9. Assurde convinzioni

170 29 17
                                    

Punto IV del C.E.T.: Allontanarsi dalla propria postazione di lavoro senza autorizzazione è grave infrazione.
________

Etnia indietreggiò strusciando sul pavimento sporco, fino a che non sbatté la nuca contro alla parete. Era così spaventata che a malapena riusciva a coordinare i movimenti.
Il Trivial continuò ad osservarla in silenzio, senza muovere un muscolo, con gli occhi fissi nei suoi. Il suo sguardo non era cattivo, ma le sue intenzioni probabilmente sì.
-Se mi lasci andare...- farfugliò la ragazza, adesso intenta a mettersi in piedi poggiando le mani contro al muro -Parlerò di tutto questo.... Lo dirò alle guardie della Città Celeste, loro verranno a salvarvi...-. La sua voce tremava assieme a tutto il resto del suo corpo. -Ti prego..-.
Lui, tuttavia, scosse lievemente la testa restando al suo posto. -Ma di che parli?- esclamò; anche se pareva esserlo, non era propriamente una domanda. Subito dopo, il Trivial spalancò le palpebre ed allargò un sorriso; nel suo sguardo si accese improvvisamente una nuova luce. -Lui sarà fiero di me- disse.
Etnia deglutì e premette la schiena contro alle parete, nel vano tentativo di restare a distanza da quell'individuo. -Lu..Lui?- balbettò.
Il ragazzo annuì con decisione, muovendo energicamente la testa. -Mi riserverà un posto nello Halle- disse ancora, con un tono particolarmente entusiasta.
-Ascoltami- rispose Etnia, portando avanti le mani -Non so di che stai parlando ma... Possiamo trovare un accord..-. Non ebbe neanche il tempo di finire la frase, perché il Trivial balzò in avanti e la afferrò violentemente per le spalle, bloccandola contro alla parete. La ragazza emise un lamento, e si ritrovò in pochi istanti faccia a faccia con l'aggressore.
I suoi occhi chiari adesso la fissavano da vicino. Li sbatteva velocemente, rendendo ancor più evidente la sua agitazione. -Ma devo aspettare- disse poi, allentando progressivamente la presa -Devo aspettare un po'. Più a lungo ti cerca, più orgoglioso sarà di me quando ti consegnerò-.
Etnia scosse la testa. -Ti prego, devi ascoltarmi!-. Sollevò le braccia ed afferrò quelle del Trivial, cercando scuoterlo. La reazione che causò il suo gesto, tuttavia, fu violenta.
Lui fece un passo indietro, e con una gomitata si tolse le sue mani di dosso; dopodiché, con una reazione istintiva, le sferrò un pugno che la colpì sulla faccia. La ragazza cadde a terra e cacciò un grido di dolore, che fu subito soffocato da una scarpa premuta sulla sua bocca.
-Lui non deve sentire!- esclamò il ragazzo, muovendo la testa a destra e sinistra come farebbe uno psicopatico. Le tenne la bocca tappata per una lunga serie di secondi, finché lei non smise finalmente di agitarsi; solo allora, molto lentamente, sollevò il piede. -Non fiatare- disse, tornando improvvisamente a calmarsi.
Etnia emise una serie di piccoli colpi di tosse, che tentò di silenziare con il palmo della mano. Sentiva un dolore lancinante provenire dalla parte colpita del suo volto, e le girava la testa in modo insopportabile. Il suo corpo aveva ripreso a tremare, la paura e la disperazione le rendevano difficile ragionare; ma nonostante questo, tentò di recuperare pian piano il controllo, ispirando aria nei polmoni, finché non ebbe il coraggio di tornare ad alzare la testa.
Il Trivial era lì, seduto ad un metro di distanza con le gambe incrociate ed i gomiti poggiati sulle ginocchia. La guardava con aria neutra, restando in silenzio. Sembrava rilassato, come non fosse accaduto niente.
Il suo sguardo non era quello di una persona cattiva; di questo Etnia ne era assolutamente convinta, nonostante tutto. Lo ripeté più volte nella sua mente, cercando un pò di sicurezza.
Restò a sua volta immobile a guardarlo, stringendo i pugni per reprimere la voglia di piangere; e percorse con lo sguardo ogni centimetro del suo corpo. L'orrore che quel ragazzo doveva aver vissuto fino ad allora sembrava essere dipinto sulla sua pelle pallida, e testimoniato da ogni piccolo livido, ogni piccola cicatrice che si portava addosso. Una persona talmente abituata al dolore ed alla sofferenza, da ritenerle cose normali. Le sue mani erano sporche, rese ruvide da chissà quante ore di lavoro incessante. Il suo torso nudo era magro, ma ricoperto da una muscolatura compatta ed evidente.
Restarono entrambi in zitti per diversi minuti, poi finalmente Etnia trovò il coraggio di rompere il silenzio che aleggiava nella stanza. Si disse che, se avesse voluto sopravvivere, avrebbe dovuto tentare ancora una volta di ragionare con lui.
-Quando dici "lui"... Parli del tuo capo, o qualcosa del genere?- domandò, con un filo di voce.
Il Trivial la guardò dritta negli occhi. -Sì. Lui... Poterà nello Halle tutti quelli che lo meritano- rispose; e nel pronunciare quelle parole, la luce nei suoi occhi tornò a brillare.
Etnia annuì debolmente. -E.. Che cos'è lo Halle?- chiese ancora.
Il ragazzo allargò un sorriso e si avvicinò a lei strisciando sul pavimento, con aria entusiasta. -Davvero non lo sai?- domandò, piegando la testa di lato.
La ragazza strinse le labbra. -Non l'ho mai sentito-.
-Lo Halle è un posto bellissimo. Quando le persone muoiono, possono andarci... Ma solo se lui le ritiene degne-. Il tono della sua voce stava cambiando; era evidente che l'argomento lo rilassava.
-Wow..- farfugliò Etnia, abbassando lo sguardo -E tu... Pensi che ci andrai?-. Sentiva di essere sulla buona strada; forse quella assurda conversazione poteva essere la sua salvezza.
Il ragazzo annuì. -Mi sono appena guadagnato il posto... Ti porterò da lui, e verrò premiato-.
Quella frase fu seguita da una manciata di secondi di silenzio. La ragazza restò a guadarlo, senza sapere che cosa dire. Pregarlo ancora sarebbe stato di certo controproducente.
-Sicuro che lo farà?- domandò soltanto, senza staccargli gli occhi di dosso.
Il Trivial aggrottò la fronte. -Sì... È stato lui a dirmelo-. Si passò la mano destra sopra alla testa, ed abbassò lo sguardo a terra. -Lui non mente-.
Etnia emise un lieve sospiro, ancora dolorante a causa del pungo ricevuto. La parte destra del suo volto pulsava in modo incessante, ed era già diventata rossa e calda al tatto. -Penso che lui mi farà del male- disse. Non sapeva neanche perché mai avesse avuto l'istinto di pronunciare quelle parole, perché aveva capito che cercare di insinuare sensi di colpa in quell'individuo sarebbe stato inutile.
Il Trivial infatti continuò a fissare il pavimento. -Probabile- disse soltanto.
Lei continuò a guardarlo, ma non si diede per vinta. Capì che la sua unica arma erano le parole. -Come ti chiami?- chiese, cambiando improvvisamente argomento.
Il ragazzo sollevò lievemente la testa, quanto bastava per incrociare il suo sguardo. -Perché lo chiedi?-.
-Curiosità- rispose Etnia -È solo per curiosità-.
Gli occhi azzurri del Trivial la guardarono inespressivi per qualche secondo, poi rispose. -Mi chiamo Nux, mi pare-.

Nota:
Si scrive Nux ma si pronuncia "Nacs"

Trivial Where stories live. Discover now