7. La sua natura.

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Lo Foresta Proibita era qualcosa che la ragazza non aveva mai desiderato di visitare. Tutte quelle ombre e gli alberi che assumevano forme strane, quasi tetre, le facevano venire i brividi per tutta la schiena. Ad ogni passo, lanciava un'occhiata in tutte le direzioni, temendo che presto sarebbe sbucato qualcosa a sbranarli. Certo, con loro c'era Hagrid, avrebbe preferito di gran lunga avere la professoressa McGrannitt con lei.

Per quella che gli sembrava la centesima volta, lanciò un'occhiata infuocata al ragazzo dietro di lei. Oh, quanto si era sentita soddisfatta nel vederlo sbiancare quando la professoressa aveva punito anche lui! Una delle migliori sensazioni di tutta la serata. Anche se sarebbero stati costretti a setacciare il bosco, almeno ci sarebbe stato anche il colpevole con loro, ripagandolo con la stessa moneta. Voleva metterli nel sacco? Beh, magari i maghi non conoscevano la parola "karma".

Continuarono a camminare in silenzio – i quattro ragazzi in silenzio, Hagrid sembrava intenzionato a continuare a borbottare per tutta la notte – per ore e ore. L'unica cosa che teneva ancora sveglia Hermione era il pensiero di addormentarsi in quella foresta con il rischio di non svegliarsi mai più, o di svegliarsi nella tana di uno degli enormi ragni che popolavano quella foresta, insieme a centinaia di altre creature orrende e temibili.

Mentre stava camminando per i fatti suoi, provando con tutta se stessa a non farsi vedere spaventata, e provando a convincersi che scappare verso la scuola a gambe levate non era la migliore delle possibilità per tornare in un posto sicuro, il giuda si avvicinò a lei, i suoi passi leggeri sul pavimento della foresta coperto di muschio, foglie morte e radici che si intrecciavano tra loro come un polpo. La sua pelle i suoi capelli erano ancora più pallidi sotto la luce della luna, i suoi occhi erano puntati a terra. Hagrid, Ron, Harry e il fidato mastino del custode delle chiavi di Hogwarts erano qualche passo più avanti, abbastanza da non poterli sentire ma non troppo per poterli perdere di vista.

«Ci terrei tanto a non parlare con te, Malfoy», disse Hermione prima che il ragazzo potesse parlare.

«Punizione per punizione, ricordi?», fu la sua risposta.

La ragazza gli lanciò un'occhiata carica di odio. «Stai scherzando, vero?», gli domandò a denti stretti, sforzandosi di non urlare per farsi sentire dai ragazzi. Per qualche strana ragione anche a lei sconosciuta, voleva tenere il piccolo rapporto tra lei e Draco tenuto in piedi solo da insulti e occhiatacce lontano dai suoi fidati amici. Forse perché in fondo, proprio come Draco e la sua famiglia, si vergognava nel farsi vedere insieme ad un ragazzo spregevole come lui. «Io non ti ho fatto finire in nessuna punizione, Malfoy».

«Ma ti avevo avvertita».

«Sta per arrivarti un pugno dritto sul naso», lo mise in guardia lei.

Sorprendentemente, Draco rise alla sua minaccia. «Non ci riusciresti con me. Sono troppo veloce».

«Anche qui devi fare lo sbruffone?».

Draco si strinse nelle spalle. «Non posso farci nulla. È la mia natura».

«La tua natura fa schifo», commentò lei con una smorfia.

Draco gli fece il verso, prendendola in giro.

Hermione fece un lungo, profondo respiro prima di parlare. «Non provarci nemmeno a rendere la situazione migliore. Le tue battute non mi hanno mai fatta ridere, e non lo faranno nemmeno oggi. Se potessi, ti strozzerei quel collo con le mie mani, Malfoy. Quindi, per favore, smettila di provare a redimerti, e chiedi scusa».

«Perché sei così fissata sul farmi chiedere scusa?». Di tutto quello che gli aveva detto, quella era l'unica cosa che lo aveva colpito. Stupido sbruffone pieno di sé. «Non l'ho mai fatto, e non voglio farlo nemmeno oggi. Tantomeno con quei due», indicò con un gesto annoiato della mano Ron ed Harry pochi metri più avanti. Stranamente, ancora dovevano rendersi conto dell'assenza della ragazza, e continuarono a parlare tra loro, con Hagrid che borbottava al loro fianco e Thor che scodinzolava intorno a loro come se lo avessero portato al parco a fare un giro.

«Perché ti aiuterebbe ad essere una persona migliore».

«Io non voglio essere migliore».

«Fammi immaginare», lo anticipò lei con un'occhiata storta, «non vuoi perché già lo sei».

«Esatto».

«Dio Santo, Malfoy!», esclamò lei alzando le mani al celo, sull'orlo ormai per perdere la pazienza e saltargli addosso. Al diavolo i mostri che vivevano in quella foresta: per Malfoy l'unico pericolo in quel momento era lei. «Ma almeno ti senti quando parli?».

Lui annuì come se non avesse capito a cosa si riferiva. «Credo che tutti lo facciano», aggiunse poi.

«Sei l'unica persona capace di tirare a galla i miei istinti più violenti e primari», borbottò la ragazza scuotendo piano la testa, arresasi. Non serviva a niente arrabbiarsi con lui o cercare di fargli capire perché era nel torto: passare una vita pensando di essere il migliore creava una barriera intorno a te impenetrabile capace di scacciare tutto il buon senso che gli altri provavano a ficcarti in testa, e la barriera di Draco Malfoy era grande quanto tutta Hogwarts.

«Lo prendo come un complimento», disse lui gonfiando il petto, fiero.

«Dovresti prenderla come un monito per cambiare alcune parti di te».

Come al solito, Draco rispose solo alle parole di Hermione che più gli aggradavano, lasciando perdere le più fastidiose. «Alcune, eh? Allora quale parte ti piace di me?».

«Non provarci nemmeno, idiota», lo mise subito in guardia lei.

«Tranquilla», rispose lui con un ghigno, «non ci proverei mai con una mezzosangue».

«Ma lo stavi facendo».

Di nuovo il rossore che lo prendeva quando si insinuava qualcosa che a lui non andava a genio. «Non è affatto vero. Ero solo curioso di sapere quali gusti hanno quelli come te».

Hermione gli tirò uno schiaffo sulla spalla. Draco la guardò stupito. Nemmeno Hermione pensava di essere capace di tirare uno schiaffo a qualcuno – anche se "schiaffo" era una parola enorme rispetto a quello che gli aveva effettivamente tirato –, ma non se ne pentì nemmeno per un'istante. Li aveva coinvolti in tutta quell'orrenda storia e si permetteva anche di insultarla? Diavolo, no! «Continua così e ti faccio vedere di cosa è capace la "mia gente"».

Draco la fissò per qualche altor istante, prima di tornare a guardare di fronte a sé. Hermione fece lo stesso, cercando di convincersi che il ragazzo di fianco a sé non esisteva. Ci stava andando davvero vicino dopo mezz'ora passata a camminare senza proferire nessuna parola – Draco doveva aver capito quale fosse il limite da superare con lei –, ma Malfoy si fece di nuovo sentire, stavolta sorprendendo piacevolmente Hermione.

«Mi dispiace che ci sia andata di mezzo pure tu», mormorò con un tono così basso che per un attimo la ragazza pensò di esserselo solo immaginato. Ma no, non era così; lo aveva detto sul serio. Draco Malfoy aveva usato le parole "mi dispiace".

Un sorriso d'orgoglio comparve sulle labbra di Hermione. «Visto? Non era poi così difficile».

Draco grugnì infastidito. «È stata la cosa più difficile della mia vita», brontolò lui come un bambino che faceva i capricci. Hermione non poté fare a meno di sorride sotto i baffi. «E comunque non sono dispiaciuto per loro», aggiunse subito tornando a drizzare le spalle e tirare la testa in su, riprendendo la solita posizione da ragazzo pieno di sé.

«Ovvio», commentò Hermione con un sorriso, sospirando.

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