4. Le ultime tracce della verità

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Seppur con una certa titubanza, Etnia decise di seguire il vecchio seppur dopo qualche manciata di secondi spesa a riflettere. Tutto le suggeriva di lasciar perdere e tornarsene a casa, eppure la sua curiosità la spinse a mettersi in cammino dietro a quello strano individuo, calpestando l'asfalto bollente con i suoi scarponcini di pelle.
-Da questa parte- disse il vecchio, voltandosi indietro verso di lei e facendole cenno di seguirlo mentre svoltava in un vicolo.
La ragazza obbedì, ma badò di restare sempre alla dovuta distanza. Se avesse notato qualche comportamento strano, se la sarebbe filata a gambe levate. Nella Città Celeste era molto difficile incontrare un malvivente o comunque una persona con cattive intenzioni; ma ciò non significava che era impossibile. Inoltre, indifesa com'era una ragazza di diciannove anni, non poteva proprio evitare di tener presente quali rischi stesse correndo. In qualche modo però quella situazione la entusiasmava: era qualcosa di molto diverso dalle monotone attività che riempivano la sua vita.
Mentre camminava a passo svelto, pensò alle parole che quel vecchio le aveva detto; le stesse che l'avevano convinta a seguirlo.
"Vuoi conoscere la verità?".
La sua mente già viaggiava alla ricerca di un collocamento a quella frase. Si chiedeva a quale verità potesse riferirsi, ma nel profondo della sua mente una cosa specifica stava sperando: che le avrebbe parlato della nascita della Città Celeste, o di quello che accadde prima ancora. Di ciò che poteva esserci fuori, oltre alla sabbia ed al sole.
Nonostante curiosità di quel tipo fossero allontanate come la peste nella città, la ragazza dentro di sé non aveva mai smesso di porsi domande a riguardo. Se non fosse stato per la noia, la vita alla Città Celeste le piaceva; ma proprio non aveva mai potuto fare a meno di chiedersi se davvero ciò che restava del mondo era tutto lì.
Amava molto leggere, ed aveva avuto tra le mani alcuni libri di fantasia che parlavano del mondo... Del mondo di una volta. Non sapeva se le parole che aveva letto impresse su quella carta raccontassero la verità o fossero tratte soltanto dall'immaginazione dello scrittore, ma parlavano di prati verdi, alberi da frutta, e soprattutto del mare...
Quanto avrebbe voluto vederlo, il mare. Una distesa d'acqua così grande, si chiedeva se fosse davvero mai esistita. A pensarci le sembrava una cosa troppo assurda, per essere vera; quella doveva essere soltanto frutto di qualche galoppante fantasia.
Immersa com'era nei suoi pensieri, si accorse in ritardo che il vecchio davanti a lei si era fermato in modo improvviso e per poco non finì per sbattergli contro un'altra volta.
-Ragazza- disse lui, con aria spaventosamente seria -Il tuo nome?-. Si mise a sedere sopra al parapetto di marmo di un palazzo, con la schiena poggiata contro al muro e gli occhi puntati sulla ragazza, in piedi davanti a lui.
-Etnia- rispose lei, facendo spallucce -Ma cosa voleva dirmi?-.
-Puoi darmi del tu- fece l'altro, mettendo in mostra un sorriso mezzo sdentato. -E comunque ti consiglio di sederti... Sarà una storia lunga- concluse, facendole l'occhiolino.
La ragazza si guardò intorno con aria preoccupata, poi decise di accomodarsi sul ciglio di un finestrone lì accanto, a circa un metro di distanza dall'uomo. -E tu? Come ti chiami?-.
Lui ridacchiò. -Il mio nome non ha alcuna importanza. Se vuoi sapere la verità, ascoltami e basta. Alla fine della nostra conversazione, farò finta di non averti mai conosciuta e tu dovrai fare lo stesso con me... Chiaro?-.
Etnia annuì, seppur si sentisse piuttosto confusa. Per quale motivo avrebbe dovuto prendere tutte quelle precauzioni? La situazione la incuriosiva sempre di più, ed ora quasi fremeva dalla voglia di ascoltare ciò che il vecchio aveva da dire.
Quest'ultimo si schiarì la voce, e guardandola dritta negli occhi iniziò finalmente a parlare...
-Scommetto che tu non sai pressoché nulla riguardo al passato della città in cui vivi... E ciò non mi stupisce affatto, dal momento che a quelli della mia generazione era stato severamente imposto di non trasmettere ai nostri figli e nipoti ciò che sapevamo. Sostanzialmente, chi comanda ha fatto in modo che la verità non fosse tramandata-.
Etnia aggrottò la fronte. -Ma di che parli?-.
-Il sistema. Cosa sai del sistema, ragazza?-.
Lei fece spallucce ed abbassò lo sguardo. -È composto da una serie di regole e calcoli complessi che rendono possibile la vita serena nella Città Celeste... Lo insegnano a scuola-.
-Stronzate!!- gridò all'improvviso lui, balzando in piedi. Notando che Etnia si era piuttosto spaventata, cercò di recuperare il controllo subito dopo. -Non è così. Davvero credi che una città di questa portata, con le piantagioni, le pompe dell'acqua, le costruzioni e tutto il resto, possa sopravvivere solo con la vostra vita serena? Come potrebbe mai essere possibile, considerato che tutti gli abitanti non fanno che poltrire?!-.
Etnia si sentì piuttosto offesa da quell'affermazione, e sul suo volto apparve un lieve ghigno. -Non è vero... Mio padre partecipa spesso alla raccolta nei campi.. Sono tante le persone che lo fanno-.
Ci furono alcuni secondi di silenzio, durante i quali il vecchio estrasse dalla tasca un sigaro e lo accese, portandolo alla sua bocca con aria stanca. -Etnia... Hai idea di quanto abitanti vi siano, alla Città Celeste? Ed hai idea del lusso di cui goda ognuno di loro? Il lavoro che tuo padre fa nei campi, quando si annoia troppo... È pressoché inutile-.
La ragazza scosse energicamente la testa. -Non hai il diritto di dirlo. Per me la conversazione finisce quì!- esordì, alzandosi in piedi con l'intenzione di andarsene via. Peccato che, con la velocità di un fulmine, il vecchio la afferrò saldamente per il polso.
-Vi raccontano solo un mare di stronzate, e voi neppure lo capite!- gridò, strattonandola.
Etnia tentò di liberarsi dalla presa, tirando dalla parte opposta con tutte le sue forze. -Lasciami!- gridò. In un istante si ritrovò con la schiena per terra, ed il vecchio che la guardava dall'altro con aria divertita.
-Sei un pazzo!- gridò, rialzandosi in piedi.
-Mi hai chiesto tu di lasciarti- rispose lui, ridacchiando. Ma non appena notò che la ragazza stava nuovamente cercando di andarsene, tornò improvvisamente serio. -Vi nascondono una cosa grossa, Etnia-.
La ragazza fermò i suoi passi, e rimase immobile ad ascoltare, dando la schiena al suo interlocutore.
-Schiavi. Gente sfruttata fino all'osso, trattata peggio delle bestie, costretta a lavorare incessantemente da quando nasce a quando muore-.
Etnia si voltò indietro, con aria stranita.
-Ecco, cosa è il sistema- concluse il vecchio.
-Ogni cosa ha il suo prezzo, ragazza. E tutta quella povera gente sta pagando al posto vostro, per il lusso di cui godete-.

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