire eventuali rumori che provenivano dall'esterno.
Nux aveva gli occhi chiusi, ma probabilmente non stava dormendo, mentre Etnia paralizzata dal terrore se ne stava immobile con gli occhi fissi sul pavimento, mentre con un dito giocherellava tra la polvere posata sul pavimento. Adesso l'ambiente era illuminato solo dalla fioca luce bianca della luna, che permetteva di vedere a malapena il contorno degli oggetti presenti in quella stanza; tutt'intorno regnava il silenzio, fatta eccezione per qualche folata di vento che fischiava attraversando i vetri rotti delle finestre e faceva sbattere qualche vecchia porta.
Considerata la presenza di Nux al suo fianco, che le dava una certa sicurezza, per la ragazza tutta quella situazione sarebbe potuta anche essere sopportabile; tuttavia, aveva iniziato a fare davvero freddo e la sete, a seguito delle ore di cammino affrontate sotto al sole cocente, era ormai diventata insopportabile. Tuttavia, com'è ovvio, in quel luogo non poteva certo sperare di trovare dell'acqua potabile.
Era passata già quasi un'ora, e finalmente iniziava a sentirsi più tranquilla. Proprio in quel momento, però, un rumore improvviso ruppe il silenzio e le fece ghiacciare il sangue nelle vene.
Passi veloci, qualcosa che sbatte, e lo strano ringhio di un animale.
D'impulso la ragazza diede uno scossone a Nux. -Svegliati! C'è qualcosa fuori!- esclamò sottovoce. 
Il Trivial si alzò cautamente in piedi, e mettendosi a sua volta in ascolto notificò subito che quei rumori provenivano dalla strada, proprio sotto alla finestra. Con cautela avvicinò il volto al vetro appannato, e scorse tre figure scure che si aggiravano tra le macerie.
-Che-che cos'è Nux?- esclamò lei.
-Shh!-. Il Trivial aguzzò lo sguardo: si trattava di tre cani randagi, un piccolo branco di bestie affamate.
-Sono dei cani-.
-Cani? Davvero?- rispose lei, tirando un sospiro di sollievo -Già mi stavo immaginando chissà quale mostro-.
-Ma questi non sono i cani che conosci tu- puntualizzò lui -Sono randagi, non conoscono l'uomo. E sono feroci. Quindi meglio che non sappiano che siamo qui-.
Il resto della nottata, per Etnia, fu un inferno. Se ne restò lì per ore con gli occhi chiusi ad ascoltare con preoccupazione i rumori generati da quelle bestiacce, e non fece altro che addormentarsi per brevissimi lassi di tempo per poi tornare a svegliarsi con uno scossone. Persino quando i cani se ne andarono via, e tutto tornò silenzioso, non riuscì a calmarsi. Nonostante tutta la sua stanchezza fisica proprio non riusciva ad addormentarsi, anche a causa del freddo che le penetrava nelle ossa e la faceva tremare. Solo dopo diverse ore, ormai fisicamente esausta, cadde nel sonno appoggiando la testa sulla spalla di Nux.

.....

Diverse ore dopo, le prime luci dell'alba iniziarono ad illuminare la stanza, mentre i due giovani ancora giacevano immobili a terra. Quando aprirono gli occhi, vedere quella calda luce fu di certo un sollievo per entrambi; avevano superato la notte, il peggio era passato.
Nux si alzò in piedi guardandosi intorno, mentre Etnia rimase a terra. Altre due ore di cammino nel deserto la attendevano, ed era già esausta. Aveva bisogno di acqua, e cibo; i suoi muscoli erano doloranti, gli arti deboli.
Si alzò a fatica, aiutata da Nux, e seppur con sgomento seguì il compagno che si era già addentato nei corridoi in direzione dell'uscita. Ad ogni modo era felice di andarsene via da quel posto, e se fosse sopravvissuta al viaggio di certo non ci sarebbe mai più voluta tornare in futuro.
Una volta fuori dall'edificio, i loro occhi furono abbagliati dalla luce della sole che già aveva iniziato a sprigionare calore. Nux si guardò attorno per qualche istante, poi si incamminò nella direzione che gli era stata indicata seguito dalla titubante Etnia.
Solo pochi passi dopo, tuttavia, notarono la presenza di una persona al confine tra la fine della città e l'inizio del deserto; dapprima si allarmarono, ma poi rimasero entrambi estrememate sorpresi dal notificare che si trattava ancora una volta di quella vecchia signora.
-Sapevo che sareste passati da qui... Esatto, bravi, è la direzione giusta-. La vecchia frugò sotto al suo sporco vestito, ed estrasse un oggetto dalla forma rettangolare.
Etnia non poté credere ai suoi occhi... Una borraccia!
-Prendete, è acqua potabile. Non bevete mai l'acqua che trovate in giro, perché è satura di radiazioni e vi farebbe ammalare subito. Questa è acqua potabile, potete stare tranquilli-.
La ragazza afferrò la borraccia senza pensarci due volte, la aprì alla velocità della luce e subito buttò l'acqua giù per la gola a grandi sorsi. Solo un secondo dopo realizzò che sarebbe e di certo stato opportuno conservarla, dunque si staccò e la porse a Nux. Il Trivial ne bevve qualche sorso a sua volta, dopodiché la legò con un laccio alla sua vita.
-Grazie- disse, rivolgendosi alla vecchia.
Lei allargò un ampio sorriso sdentato, e quasi si mise a piangere dalla gioia. -Vi prego... Arrivate al villaggio sani e salvi. Ho bisogno di sapere che ce la farete....-.
Dicendo queste parole, la vecchia voltò le spalle e si incamminò nella direzione opposta, senza aggiungere altro. I due ragazzi si scambiarono un'occhiata d'intesa, e senza perdere altro tempo ripresero a loro volta il cammino.
Altre due ore li separavano dalla presunta salvezza, ed avevano poco più di mezzo litro d'acqua nella borraccia.
Ma non era questo il momento di gettare la spugna.

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