38. La Notte Più Scura

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-Nux! - gridò Etnia a pieni polmoni, balzando giù dal letto. - Oh no, oh no-.
Corse verso di lui e si lasciò cadere sbattendo le ginocchia a terra; lo afferrò per le spalle, e lo girò con la faccia verso il cielo. Aveva gli occhi mezzi aperti, ma non sembrava cosciente. Dalle labbra socchiuse fuoriusciva del sangue scarlatto, che percorreva il suo collo fino a tingere di rosso la maglietta.
-Nux! - gridò, cercando di farlo riprendere con una serie di disperati scossoni.
Respirava ancora, ma con immensa fatica; sembrava che stesse disperatamente cercando di inalare ossigeno, ma che qualcosa gli impedisse di farlo.
Presa dal panico, accompagnò con delicatezza la sua testa a terra e balzò in piedi, raggiungendo l'uscita. In pochi attimi era in strada, sotto alla fioca luce lampeggiante di un lampione. Gridò aiuto con tutto il fiato che aveva in gola, così tanto che riuscì a svegliare tutti quanti. Urlò, e pianse, e le parve di morire da quanto era terrorizzata.
Molta gente confusa e preoccupata si precipitò in strada, ma quasi nessuno dapprima parve comprendere che cosa stesse succedendo. Fortunatamente un ragazzino, evidentemente più sveglio degli altri, capì subito che serviva urgentemente un aiuto e corse via in direzione dell'infermieria, dove avrebbe svegliato il dottore.
Ci volle un pò, prima che quest'ultimo li raggiungesse.
Nel frattempo Etnia tornò correndo all'interno della baracca, dove trovò Timber in piedi al centro della stanza; si era svegliato anche lui, ed il suo volto era carico di terrore.
Non capiva, e come avrebbe potuto?
-Etnia che gli succede? - domandò con la voce che tremava, rivolgendo il suo sguardo a Nux che, incosciente, era ancora disteso a terra.
-È ferito?! - domandò ancora.
La ragazza tentò impacciatamente di nascondere la propria disperazione, nonostante dentro di sé stava urlando e piangendo. - Niente, tranquillo.. - farfigliò, scoprendo di fare una fatica immensa a comporre una frase di senso compiuto.
-Ha avuto un malore, starà bene-.
Si mise in ginocchio davanti a Nux, lo afferrò per le spalle e con grave fatica sollevò la sua schina, per poi appoggiarlo contro alla sponda del letto. La sua mente era in tilt, ma non poteva permettersi di avere un crollo emotivo in quel momento.
-Nux! - gridò ancora, tentando di risvegliarlo. Con una mano fu costretta a reggere la sua testa, mentre continuava disperatamente a chiamare il suo nome, mentre il piccolo Timber osservava la scena a pochi metri di distanza. Spaventato, confuso, ed impotente.
L'arrivo del medico, seguito da altri due uomini, fu un enorme sollievo. Il trio di soccorritori passarono correndo tra la folla di curiosi che si erano accalcati sulla porta; gettarono a terra un paio di valige contenenti delle attrezzature mediche, e senza perdere tempo iniziarono il loro lavoro.
Fecero allontanare Etnia, e con grande fretta afferrarono il corpo del malato e lo issarono fino a sistemarlo nuovamente sul letto, con la testa sul cuscino ed il corpo disteso sulle lenzuola.
-Aiu.. tatelo, vi pr.. ego... - balbettò la ragazza, abbracciando il piccolo Tim con le braccia che tremavano visibilmente.
-Aiutatelo... -.

......

Il respiratore artificiale emetteva un suono dal ritmo regolare, mentre forzava l'ingresso e la fuoriuscita dell'aria dai polmoni di Nux. 
Una mascherina di plastica trasparente era stata sistemata sul suo volto, a coprire bocca e naso, ed un grosso tubo la congiungeva alla macchina che adesso lo stava tenendo in vita; a seguito della crisi respiratoria, pareva non essere più in grado di provvedere autonomamente alla ventilazione.
Una flebo pendeva dal suo braccio, ove l'ago penetrava una vena iniettando nel sangue un liquido trasparente, contenuto un una sacca di plastica. 
Nella stanza, un silenzio assordante; Etnia si era sistemata su una sedia, ed era china sul letto con la testa appoggiata al cuscino, accanto a quella di Nux. Non si era ancora risvegliato, a seguito del tragico avvenimento di quella notte, ed il dottore temeva che non lo avrebbe fatto più.
Ascoltava il rumore meccanico del suo respiro, ed avvolgeva la  sua mano nella propria pregando di sentirlo prima o poi stringere le dita e ricambiare quella stretta.
Anche Timber era stato per molto tempo seduto a terra accanto al letto, finché Etnia non insistette nel dirgli di andare a giocare, perché tanto non avrebbe potuto fare niente. Non voleva che dovesse vivere anche lui quel trauma: era solo un bambino, non era giusto. Era già stato molto forte nell'affrontare la morte di mamma e papà, sopravvivendo ad un drastico cambio della sua vita; non avrebbe voluto dargli alto dolore.
La ragazza restò seduta su quella sedia di legno per ore, fino a che non finì per cadere in un sonno profondo; quella lunga notte era stata stremante, ed ora si sentiva distrutta sia psicologicamente che fisicamente. 
La sua mente era in subbuglio, quello non fu affatto un sonno tranquillo. Continuava a muoversi, mugolare, e quando dopo un paio d'ore si risvegliò scoprì di avere le guance bagnate dalle lacrime. 
-Ci sono novità?- domandò il dottore, affacciandosi alla porta d'ingresso. 
Etnia scosse la testa mentre con la manica della maglietta si asciugava il viso, così lui assunse un'espressione rammaricata. Con le scarse attrezzature di cui era in possesso, non poteva fare molto in una situazione così disperata; non avrebbe potuto in nessun modo salvare quel povero ragazzo, anche se avrebbe tanto desiderato farlo.
Si disse che, se non poteva guarirlo, avrebbe almeno tentato di rendere meno doloroso possibile il processo della sua fine.
Con le mani ancora poggiate sul bordo della porta, l'uomo rivolse ad Etnia un caldo sorriso. -Sai, credo che sia stato molto fortunato ad incontrare te- le disse.
Lei strinse le labbra ed abbassò la testa. -Non ne sono molto sicura- farfugliò. 
-Oh, io sì invece- replicò il dottore, sorridendo ancora. Indietreggiò di un passo e se ne andò, richiudendo la porta dietro alle sue spalle. 
Etnia emise un lungo sospiro, e si voltò lentamente verso Nux. Non riusciva neanche a guardarlo, ridotto in quel modo. 
Per quanto ancora sarebbe stato vivo?
Avvolse le braccia attorno al petto colta da un brivido, e strinse le mandibole. Proprio in quel momento, improvvisamente, il Trivial mosse debolmente una mano.

Trivial Where stories live. Discover now