Capitolo 22

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Guardavo la grande vetrata alla mia destra bagnata dalla pioggia; ogni goccia scivolava verso il basso disegnando linee spezzate mentre io prestavo più attenzione all'ambiente esterno che alla lezione di sociologia a cui mi trovavo.

Iniziai a fare qualche scarabocchio sul foglio bianco del mio bloc-notes mentre per l'ennesima volta il mio cellulare vibrava nella tasca dei jeans neri.
Era la quarta e-mail che ricevevo da parte di Christian, il quale mi chiedeva perché fossi scappata due notti prima come una ladra per poi mancare da scuola il giorno dopo.
Mi rifiutai di rispondergli sia perché non sapevo cosa dire sia perché ero consapevole del fatto che lo avrei incontrato nella sua ora di filosofia.
I pensieri che mi avevano torturato negli ultimi giorni erano arrivai ad un'unica conclusione cioè che mi ero innamorata di un'incognita. Non aveva delle basi solide quel sentimento; era come una casa costruita sulle sabbie mobili e l'unica vittima che sarebbe stata inghiottita sarei stata io.
Non appena la campanella avvisò gli studenti che l'ora di lezione si era conclusa mi incamminai verso il prossimo corso da seguire con i libri in mano mentre il sole tra le foglie rosse mi accarezzava il viso.
Quando arrivai nell'aula di filosofia posai i volumi di sociologia sul banco mentre mi accomodavo al mio solito posto in fondo alla sala. Nell'aula non c'era l'ombra del professore, vi erano solo gruppetti sparsi di studenti che chiacchieravano tra loro.
-Scusa se ti disturbo... – si materializzò accanto a me un ragazzo che per poco non mi fece prendere un colpo. Spostai gli occhi su quel giocane studente, mi accorsi di averlo già intravisto in quell'aula molte volte, era alto e snello con i capelli corvini e gli occhi celesti.
-Ti ho sentito spesso durante le lezioni e forse tu sei una delle poche persone che riesce a comprendere le spiegazioni di Miller... – iniziò lui imbarazzato guardando spesso da un'altra parte per non incontrare il mio sguardo.
-E sei venuto a chiedermi una mano. –  conclusi tranquillamente.
Sembrò che la mia frase gli avesse provocato ancor più disagio facendolo arrossire di colpo, ma riuscì ad annuire grattandosi il mento dove si poteva notare un accenno di barba.
Quando finalmente ebbe il coraggio di guardarmi gli sorrisi e gli feci segno di accomodarsi sulla sedia accanto alla mia lasciando a terra lo zaino nero.
-Cosa ti ha dato problemi più precisamente? – gli chiesi facendomi uno chignon spettinato con una matita e tirando fuori i miei appunti insieme al libro di testo.
-Tutto quello che è stato detto sulle "Considerazioni Inattuali" di Nietzsche. Penso sia l'opera meno difficile, ma nonostante questo ieri quando l'ha spiegata sembrava che neanche lui sapesse cosa dicesse. –  sbuffò lui incrociando le mani sul petto seriamente preoccupato.
Mi feci sfuggire una risatina, le informazioni che mi stava dando il giovane mi fece capire che probabilmente il modo di spiegare di Miller, il giorno precedente, era stato influenzato dalla mia assenza. "Sei egocentrica come lui" pensai tra me e me, visto che mi davo dei meriti che probabilmente erano infondati.
-Proverò a chiarire i tuoi dubbi durante la lezione di oggi. – affermai notando solo allora che Christian Miller si trovava già alla sua cattedra e mi stava fulminando con lo sguardo.
Immobile nel suo completo blu notte provava a farmi capire quanto stesse crescendo in lui la rabbia nel vedermi tanto tranquilla e serena vicino ad un ragazzo, dopo aver evitato le sue mail e dopo averlo abbandona qualche sera prima.
Quel momento durò molto poco visto che subito dopo riportò la sua attenzione verso gli altri studenti che attendevano l'inizio della lezione. Con un tono distaccato e professionale ripercorse punto per punto la spiegazione del giorno precedente ed io raccolsi su un foglio bianco le informazioni più importanti.

-Oggi affronteremo per la prima volta "Sull'utilità e sul danno della storia per la vita" così da non rimanere indietro con il programma. – spiegò lui dopo il breve riepilogo per poi entrare nel vivo della lezione.

Ogni tanto mi ritrovai a dover spiegare al ragazzo al mio fianco, che diceva di chiamarsi Lucas, alcuni passaggi poco chiari sulle trattazioni dell'autore che Miller spiegava.
-Per sgravarsi da questo "fardello" e per vivere attivamente nel presente, cioè per raggiungere la felicità, Nietzsche afferma che bisogna saper dimenticare, o più precisamente "sentire in modo non storico". – spiegò lui in conclusione scuotendo la testa come se non condividesse il concetto che stava spiegando. Il suo sguardo si perse come aveva già fatto in altre occasione, la sua espressione era triste e amareggiata mentre affrontava quell'argomento.

The professor Where stories live. Discover now