10. Freddo come il Ferro

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L'aria era fredda e pungente. Hermione si strinse lo scialle sulle spalle provando inutilmente a scacciare il freddo. Percorreva tutto il cortile con lo sguardo, alla ricerca di Draco, ma vide solo coppiette che provavano a nascondersi dietro colonne, in cerca di un po' di intimità. Per i ragazzi quel Ballo del Ceppo era una vera manna dal celo: con i professori sempre in giro ed i coprifuochi imposti nella scuola, in più i nuovi studenti, stare un po' da soli era davvero difficile.

Per Draco ed Hermione, invece, era in pratica impossibile.

Da dietro l'angolo, una testa biondo platino fece capolino.

Hermione sorrise e si avvicino a lui. Gli prese la mano e si lasciò guidare oltre il cortile, l'aria pungente che li seguiva, la neve che rendeva tutto bianco e puro. Presto, il silenzio prese il posto della musica che proveniva da dentro la Sala Grande e delle coppiette che ridacchiavano. Tutto scomparve, lasciando solo loro.

Si fermarono solo quando ormai erano vicino alle serre, nel buio quasi impossibili da notare, ma almeno non c'era traccia di nessuno intorno.

Draco le cinse la vita con un braccio e poggiò le sue labbra su quelle di lei. Hermione svuotò la sua mente, dimenticandosi per pochi istanti di tutti i rischi che stavano correndo e che continuavano ad affrontare tutti i giorni, concentrandosi solo sulla morbidezza di quelle labbra, sulla sicurezza che quel bacio gli dava, sul calore che gli pervase tutto il petto scacciando via il freddo pungente di dicembre come se fosse una semplice brezza estiva.

Draco la lasciò andare – troppo presto a parere di Hermione – e gli sorrise. «Togli proprio il fiato stasera».

«Anche tu mozzi molti respiri», ridacchiò lei.

Lui ghignò. «Non volevo prendermi tutto il merito, ma...».

Hermione rise. «La risposta sempre pronta, eh?».

«Ormai mi conosci troppo bene».

«Abbastanza bene da sapere che sarebbe la scelta migliore correre via da te».

«Ma anche da sapere che sul mercato non c'è nulla di meglio».

«Ah!», esclamò lei, fingendosi dubbiosa. «Non saprei, Krum ha tutto al posto giusto».

Draco grugnì, apparentemente disgustato. «Tranne il cervello».

«Dici così solo perché non ci hai parlato per nulla».

«Non serve farlo. Quante parole ti ha detto fino ad ora?».

Hermione non voleva prendere troppo in giro il ragazzo, per questo decise di non dire proprio nulla, anche perché Draco aveva ragione. Per tutta la serata, Krum gli aveva rivolto al massimo dieci o quindici parole, anche se bisognava ammettere che erano state tutte parole carine nei confronti della ragazza: complimenti sul suo vestito, sui suoi occhi, sul suo vestito e di nuovo sui suoi occhi. Già, la fantasia non era il forte del giocatore di Quidditch.

Doveva ammettere però che era stato più gentile di quanto avesse sperato. Non gli aveva imposto nulla, non aveva passato tutta la serata a parlare del Quidditch o del Torneo Tre Maghi. A volte Hermione se era sorpresa a voltarsi e trovarlo lì seduto accanto a lì, intento a fissarla con una strana nota malinconica negli occhi che non si addiceva affatto ad un tipo come lui, o almeno a qualcuno della sua stazza e della sua reputazione.

D'altronde, nemmeno Draco visto dall'esterno sembrava capace di gentilezze e carinerie, anche se poche e a volte decisamente troppo brevi. In un certo senso, si assomigliavano in quello: erano entrambi un libro che tutti pensavano di aver già letto mille altre volte, una storia ascoltata fino allo sfinimento, ma una volta giunti all'ultima pagina scoprivi che c'era dell'altro, tanto altro.

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