Capitolo 7

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La sveglia suonava ininterrottamente da qualche minuto e stranamente Kath ancora non mi aveva buttato giù dal mio adorato letto. Aprii un occhio per ispezionare la stanza che effettivamente era vuota.
Mi alzai stropicciando gli occhi gonfi per il mancato sonno. Ero rimasta fino a tardi a parlare con la mia coinquilina di tutti i nostri problemi e durante la notte la mia mente si era fatta una serie di film sul mio amato professore, dei film che avrebbero potuto superare quelli di Martin Scorsese e Quentin Tarantino.
Sulla scrivania c'era un biglietto in bella vista con sopra la calligrafia sofisticata di Ketherine che mi fece sorridere:
"Sono andata al bar con Brett. Fatti valere con Mr. Miller amica mia! Удачи [Buona Fortuna] "

Lasciai il bigliettino al suo posto e, dopo aver indossato una tutina nera che era posata sulla sedia, presi la mia borsa con dentro i libri e mi avviai verso l'aula di psicobiologia. 
Le lezioni con Mr. Smith potevano essere riassunte in pochi aggettivi "stimolanti, brillanti e singolari", non mi perdevo neanche una parola delle sue spiegazioni. Il suo corso era uno dei pochi che seguivo al primo banco concedendogli la massima attenzione. Non mi facevo distrarre da niente e nessuno, ascoltavo diligentemente le parole dell'insegnate dai capelli bianchi e dalla barba lunga.

La lezione si concluse dopo due ore intense dedicate al tronco encefalico e le meningi. Sperai fino all'ultimo secondo che il tempo si congelasse e così da salvarmi dalla lezione di filosofia che sarebbe iniziata di lì a poco.
Entrai nell'aula che più odiavo dell'intera università e mi accomodai al posto della scorsa volta, sempre dietro al ragazzo robusto, china sul quaderno. Sperando che questa mia scelta mi salvasse in qualche modo.
Il professore entrò nell'aula a passo veloce e si accomodò alla cattedra in mogano senza degnarmi del minimo sguardo. Percepii dai movimenti scattanti con cui riordinava i suoi fogli una certa irritazione da parte di Miller, come se provasse una certa rabbia repressa a causa mia.
"Quante manie di protagonismo Sophia" mi ammonì la mia vocina interiore.
-Spero abbiate già letto per conto vostro le critiche rivolte a Hegel dopo la sua morte. - affermò severo mettendo fine al chiacchiericcio che aleggiava nell'ampio abitacolo.
C'erano sguardi preoccupati tra i presenti, altri totalmente disinteressati, poi c'ero io che mi nascondevo solo per la paura del suo sguardo e non tanto per la sua severità o per qualche domanda sull'argomento del giorno.
Mr. Miller chiamò una delle studentesse dei primi banchi affinché lo affiancasse ed introducesse l'argomento del giorno. Riuscii a scorgere da dietro il mio scudo umano la ragazza in questione: aveva i capelli scuri sciolti sulle spalle ed indossava un paio di occhiali da vista molto raffinati.
Dopo aver fatto diligentemente ciò che gli era stato chiesto, il professore si alzò e posando il palmo della mano alla base della schiena della giovane donna la invitò gentilmente a sedersi. Tutto questo spettacolino avvenne sotto i miei occhi vigili.
Notai il rossore che stava comparendo sulle guance di lei. Potevo capire come lei si sentisse dopo il tocco dell'attraente giovane uomo ma questo non impedì alla mia rabbia di venire a galla prepotentemente.
Non potevo di certo ingelosirmi per una cosa del genere, non poteva irritarmi per il fatto che da quando Miller era entrato in aula non mi aveva degnato di uno sguardo mentre dava continue attenzioni alla brunetta al primo banco. Tutto questo era fuori discussione.
Seguirono a questo due ore abbastanza pesanti sul "pensiero post hegeliano", sentivo le palpebre pesanti e in me cresceva il desiderio di appisolarmi sul tavolino.
I discorsi dell'insegnante giungevano alle mie orecchie in modo confuso e sconnesso, percepii come morfeo mi attirasse tra le sue braccia.
Bzzz.
Il telefono vibrò sul banco catapultandomi di nuovo alla realtà. Un messaggio di Kath: "Dopo filosofia incontriamoci al bar. Sono troppo curiosa. xxx"

Ringraziai mentalmente in tutte le lingue la mia amica bionda per il suo ottimo tempismo, riusciva a prevenire le mie figuracce anche a grande distanza e questo era uno dei motivi per cui avrei potuto ergere una statua in suo onore al centro della piazza Rossa a Mosca.
Vidi improvvisamente i miei compagni di corso alzarsi e avviarsi verso l'uscita e solo allora capii che la lezione era arrivata al termine. Raccattai le mie cose sperando di poter sgattaiolare fuori senza che Mr. Miller mi notasse ma molto astutamente lui si era piazzato vicino alla porta d'uscita salutando tutti e impedendomi così di compiere il piano di fuga.
Quando l'ultimo studente varcò la soglia lui si chiuse la porta alle spalle facendomi trasalire. Ero un fascio di nervi, non provavo ansia ero diventata io stessa l'incarnazione dell'ansia.
Sotto il mio sguardo il professore si sedette su un banco a pochi passi da me e per la prima volta in quella giornata posò gli occhi sulla mia persona.
Non potevo non ammirare i suoi polsi larghi, le dita fine, le spalle muscolose che tendevano il tessuto della camicia bianca a righe blu, per poi spostare gli occhi sul collo e la mandibola squadrata.
Quando intercettai il suo sguardo mi accorsi che anche lui mi stava contemplando nei minimi dettagli senza proferire parola.
-Allora, Miss. White... - si disegnò sulle labbra un sorriso tenero e privo di arroganza che mi scombussolò. "Non doveva essere adirato con me? Mayday c'è qualcosa che non quadra" pensai tra me e me sospettosa.
-Senta...mi scuso per il mio comportamento se in qualche modo l'ha potuta infastidire. - dichiarò nel modo più spontaneo possibile passandosi una mano nei capelli come si trovasse in serio imbarazzo.
Una sola parola poteva descrivere il mio stato d'animo in quell'istante ed era "esterrefatta". Non riuscivo a capacitarmi che l'uomo dal sorriso tenero di fronte a me fosse lo stesso che aveva scritto quelle mail e che mi aveva baciata nel suo ufficio senza ritegno.
"Questo è bipolare." era l'unico pensiero che stava rimbombando nella mia testa.
Non capivo se nella mia mente prevalesse lo sconcerto o la delusione per il fatto che stava cancellando con una gomma invisibile tutto quello che era successo nei giorni precedenti.
I miei occhi erano bassi e mi fissavo le mani che giocherellavano con un braccialetto d'argento.
-V-va bene... - riuscì a dire non appena svanì lo stupore. Poco contava il fatto che in realtà desideravo con tutta l'anima di gettarmi tra le sue braccia e restare accoccolata contro quel petto marmoreo per ore o avrei preferito addirittura continuare a bisticciare.

The professor Where stories live. Discover now