8. Dillo.

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Hermione, frustrata, si lasciò cadere sulla fredda e dura panchina di cemento nel cortile. Era orario di lezione, quindi non c'era nessuno per i corridoi della scuola a parte lei. il sole del primo pomeriggio scacciava un po' il freddo dell'inverno che ormai stava per passare, e la ragazza si tolse la sciarpa, gettandola affianco a sé, abbandonata come la borsa. Riusciva a vedere ancora la copertina del libro di quella stupida materia.

"Divinazione", pensò lei frustrata. "Perché diamine ho scelto di perdere tempo con quella pazza?".

Con un sospiro, a metà fra il disperato e l'infastidito, chiuse meglio la borsa con un gesto violento della mano. La borsa cadde rovinosamente a terra, riaprendosi, e facendo spargere sull'erba tutti gli appunti, le penne d'oca e l'inchiostro. Hermione la guardò per qualche secondo, cercando di decidersi se lasciare tutto lì a terra o raccoglierla.

Sapeva che dall'esterno poteva sembrare una pazza anche lei: sentiva i suoi capelli schizzare in tutte le direzioni, i suoi abiti erano sgualciti frutto di tutte le corse che si faceva ogni giorno per arrivare in tempo alle lezioni. In più, adesso si metteva anche a fissare una borsa caduta a terra. "Sembrerò pazza come la Cooman".

Infine, si decise a raccogliere le sue cose. Si chinò, infilando tutto nello zaino, richiudendolo, e rimettendosi seduta, gettando la borsa accanto a sé con poca grazia. "Avrei potuto usare questo tempo in maniera diversa", pensava mentre continuava a fissare le pelle scura e consumata della sua tracolla. Con la mano senza pensarci, sfiorò la Giratempo che teneva intorno al collo. era lì da quando la McGrannitt gliel'aveva data, all'inizio dell'anno scolastico.

«Cosa ti ha fatto quella borsa?».

Hermione sussultò dallo spavento, alzando lo sguardo davanti a sé. Pensava di essere la sola in quella ala della scuola, o almeno in quel cortile. E invece eccolo lì, Draco Malfoy, con quel suo ghigno così fastidioso che meritava un premio tutto suo. "Fantastico", pensò sarcastica Hermione mentre distoglieva lo sguardo, tornando alla sua borsa, di sicuro un soggetto molto più interessante di qualsiasi sua battuta che il ragazzo teneva in serbo per lei.

"E anche meno dolorosa", aggiunse amaramente una parte della sua mente.

Hermione non ci diede peso. La sua mente sembrava fare di tutto per distruggerla negli ultimi mesi.

«Posso provare ad indovinare, se non vuoi dirmelo», continuò il ragazzo. Hermione sentì i suoi passi sull'erba mentre si avvicinava. Lento, come se stesso esitando, come se non fosse sicuro nemmeno lui se gli conveniva o meno.

"Meglio di no", rispose per lui Hermione. «Non voglio ascoltarti, Malfoy».

«Non credo esista un incantesimo per fare in modo che le tue orecchie non mi ascoltino».

«Forse no», disse lei, alzando lo sguardo su di lui, «ma ne esiste di certo uno per farti tacere».

Abbassando lo sguardo sui suoi piedi, il ragazzo sorrise divertito. "Che sfrontato". «Sì, quello ne esiste. Ce ne sono parecchi».

Scuotendo la testa, Hermione disse: «Ho avuto una pessima mattinata, Malfoy. Sul serio, vattene».

Il ragazzo, come da suo solito, non la ascoltò nemmeno se lo avessero pagato. Non che Hermione si aspettasse che lo facesse sul serio. Lei non era suo padre: non era capace di comandarlo anche senza l'uso della bacchetta.

«Posso aiutarti?», gli domandò con voce esile.

«Non dovresti essere a lezione?».

Le sue labbra di piegarono in una piccola smorfia. «Non ne ho voglia».

Scordati di meWhere stories live. Discover now