8. ... amici?

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Hermione correva perdifiato verso la biblioteca. Quella sera sarebbero andati a recuperare la Pietra Filosofale ad ogni costo. Dato che nessuno in quella scuola sembrava preoccuparsene abbastanza, e che nessuno dava ascolto alle loro parole, i tre ragazzi avevano deciso di prendere la situazione in mano. Era l'unica cosa da fare.

Girando l'angolo, la ragazza sbatté contro un ragazzo che stava venendo dalla direzione opposta. L'impatto fu così violento – Hermione stava correndo davvero veloce, avendo meno di tre ore per poter ripassare degli incantesimi utili prima della loro "missione" – che strappò via l'aria dia polmoni della ragazza per qualche secondo, mandandola a terra. Hermione fece dei respiri profondi mentre con le mani si aiutava a rimettersi in piedi. «Scusami», riuscì a biascicare con sforzo al ragazzo che a sua volta si stava alzando.

«Ma dove diavolo corri così di fretta, Granger?».

"Non adesso, per Merlino", esclamò dentro di sé Hermione riconoscendo quella voce. "Non ho tempo da perdere con lui". Batte con le mani sulla gonna della tenuta di Hogwarts per far scivolare via la polvere, e si rimise dritta. «Scusami, Malfoy, ma vado davvero, davvero di fretta. Ne parliamo un'altra volta, okay?». La ragazza provò ad aggirarlo per potersi dirigere verso la biblioteca, ormai dietro l'angolo. Nella sua mente, stava già elencando tutti i tomi che doveva prendere in prestito. "Come li farò a portare tutti nella Sala Comune da sola? Non importa, ci penserò dopo...".

Una mano l'afferrò per il mantello, trattenendola per una spalla. Hermione si voltò verso il ragazzo in un turbine di ricci e polvere che gli era rimasta attaccata al mantello dopo la caduta. Draco liberò subito la sua mano dal mantello. Adesso che Hermione ci pensava, era la prima volt che i due si toccavano, anche se non direttamente. Com'era possibile, dopo ormai un anno passato nella stessa scuola ad incontrarsi di continuo nei corridoi e a mandarsi frecciatine?

«Sei ancora arrabbiata con me?», le domandò lui con voce flebile. Erano gli unici due ragazzi nell'intero corridoio – forse nell'intero piano, considerando che tutti si stavano recando nella Sala Grande per la cena o erano già lì –, ma Draco aveva lo stesso paura di pronunciare quel genere di parole, di frasi. A seconda di come si trovava Hermione, la considerava una cosa stupida o una cosa dolce.

«Arrabbiata per cosa?», le chiese lei di rimando.

«Per... la Foresta Proibita», biascicò di nuovo lui, tenendo lo sguardo puntato su un punto oltre la spalla della ragazza, abbastanza lontano dai suoi occhi. «Pensavo che ti fosse passata. Ti ho chiesto scusa... ».

«No, non sono arrabbiata per quello», rispose in modo frettoloso lei, dimenticandosi della missione di quella sera, del perché si stava recando in biblioteca, del perché era così importante quella pietra al Terzo Piano, del perché era in quel corridoio con Draco. L'unica cosa che importava in quel momento, per quanto potesse essere stupida e insensata, era levare dagli occhi di quel ragazzo quella piccola scintilla di sofferenza che Hermione gli vedeva riflessa nel grigio tempesta. Possibile che per una semplice litigata, se la prendesse così tanto? Che per lui, restare "in buoni rapporti" con lei era così di valore da starci male se fosse avvenuto il contrario?

«E allora che c'è?».

«Te l'ho detto», rispose lei. «Vado solo di fretta».

Draco sembrava scettico. «A quest'ora?».

Hermione sbuffò. «Sì, ha quest'ora».

«Cosa stai combinando?», le domandò lui con tono perentorio. Poi sembrò arrivarci da solo, socchiudendo le labbra e sbarrando gli occhi come se non potesse credere a quello che lui stesso stava per dire. «Ti stai ancora cacciando nei guai insieme a Potter, Wesley e quell'Hagrid, non è così?», esclamò sbalordito.

«No, ma che dici?».

Draco si avvicinò a lei di qualche passo, i suoi grigi che prendevano vita. «Granger», le disse con tono piatto, secco. «qualunque cosa tu stia per fare, lascia perdere. Sei intelligente, non cacciarti nei guai, lascia perdere quei due stupidi».

«Quei due stupidi sono miei amici», gli rispose stizzita lei.

«Anche io lo sono, ma non faccio cose stupide».

Hermione socchiuse gli occhi, confusa. «Io e te siamo amici?».

Draco fu preso alla sprovvista da ciò. Forse non voleva nemmeno dire quello che aveva detto, ma preso dall'enfasi del momento non ci aveva pensato. Hermione, così vicina, riusciva a vedere il rossore che si faceva strada sul suo collo, centimetro dopo centimetro, mentre arrivava alle guance. Gli occhi di Draco che schizzavano da una parete all'altra del corridoio. «Sì... beh, insomma... una sorta di amici, no? Non amici-amici, ma amici... amici di corridoio, ecco».

«Amici... di corridoio?», domandò incerta lei, divertita.

«Insomma», tagliò a corto il ragazzo, «qualsiasi cosa tu stia per fare, non farla. Se finissi morta o ferita sarebbe un peccato, tutto qui».

«Ti stai preoccupando per me». Non era una domanda; era certa di quello che diceva.

Il rossore che già lo aveva preso prima sembrò assumere più colore. Però per quell'occasione, stranamente, Draco non cercò di sviare le sue parole con un suo commento ironico e fastidioso. Decise di rispondere sinceramente – o almeno, Hermione sperò che stesse parlando con sincerità – mormorando, a testa bassa e occhi bassi, le parole. «Sì, lo sono».

Hermione fu piacevolmente colpita dalle sue parole, e poté rispondere alla domanda che si era posta pochi secondi prima: sì, Draco Malfoy, per quanto volesse dare a vedere la sua spavalderia, il suo cuore duro e di ghiaccio, ci teneva al rapporto impossibile che si era creato tra lui ed Hermione Granger. Ciò rendeva la ragazza entusiasta, sapere che quel ragazzo che aveva odiato la prima volta che lo aveva conosciuto sul treno classificandola come una sporca e indegna mezzosangue, in un anno, adesso si preoccupava addirittura per lei, come facevano i buoni amici, come facevano Harry e Ron.

«Allora quando ci vedremo domani mattina verrai a farmi un altro complimento imbarazzante come quello in infermeria» le disse lei, sentendo spuntare sulle sue labbra un sorriso a trentadue denti. «Ci stai?», aggiunse quando vide che il ragazzo continuava a tenere gli occhi bassi, tirandogli un piccolo, scherzoso pugno sulla spalla.

Dopo qualche istante di silenzio, Draco alzò il capo, un piccolissimo accenno di sorriso sulle labbra, e annuì.

Hermione annuì a sua volta. «A domandi, allora». Si voltò e riprese a correre.

«A domandi», sentì urlare alle sue spalle.

Scordati di meWhere stories live. Discover now