36. Illusioni

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-Ti ho detto che sto meglio, smettila di fare così- esclamò Nux, puntando i palmi delle mani sul materasso ed alzandosi in piedi.
Etnia sospirò nervosamente -Ho capito ma il dottore ha detto ch.. -.
-Ho bisogno di un pò d'aria, sono due giorni che sto chiuso qua dentro- la interruppe lui. A seguito di tutte quelle ore di riposo forzato, si sentiva incredibilmente meglio; aveva recuperato tutte le sue forze, aveva quasi l'impressione di essere miracolosamente guarito.
-Solo due passi- aggiunse, puntando le braccia sui fianchi - Vuoi venire? -.
Etnia sorrise, rincuorata dal vederlo così energico. - Ma sì, certo-.
Sì incamminarono lungo le strade di terra battuta, procedendo a passo lento. Era mattina, i primi raggi del sole avevano già iniziato a scaldare l'aria e gli abitanti del covo, un paio per volta, uscivano dalle loro rispettive abitazioni per occuparsi ognuno delle proprie faccende mentre i bambini, compreso il piccolo Timber, si erano già riuniti in piazza per giocare tutti assieme.
-Scusa! - esclamò una donna che correndo con una cassa di frutta in mano, sbatté involontariamente contro la spalla di Nux.
Lui non disse niente, ma la guardò allontanarsi verso le vie del mercato cittadino, dove avrebbe certamente esposto quella merce.
-Che giornata tranquilla- commentò Etnia, nel tentativo di avviare una conversazione. Erano ben altre le cose di cui avrebbe volto parlare, ma da quando Nux aveva avuto quel brutto malore si sentiva spesso a disagio con lui; non sapeva mai di cosa parlare, perché ogni suo pensiero finiva per ricollegarsi al fatto che presto le loro vie si sarebbero divise per sempre.
Non era mai stata così a disagio, con lui.
-Andiamo sulle mura- disse il Trivial, indicando l'orizzonte con una mano, laddove erano state costruite, con svariati tipi di materiali di recupero, le mura contenitve che separavano il covo dal resto della metropoli abbandonata.
Etnia si limitò ad annuire con un cenno del capo, e lo seguì tra le bancarelle del mercato fino a raggiungere la meta. Un pò confusa osservò il ragazzo arrampicarsi su una pila di vecchie botti vuote, fino a salire sul muro.
Sì voltò indietro e chinò a terra, porgendole una mano per aiutarla a salire a sua volta.
Lei l'afferrò, e con un pò di fatica riuscì a raggiungerlo.
-Wow.. -.
Una volta sopra, fu stupita della meravigliosa vista della quale poteva godere da quell'angolazione.
Sì mise a sedere accanto a Nux, ed iniziò a spaziare con lo sguardo: davanti a loro, gli enormi palazzoni cadenti della città in rovina celavano solo parzialmente la vista dell'enorme deserto arido che si estendeva per chilometri dietro di essi.
Lo sguardo di Nux era perso proprio laggiù, tra lo scintillio della sabbia illuminata dai raggi violenti del sole. Forse stava ricordando qualcosa.
-È davvero bello, quì - disse Etnia con un filo di voce, senza distaccare lo sguardo da quel triste ma affascinante paesaggio.
Nux si voltò verso di lei, e sorrise lievemente. - Sto davvero molto meglio, mi sento rinato- disse.
In effetti, che stesse bene, lo si vedeva già dall'espressione sul suo volto; era tornato ad essere energico e pieno di vitalità, esattamente come prima.
Etnia si sentì davvero felice in quel momento. Anche se in cuor suo sapeva che non poteva essere vero, si disse che ogni cosa sarebbe tornata al suo posto e che quei brutti momenti appena passati erano stati solo una parentesi della sua vita.
-È strano, ma sto bene- ripeté lui, tornando a guardare l'orizzonte.

.......

Tenendosi per mano, Nux ed Etnia ripercorsero la medesima via al ritorno, ognuno avvolto nei suoi pensieri. Nonostante fossero giunti in qual luogo ormai da divers giorni, molti abitanti del covo ancora li osservavano con stupore, quando capitava che li incontrassero per strada: erano ancora affascinati ed increduli del fatto che un Trivial ed un abitante della città Celeste fossero davvero giunti fino a lì.
Il corpo di lui, pallido e corroso da anni di stremante lavoro sotto ai cocenti raggi del sole; quello di lei, che nonostante tutto ciò che aveva passato in quegli ultimi tempi, vantava ancora di una pelle liscia e perfetta, aveva l'aspetto di chi era stato baciato dalla fortuna, nato tra le mura lussiose di quella città fortificata.
Etnia camminava a testa alta, e non riusciva proprio a fare a meno di sorridere; si sentiva immensamente felice, ora che Nux aveva avuto quell'imprevisto miglioramento. Che il medico si fosse sbagliato? Dopotutto le attrezzature che aveva a disposizione erano vecchie, recuperate dalle rovine della Metropoli; considerato questo, avrebbe potuto mettere seriamente il dubbio il loro funzionamento.
Ci pensò a lungo durante il ritorno, ma non disse niente a Nux; era così tranquillo e rilassato, non le andava di tornare a parlargli di quell'argomento.
Giunti alla baracca, trovarono Timber ad aspettarli con altri tre ragazzini che parevano avere circa la sua stessa età, o poco più.
-Eccoli! - gridò, indicando i due con una mano.
Il gruppo di bambini li raggiunsero correndo; erano tutti vestiti di stracci, alcuni persino scalzi, ma parevano davvero felici e spensierati com'era giusto che fossero alla loro tenera età.
Timber saltò tra le braccia della sorella, mentre gli altri tre accerchiarono Nux scrutando ogni millimetro del suo corpo con sguardi increduli.
-Allora è lui!- esclamò uno di questi - Il Trivial! -.
-Ve l'ho detto che non dico bugie! - replicò Timber, sciogliendo l'abbraccio con sua sorella maggiore. - È un vero Trivial! -.
I bambini, tanto increduli quanto entusiasti, parevano non volergli più staccare gli occhi di dosso.
Nux sorrise, divertito da quella situazione: mai nessuno lo aveva ammirato in quel modo, specialmente non apprezzando il fatto che fosse uno schiavo. Si chinò a terra e puntò il ginocchio sinistro nella sabbia, posizionandosi così alla stessa tezza dei bambini i quali, senza vergogna alcuna, iniziarono ad afferrare le sue mani e toccargli il volto, come se stessero ammirando una creatura sconosciuta.
-Le labbra..! - esclamò uno di loro, poggiando delicatamente il pollice sopra alla bocca del ragazzo.
-Che figata! - commentò, facendo scorrere il polpastrello sopra alle numerosi piccole cicatrici verticali.
Etnia scoppiò a ridere, divertita da quella strana situazione. Quei bambini erano così innocui, così puri e sinceri.
Dopo diverse manciate di secondi, Nux tornò in piedi, ancora sotto lo sguardo attento dei suoi piccoli ammiratori.
-Che lavoro ti facevano fare?- domandò saltellando quello che pareva essere il bambino più grande del gruppo.
Nux lanciò un'occhiata ad Etnia, lo sguardo della quale si era già incupito al solo udire quella domanda.
-Industrie- rispose il ragazzo, che al contrario non pareva particolarmente scosso dal dover affrontare quell'argomento. - Io lavoravo nelle industrie-.
-E come mai hai perso i capelli? - domandò un secondo bambino, agitando le braccia per attirare su di sé l'attenzione.
Nux sorrise. - Non li ho mai avuti, i capelli-.
-Che Figo! - commentò il terzo piccolo ammiratore - Ho sentito dire che voi Trivial non mangiate... È vero, che non mangiate? - ripeté.
Questa volta il ragazzo si limitò ad annuire con la testa, e subito fu assalito da un'altra domanda, ancora una volta da parte del bimbo più grande.
-E cosa ti facevano? Ti hanno picchiato? -.
Questa volta, però, Etnia non riuscì a trattenersi dall'intervenire. - Okay, basta così- esclamò - Dai, andate a giocare-.
Diede una spinta sulla schiena di Timber per invitarlo ad allontanarsi, portando i suoi amichetti via con sé; rivolse poi uno sguardo a Nux, che a sua volta la guardava con un'espressione indecifrabile in volto.

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