3. Leggero.

151 14 2
                                    

«Quale sarebbe stata?».

Hermione si infilò la borsa sulle spalle e si voltò. Lui era lì, proprio come si era immaginata. Tutti gli altri ragazzi della classe erano usciti, così come Harry e Ron: Hermione era rimasta indietro per riprendere gli appunti che si era dimenticata dietro.

«Quale sarebbe stata cosa?».

Draco si risistemò il mantello sulle spalle. «La tua paura».

"Prevedibile", pensò la ragazza. Come al solito, il ragazzo era solo in cerca di un altro pretesto per insultarla o prendersi gioco di lei. Certo, gli era dispiaciuto non potersi esercitare dell'esperimento con il Molliccio come altri ragazzi della classe, ma non poteva fare a meno di esserne contenta da una parte: la vergognava un po' il pensiero di ciò che sarebbe potuto comparire di fronte a lei, e ancora di più se non fosse stata in grado di sconfiggerla.

Hermione si strinse nelle spalle. «Non lo so. Non ci ho pensato».

«Pensaci ora», la spronò il ragazzo poggiandosi con una spalla, quello del braccio sano, contro la parete dando le spalle alla porta e bloccando l'uscita della ragazza. Tuttavia, Hermione non la vide come una minaccia, o una costrizione: il volto del ragazzo, come spesso accadeva quando erano soli, era sereno, tranquillo, le labbra leggermente piegate in su dal suo perenne ghigno senza però nascondere nulla di malizioso o temibile. Quello, in un certo senso, era il Draco che ricordava e con cui gli piaceva parlare.

La ragazza si strinse nelle spalle. «Penso un Dissennatore anch'io», rispose evasiva la ragazza gettandosi lo zaino in spalla.

Lui scosse la testa con un sorrisetto. «No, io non penso».

La ragazza gli lanciò un'occhiata eloquente, il volto leggermente inclinato. «E tu che ne sai delle mie paure?».

Stavolta fu il suo turno di stringersi nelle spalle. «Non è da te, un Dissennatore. Sono spaventosi di certo, nessuno ne può dubitare, ma... non sono per te, me lo sento. Tu temi qualcosa di più... personale».

«Sì... come la mia vita. Non è abbastanza personale quella?», lo canzonò lei.

«Lo è, ma... cavolo, è difficile da spiegare».

Hermione incrociò le braccia al petto e aspettò che continuasse.

«I Dissennatore metterebbero in pericolo la tua vita, certo, ma non è questa grande paura per te perché sai come difenderti. Magari adesso non sai ancora capace di evocare un Patronus, ma con il tempo, forse anche per la fine dell'anno, ci riuscirai senza nemmeno troppi problemi. No, tu hai paura di qualcosa che non riesci a controllare, a fermare... magari te stessa».

«Quindi la mia più grande paura sarei me stessa?».

Draco ne sembrava abbastanza fiero mentre annuiva con le spalle dritte e il mento alto.

«E dici questo perché sono troppo brava in tutto?».

Di nuovo, il ragazzo annuì.

«Lo prendo come un complimento, allora».

Draco abbassò lo sguardo sulle scarpe della ragazza, non riuscendo più improvvisamente a guardarla negli occhi. Hermione, allora, sapeva che Draco aveva parlato senza pensare troppo alle sue parole, come se non si fosse reso conto del peso di esse. Non lo faceva quando insultava qualcuno, perché avrebbe dovuto farlo adesso, con delle parole gentili? Di certo Hermione preferita alla lunga quel genere di parole – intelligente, sicura di sé, capace di sé – invece che le altre – mezzosangue, lurida, vergogna dei maghi.

«Magari lo era».

La risposta del ragazzo la scioccò. Anche se quelle non erano le prime parole gentili da parte del ragazzo, e non era nemmeno la prima volta che se ne vergognava in quel modo o che lo confessasse con la voce ridotta ad un sussurro quasi sperando che non lo sentisse, quei momenti erano lo stesso così pochi rispetto a quelli odiosi passati con lui, che Hermione non riusciva mai ad abituarcisi, ed ogni volta era un piccolo colpo al cuore, anche se ben accetto.

«Come quello l'altro giorno nel parco?», domandò lei, guardandolo di sottecchi.

Il ragazzo sembrò non capire.

«Quando mi dicesti che non ti saresti mai vantato di avermi sconfitta».

«Oh», rispose lui, ricordandosene in quel momento. «Lo pensavo sul serio», aggiunse acquistando un po' di autostima e drizzando le spalle – sembrava quasi impossibile che un ragazzo come lui, che Draco Malfoy, colui che aveva meno bisogno di autostima in tutta la scuola, diventasse un cucciolo ricoperto di vergogna e spaventato quando faceva un complimento ad Hermione. Ma probabilmente, quella era una delle caratteristiche che gli piacevano di più del ragazzo.

«Grazie», rispose lei non potendo fare a meno di sorridere.

Il ragazzo sorrise a sua volta, spostando i suoi occhi grigi sulle labbra della ragazza.

Hermione, dopo essersene resa conto, sentì arrivare un rossore sulle sue guance. Decise di sviare l'argomento su un altro piano. «E invece la tua qual è?», gli domandò. «Quale sarebbe la tua più grande paura?».

Il ragazzo ghignò divertito, i suoi occhi che si illuminarono. Per un secondo la ragazza rimase senza fiato a quella scena, pensando a quanto fosse veramente bello in quel momento: quel sorriso, quella leggerezza nel suo sguardo, non solo lo facevano sembrare più bello fuori, ma anche dentro. Sprizzava una gioia che quasi mai Hermione gli aveva visto. Allora si chiese come mai non sorridesse di più, perché si limitava sempre a quel ghigno e non faceva vedere mai il suo vero essere, quello che era così facile da apprezzare come credeva lei.

Tutto era così leggero in quel momento. Perché non poteva essere sempre così fra loro?

Draco si sistemò la borsa in spalla, e si voltò verso a porta, lanciandogli uno sguardo divertito da sopra la spalla. «La mia più grande paura?», gli disse, mentre si avviava, «Essere sconfitto da te difronte tutta la scuola», aggiunse ridendo.

Hermione rise a sua volta, avviandosi con lui lungo le scale.

Scordati di meWhere stories live. Discover now