3. Idioti.

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Hermione non aveva mai visto le spalle di Harry così basse. Anche se aveva cercato di fermarlo, di fargli comprendere i rischi di quello che stava per fare, non c'era stato tempo, e prima che la ragazza potesse aggiungere altro, afferrarlo per una mano e tirarlo indietro o tirargli un ceffone per farlo riprendere, Harry era già partito spedito sulla sua scopa per riprendere la ricordella di Neville, pronto a fare l'eroe della situazione e salvare i deboli dalla morsa dei cattivi. E chi era stato il buono? Harry, ovviamente. La risposta per chi era stato il più cattivo era ancora più ovvia.

Draco se ne stava tutto tranquillo con i suoi amici, a ridere e scherzare e prendere in giro il povero Harry per essere stato richiamato. Quelle ingiustizie facevano ribollire il sangue di Hermione, e pensava che nel mondo dei maghi certe ose non accadessero, che certi malintesi erano superati in quel mondo che sembrava così in avanti, così avanzato rispetto al loro. Ma era stata id nuovo abbattuta dai suoi pensieri, dalle sue speranze, che il mondo – non solo il suo, ma anche quello dei maghi – continuava a buttare giù. Avrebbe mai avuto una soddisfazione? Le sue speranze e i suoi desideri si sarebbero mai compiuti, o era destinata a dover sempre prendere il proprio destino in mano e girarsi la frittata da sola?

Ron era con gli altri ragazzi della loro classe, insieme a parlare di quanto fosse triste e ingiusta tutta quella storia, ma senza combinare un bel niente in sostanza. Hermione gli diede le spalle e puntò contro il colpevole di tutta quella storia. Prendere la frittata e girarsela da sola; Hermione sentiva che quella frase sarebbe diventata il suo nuovo motto. Se non poteva prendersela con la McGrannitt o con Harry, almeno poteva prendersela con il colpevole.

La ragazza, mentre si incamminava a passo spedito verso Draco e i suoi amici, provò la strana sensazione che quella non sarebbe stata la prima volta dove si sarebbe trovata costretta a difendere i suoi amici da Draco. Lo aveva già capito dal loro arrivo, quando all'entrata della Sala Grande aveva insultato in quel modo disgustoso il povero Ron e classificato Harry come un povero stupido soltanto perché aveva scelto di restare dalla parte dell'amicizia. Quella vera, quella sincera: non come gli amici di quel Malfoy, che restavano con lui soltanto per i soldi e il potere che il suo nome rappresentava. Probabilmente questo lo sapeva anche Draco, ma a lui andava bene così apparentemente. O era così, o era davvero un povero imbecille con delle fette di salame sugli occhi.

Draco e la sua comitiva si resero conto del tornado che si dirigeva dritto verso di loro. Alcuni ridacchiarono, altri sembravano annoiati, ma non Draco. Lui sembrava... incuriosito, ammirato, stuzzicato? Forse sì, forse no. Hermione stava ancora cercando di trovare un modo per leggere i segreti nascosti dietro quegli occhi grigio tempesta.

«Il nostro amichetto Harry manda la sua amichetta mezzo-sangue a difenderlo?», la schernì uno dei ragazzi del gruppo. Uno scroscio di risate seguì le sue parole, tutti che osservavano la ragazza aspettando la sua reazione, o le sue lacrime. Draco all'inizio non sembrò ridere alla battuta, poi quando vide tutti gli altri ragazzi intorno a lui ridere a crepapelle, li seguì a ruota.

"Che cane", pensò la ragazza roteando gli occhi al celo. Suo padre gli aveva insegnato che quando la persona era zero la considerazione era zero, quindi le parole di quello sconosciuto non valevano nulla per lei. restò impassibile aspettando che tutti loro smisero di ridere, poi si voltò verso Draco. «Ti senti meglio adesso che hai fatto la tua bravata giornaliera?».

Anche se erano alti uguali, il ragazzo trovava sempre un modo per dare l'impressione di guardare tutti dall'alto. Per un secondo Hermione ne fu intimidita. «Molto meglio, sì. Grazie per averlo notato». Altro scroscio di risate.

"Era una battuta?", si domandò lei, non capendo perché gli altri stessero ridendo, dato che nemmeno Draco lo faceva. Le parole che uscivano dalla bocca del ragazzino era così oro colato per quegli idioti che non sapevano più che pesci pigliare per entrare nelle sue grazie. «Dovresti andare a scusarti con Harry, o almeno a parlare con la McGrannitt». Hermione non aveva ancora perso la speranza di analizzare a fondo quel ragazzo, cercare di capire come pensava, quale era la sua visione del mondo, e cercare di cambiarla se in qualche modo era possibile.

Altre risate. La ragazza iniziava davvero ad esserne infastidita.

«Perché dovrei farlo?», gli rispose lui con tono freddo e autoritario, come se fosse lui il preside di quella scuola e non Silente. «Quello stupido se lo è meritato. Poteva starsene al suo posto e guardare, ma ha voluto fare l'eroe. Beh, questo succede quando ti impicci negli affari altri».

«Impicciarsi negli affari altri?», ripeté stupita lei. «Non posso credere che tu l'abbia davvero detto!», esclamò a metà tra lo stupito e il divertito. «È proprio quello che hai fatto tu quando hai rubato la ricordella di Neville!».

«Non l'ho rubata!», esclamò stizzito lui. «Non ti azzardare a dire che... ».

«Okay, non l'hai rubata», acconsentì lei. «Ma non era affari tuoi, e tu hai deciso di ruba... prendertela lo stesso. Accusi Harry di aver fatto la stessa cosa che hai fatto tu? Anzi, lui è giustificabile: aveva un buon motivo per farlo. Tu, invece?».

Draco si strinse nelle spalle. «Se lo meritava».

Tutti gli altri ragazzi risero.

Hermione alzò le braccia al celo, esasperata. «Ma quanto potete essere idioti?!», il tono della sua voce era così alto che anche l'altor gruppo di ragazzi, quello dove c'era Ron, si voltarono verso di loro. Il gruppo di "amici" di Draco smisero tutti insieme, all'istante di ridere. Draco la guardava come se fosse un alieno sceso in terra.

La ragazza era stanca di tutta quella baraonda. «Ne ho abbastanza delle vostre pagliacciate. Continuate a ridere come delle pecore ben ammaestrate, continuata a fare scherzi idioti mettendo gli altri in punizione. Alla fine sempre degli stupidi, puzzolenti ed ignoranti idioti rimarrete. Vergognati!», sputò l'ultima parola verso Draco, voltandogli poi le spalle ed incamminandosi non verso l'altor gruppo di ragazzi, ma verso una delle panchine al confine del cortile, dove poteva stare sola e sbollire quella rabbia che gli accaldava il collo e le guance.

Mentre si sedeva, sentiva gli occhi di tutti puntati addosso, e per la prima volta nella sua vita, non gliene fregò affatto.

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