Capitolo 3

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Il risveglio alle 7:40 fu tragico per me dopo aver studiato tutta la sera. Katherine cercava di tirarmi per una gamba per farmi scendere dal mio adorato letto mentre io mi ostinavo ad aggrapparmi ad esso con tutte le mie forze.
-No, lasciami! Non abbandonerò il mio lettino. - urlai con la testa sotto il cuscino e scalciando per provare a staccarmi di dosso la mia amica, attaccata alla mia gamba come un koala alla pianta di eucalipto.
-Tra 20 minuti hai lezione Sophia! Arriverai tardi se non ti alzi e non ti prepari ora. - mi sgridò lei scocciata dal mio comportamento immaturo.
Dopo aver abbandonato ogni speranza di tornare a dormire smisi di protestare, consapevole del fatto che non potevo fare ogni mattina la stessa manfrina per poi correre per tutto il campus cercando di arrivare all'aula prima del docente.
-Ok, mi arrendo! - esclamai piazzandomi davanti all'armadio alla ricerca di qualcosa da mettermi per un'altra giornata calda alla U.M.
Presi una camicetta blu notte aderente e leggermente scollata e un paio di jeans skinny dello stesso colore, li indossai rapidamente e mi sedetti sul letto della mia compagna di stanza addentando una mela rossa da lei offerta.
-Oggi che corsi devi seguire?- mi chiese.
-Ho due ore di fondamentali della psicologia generale, due di abilità informatiche e una di filosofia.- risposi masticando in maniera poco fine.
-Come sempre non ce la fai a non parlare a bocca piena.- borbottò tenendo le braccia conserte.
Dopo aver finito la mela provai a fere canestro con il torsolo e con mia sorpresa ci riuscii, esultai in modo plateale, come se fossi Michael Jordan in una finale del NBA; la cosa fece ridere Kath a crepa pelle mentre applaudiva come fosse una mia fan.

Il professore di psicologia generale era un uomo sulla cinquantina e in ogni sua parola faceva trasparire la passione che aveva verso la sua materia e, in generale, verso le varie branche della psicologia. Le due ore insieme a lui sembravano volar via in un attimo, ma capii che ne avevo abbastanza non appena vidi riempite molte pagine di appunti e sentii la mano dolorante.
Ma, mentre la lezioni di psicologia generale mi aveva entusiasmato, quella di informatica mi aveva fatto venire il latte alle ginocchia e lottai contro la voglia di addormentarmi.
"A cosa mai servirà ricordarsi tutte queste cose ad un terpista?" mi chiesi tra me e me mentre il professore scriveva l'ennesimo elenco di acronimi alla lavagna digitale.
Quando la mia voglia di ascoltare era ormai al limite mi alzai e uscì dall'aula fingendo di dover fare una chiamata urgente, nonostante mancassero ancora 5 minuti alla fine della lezione. Mi diressi alla prossima aula consapevole che non vi avrei ancora trovato nessuno e ciò mi avrebbe permesso di stare in tranquillità per un po'. "In fondo chi arriverebbe in anticipo all'ora di filosofia." pensai sghignazzando mentre entravo nell'abitacolo.
L'aula, come pensavo, era completamente vuota e finalmente avrei avuto un momento di pace prima dell'inizio di un'altra lezione pesante.
Decisi di sedermi al banco più appartato e più lontano dalla cattedra così da impedire ad un certo professore di posare lo sguardo su di me e, al contempo, per impedire a me di fissare lui.
Con la testa all'indietro chiusi gli occhi, sola con me stessa, decisi di farmi un piccolo esamino di coscienza; "Devi. Smetterla. Di. Fantasticare. Su. Di. Lui." mi sgridò la mia vocina interiore scandendo ogni parola.
Mi arresi, iniziai a pensare ad altre cose meno interessanti del docente di quella materia.
-Miss White. – i miei pensieri furono interrotti quando sentii alle mie spalle una voce che mi fece sobbalzare. Riconobbi subito l'uomo e alzandomi dalla mia postazione mi voltai verso di lui cercando di essere il più disinvolta possibile.
-Professore.- risposi cordialmente a mo' di saluto piantando i miei occhi nei suoi.
Quella mattina lui indossava una semplice camicia bianca con dei pantaloni beige che gli ricadevano meravigliosamente sui fianchi e sulla spalla vi era una tracolla di cuoio che si abbina alla perfezione, il ciuffo ramato era come sempre leggermente spettinato dandogli quell'area sbarazzina e giovanile.
Dopo qualche minuto di silenzio Mr. Miller accorciò sempre di più lo spazio tra di noi mantenendo sempre gli occhi verdi fissi nei miei.
Sentii il cuore martellarmi nel petto e un leggero vuoto nello stomaco quando ormai era a qualche centimetro da me; mi sentii pervadere da un profumo di menta mischiato all'odore di tabacco.
-Se mi permette...- sussurrò abbassando lo sguardo.
Vidi le sue mani avvicinarsi alla mia camicetta, la sua intenzione fu quella di riallacciarmi il bottone che era uscito dal suo posto facendo intravedere il mio reggiseno nero di pizzo.
La sua mano sfiorò per mezzo secondo la mia pelle e mi sentii ardere per quel semplice tocco innocente. Il mio corpo stava bramando di essere ancora sfiorato dalle dita affusolate del premuroso uomo di fronte a me e di diminuire ancor di più la poca distanza che ormai c'era tra noi.
Il suo viso era vicinissimo al mio nonostante fosse molto più alto di me, sentivo il suo respiro sul mio viso e non potei non posare lo sguardo sulle sue labbra leggermente dischiuse.
-G-grazie...- balbettai mentre le guance mi si tingevano di rosso. Non sapevo se il motivo della mia reazione fosse causata dall'imbarazzo o dall'eccitazione, o forse da entrambe.
I primi studenti entrarono nell'aula, ma a quel punto Miller era già distante da me e, facendomi l'occhiolino, sussurrò un: -Prego cara.
Anche dopo svariati minuti, quando ormai tutti erano ai propri posti, io ancora non mi ero calmata, torturavo il mio labbro inferiore tenendo la mano lì dove lui aveva toccato, in quel punto sentivo la pelle bruciare ancora. Non riuscivo a sentire o a percepire nulla attorno a me se non il sangue che ribolliva nelle vene a causa degli ormoni in subbuglio.
Mi nascosi dietro a un ragazzo robusto che si era piazzato davanti a me per evitare di mangiarmi con gli occhi il premuroso professorino di filosofia.
Durante la prima mezz'ora della lezione la mia testa era china sul foglio e nascosta dietro a quello che sembrava più un armadio a quattro ante che uno studente; avevo riempito la pagina del quaderno di disegnini astratti e qualche parola collegata a Hegel e alla sua ultima opera.
-Per tanto la filosofia è definita da Hegel la fase in cui lo spirito si riconosce in "in sé e per sé", cioè?- chiese il professore attirando l'attenzione di tutti.
Dopo qualche minuto di silenzio si sentì nuovamente la voce di un Miller scocciato: - Allora? Nessuno vuole illuminarmi? Ok. Chiamo io come alle elementari? Lei! -
Tutti spostarono lo sguardo sul ragazzo indicato dall'insegnante. Era l'armadio a quattro ante dietro al quale mi ero nascosta. Lo sentì imprecare a bassa voce, probabilmente era in seria difficoltà e non per mancanza di attenzione, ma probabilmente non aveva compreso la domanda. Quell'argomento, per chi lo sentiva nominare per la prima volta, poteva apparire come aramaico antico quindi comprendevo la sua difficoltà. Decisi di dare una mano a quel povero studente universitario, allo stesso modo con ci lui aveva aiutato me nascondendomi dallo sguardo penetrante di Miller.
-Digli che è il momento dello spirito in cui interno "in sé" ed esterno "per sé" vengono posti insieme, un momento integrale. - sussurrai dietro al ragazzo che, da bravo pappagallo, ripeté per filo e per segno le mie parole.
Dopo aver finito la sua risposta mormorò un "Grazie" senza voltarsi verso di me per non dare nell'occhio.
Curiosa di sapere se fossi stata davvero utile sbucai da dietro il ragazzo per osservare meglio la reazione di Mr. Miller; lui era di profilo accanto alla cattedra con lo sguardo abbassato e un mezzo sorriso.
-Giusto... - disse alzando lo sguardo e puntandolo su di me - ...giusto, Miss. White.
Imprecai mentalmente per quella figuraccia e soprattutto per essermi fatta vedere, nonostante provassi anche un pizzico di orgoglio per aver risposto correttamente. Malgrado l'imbarazzo a causa dello sguardo di tutti puntato su di me, sfoggiai un sorriso a trentadue denti al caro professore che scuotendo la testa tornò alla sua spiegazione.
Mi aspettavo una ramanzina del tipo "Non siamo ad un interrogazione!" oppure "Perché non lascia il suo compagno ragionare di testa propria?"; a quanto pare Mr. Miller era un uomo molto paziente oltre ad essere sensuale, premuroso e intelligente.

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