9. Ti dispiace?

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Era semplicemente impossibile togliersi quel sorriso dalla faccia. Ormai Hermione non ci provava nemmeno più. Appena svegliatasi quella mattina, dopo la sera prima – la cena deliziosa in Sala Grande, la Coppa delle Case assegnata a Grifondoro, tutti gli stringevano la mano a lei, Harry e Ron come se fossero dei veri eroi –, specchiandosi, aveva visto nel riflesso un volto solare, cristallino, illuminato da quel sorriso che non si era resa conto di avere. Non voleva andare girando per la scuola come una stupida presa in giro da tutti per quanto ridicola sembrasse, ma non riusciva a strapparlo via: ricordava le urla, i sorriso, gli occhi che brillavano a tutti quanti quando li avevano incontrati la sera prima in corridoio, a cena, in classe.

Per la prima volta in vita sua, Hermione si sentiva un'eroina.

Così, aveva lasciato perdere ed era andata a colazione. Nessuno sembrava fare troppo caso al suo sorriso come invece aveva pensato la ragazza, e si limitavano a salutarla o a farle cenni di assenso nella sua direzione. Tutti ricordavano ancora la sera prima, e per almeno qualche giorno, Hermione poteva stare certa che sarebbe rimasta nella classifica dei ragazzi più popolari della scuola. Non che lo avesse desiderato, ma faceva sempre bene essere gratificata per un lavoro svolto a dovere per la quale avevano lavorato così duramente.

Oggi era l'ultimo giorno di scuola. Erano passati solo quattro giorno dal loro "incidente" del Terzo Piano, ma tutti sembravano ricordarsi ancora vividamente cos'era successo quella sera. Nei corridoi, Hermione salutava a destra e a manca ragazzi che non aveva mai salutato prima o che non aveva mai nemmeno visto in un anno intero di studi.  

Arrivata in Sala Grande, tuttavia, le cose migliorarono. Tutti erano indaffarati a preparare le loro valige per la partenza di quel pomeriggio. Anche Ron ad Harry lo erano: Hermione, che da brava maniaca del controllo quale era aveva già preparato la valigia la mattina prima, aveva promesso di portargli qualcosa da mangiare non appena avesse finito la colazione. I ragazzi erano così indaffarati ad incastrare la roba nelle valigie che si erano limitati a grugnire, facendo uscire dalla Sala Comune un Hermione ridacchiante.

I quattro tavoli delle quattro case di Hogwarts erano quasi del tutto vuoi. In totale, potevano essere una centina di alunni, forse anche meno. I professori erano seduto al tavolo sulla pedana rialzata, tranne Silente. Hermione aveva sentito che era partito per andare a fare visita a Nicolas Flamel in persone, e dopo ad avvertire il Ministro della Magia di quello che era accaduto con la Pietra Filosofale, quindi sarebbe mancato per gli ultimi giorni di scuola.

Hermione prese posto al tavolo dei Grifondoro, che quella mattina era completamente vuoto se non per cinque ragazzi, due del sesto anno e tre del settimo. Nonostante l'assenza dei ragazzi a colazione, i piatti e i bicchieri erano straripi di roba da mangiare e bere. Hermione iniziò subito a preparare un piatto per Harry e due per Ron – di prima mattina, e soprattutto nelle mattine in cui era così stressato, Ron mangiava sempre troppo –, avvolgendoli poi in un tovagliolo. Dopodiché, si servì un bicchiere si succo e del pane ammorbidito da burro e marmellata.

Addentò la prima fetta, e fece scorrere lo sguardo sulle pareti della Sala Grande. Per tre mesi non le avrebbe più riviste, dopo nove mesi passati lì. La cosa la rendeva un po' triste, ma d'altra parte gli mancavano anche i suoi genitori e qualche spruzzo della sua vita da babbana, quindi non era così triste da essere malinconica.

Draco Malfoy si sedette di fronte a lei con un balzo e un ghigno sulle labbra, segno che era di buonumore quella mattina. Probabilmente perché stava per tornare nella sua villa lussureggiante con piscina e elfi domestici pronti a servirlo per ogni cosa. Mentre Hermione lo salutava con una mano, di domandò se tra i maghi esistessero le piscine con idromassaggio o se esistesse almeno un incantesimo per far ribollire l'acqua in quel modo.

«Sei viva», disse lui.

Hermione annuì. «E pronta per i tuoi complimenti imbarazzanti».

Draco ridacchiò, versandosi un bicchiere di succo a sua volta, e prendendone un sorso. Abbassò il calice poggiandolo sul tavolo e assunse un'espressione seria. «Granger, sono sinceramente colpito nel vederti ancora viva».

Hermione fece una smorfia. «Questo non è un complimento!», esclamò indignata.

«Certo che lo è», controbatté lui.

«No, non lo è», insistette lei, gettando nel piatto il resto della fetta di pane. «Mi stai dicendo che sei sorpresa nel non vedermi morta!».

Draco corrugò la fronte. «Ma se ho detto il contrario».

Hermione riprese la fetta dal suo piatto, agitando una mano nella sua direzione con fare annoiato. «Lascia perdere. Sei pessimo nei complimenti».

Draco sbuffò infastidito. «Okay», disse dopo un po', incrociando le mani davanti a lui sul tavolo e facendo un respiro profondo. «Granger», iniziò, «ero sicurissimo che tu ne saresti uscita viva, e che avresti fatto uscire anche quei due imbecilli vivi. No, sai che lo sono», la interruppe quando vide che la ragazza stava per parlare, «e per questo, sono grato a Merlino di vederti qui a mangiare una fetta di pane con burro e marmellata».

Hermione lo studiò per qualche secondo.

Draco allargò le braccia. «Allora?», domandò. «Com'era?».

Lei sorrise. «Non male, Malfoy. Bravo».

Draco sorriso compiaciuto. «Anche io so farli i complimenti quando voglio», aggiunse prendendo un altro sorso si succo dal suo bicchiere.

«Il problema è che non vuoi mai farli», mormorò lei mentre masticava. «Saresti una persona con molti più amici se lo faresti, e soprattutto con molte più amiche, se capisci cosa intendo», Hermione gli fece l'occhiolino, sapendo che sarebbe risultata una cosa orrenda, ma non gliene importò.

Draco sbuffò alzando le sopracciglia. «Io già sono pieno di ragazze».

«Le oche senza cervello che vengono appresso a te solo per il tuo bel faccino, i tuoi capelli argento e i soldi del tuo papà non contano come amiche».

«Per me lo sono», disse guardandosi intorno.

«Ecco perché non hai amiche, allora», disse lei preparandosi un'altra fetta di pane.

Draco la osservò in silenzio per qualche secondo, mettendola leggermente n soggezione, ma Hermione si costrinse a fare finta di niente e continuò a spalmare il burro sul pane, addentandola poi e cercando di non pensare a quegli occhi grigio tempesta che le davano la sensazione di essere capaci di leggere anche nell'anima. Un brivido le percorse la schiena, ma lei lo ignorò.

Tristemente, Hermione si ricordò della scommessa che si era fatta ad iniziò anno, di capire quel ragazzo a fondo e i suoi pensieri, e si rese conto di non esserci riuscita. "Ci sono altri sei anni di fronte a me", pensò lei mentre prendeva un altro sorso dal suo bicchiere per far scendere giù il pani. "Ho tempo per comprenderlo".

Draco sembrò avergli letto nella mente. «Ci vediamo l'anno prossimo, allora».

Lai annuì. «Credo proprio di sì. Ti dispiace?».

All'iniziò Draco non rispose, restando lì a guardarla con un ghigno sulle labbra, uno di quelli divertiti, non cattivi come quelli che rivolgeva alle "schiappe" della scuola, come li chiamavano lui e la sua banda di amici idioti. Poi il ragazzo scosse la testa. «No, per niente», gli rispose.

«Nemmeno a me», aggiunse lei prendendo un altro morso.

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