Capitolo 16

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Ottobre colorava le foglie di colori meravigliosi e il venticello autunnale le faceva volteggiare nell'aria. Ammirai la danza dei rami che si muovevano mentre ero seduta su una panchina del campus e sottolineavo le parti più importanti di un testo sul cognitivismo.
La testa era leggera, nonostante lo stress per gli esami, perché sapevo che c'era un uomo che mi rendeva estremamente serena anche solo con un mezzo sorriso durante le sue lezioni di filosofia. Ci incontravamo raramente oltre all'orario scolastico ma sembrava funzionare quella specie di "rapporto" che avevamo creato, era diventato difficile ignorare il fatto che avesse molti scheletri nell'armadio ma speravo ancora che prima o poi si sarebbe confidato.
-Pensi di farcela sta sera a venire al pub con noi? – la voce di Katherine che si stava accomodando vicino a me mi ricordò dei piani che avevo per quel sabato sera.
-Forse farò un salto dopo l'appuntamento con Christian. – le sorrisi.
-Lo sai che chiudervi nella nostra stanza non si chiama "appuntamento"? – chiese lei con sottile ironia; la guardai con aria minacciosa per quella sua domanda.
Ero consapevole del fatto che era impossibile incontrarlo al di fuori delle quattro mura di una stanza, poiché essere scoperti avrebbe rovinato la carriera di entrambi; nonostante ciò tutto questo non poteva non infastidirmi, dovevo evitare sia di non aprire discorsi indesiderati in sua presenza sia stare attenta ad ogni passo che facevo per non essere beccata.

Davanti allo specchio controllavo per l'ennesima volta i capelli e il trucco, mentre allisciavo la camicia celeste lunga che mi copriva il sedere; per poi avviarmi ad aprire la porta.
Davanti ai miei occhi c'era l'uomo più attraente del campus e di tutta la Florida nel suo maglioncino blu oltremare e i jeans scuri.
-Buona sera Mr. Miller. –  lo salutai facendolo accomodare nella stanza riordinata.
Non appena la porta si chiuse con una mia spinta, il caro professore si avventò sulle mie labbra impaziente facendomi aderire completamente al muro.
-Buona sera Miss. White. –  pronunciò sulle mie labbra per poi tornare a quel dolce assalto.
Non appena si staccò da me mi mostrò la sottile busta nera che teneva in mano. Per l'occasione avevo portato in stanza una bottiglia di Pinot Blanc e due calici per brindare, anche se non c'era nessun evento particolare.
Mentre lui era intento a stappare la bottiglia che era poggiata sulla scrivania io, poggiata sul mio letto osservavo i suoi muscoli tendersi ad ogni movimento e i tratti morbidi del suo viso.
-Mi sento osservato. –  mormorò di spalle mentre riempiva i bicchieri.
-Non c'è nulla di più appagante che osservarla caro professore. –  sorrisi in modo lascivo, mentre mi alzavo per abbracciarlo da dietro e sentire l'ormai famigliare profumo che lo contraddistingueva di menta mista a tabacco.
-La capisco, è quasi tanto appagante quanto ammirare la sua bellezza mia cara. –  quel sorriso spontaneo e la sua spensieratezza mi fecero notare quanto in realtà fosse giovane quell'uomo.
-Non mi dica che come seconda specializzazione ha l'adulazione oltre a quella in filosofia moderna? –  scherzai facendolo ridere.
Sentii il petto suo vibrare sotto le mani che tenevo ancora poggiate sul suo corpo marmoreo.
-Il fatto che la imbarazzino i complimenti la rende ancora più incantevole Miss. White. – sussurrò facendomi tingere le guance di rosso; ringrazia tutti i dei pagani per il fatto che lui fosse di spalle e non potesse guardare l'imbarazzo che mi provocavano le sue parole.
-Non sono imbarazzata. – mentii – Si dice che quando una persona si sente a disagio nel sentire un complimento è solo perché lo ritiene troppo poco rispetto a quello che pensa di meritare. – uscii allo scoperto di nuovo la Sophia White arrogante e presuntuosa.
Christian scosse la testa ridendo di gusto alle mie parole per poi voltarsi di colpo e abbracciarmi mentre mi lasciava teneri baci sulla nuca.
-Allora non basteranno mai i complimenti che esistono nel nostro lessico per renderle onore mia cara e sfrontata Sophia. – mi assecondò lui.
Sentimmo bussare alla porta ed entrambi rimanemmo pietrificati, vista l'ora tarda; non poteva essere un insegnante ma neanche Katherine che in quel momento si trovava tra le braccia di Brett nella sua stanza. Ci staccammo e ci fissavo per pochi secondi.
Con un rapido movimento Christian nascose tutto quello che c'era sul tavolo in un comodino lì vicino mentre io andavo ad aprire la porta all'ospite indesiderato.
Riconobbi all'istante la chioma color fuoco di Lilianne Moore che sorrideva nella mia direzione non appena mi vide.
-Sophia. – la voce squillante e fastidiosa sarebbe potuta diventare la nuova sirena per le ambulanze dell'intero continente. Trattenni l'espressione infastidita che stava per emergere.
-Lilianne. – risposi con un sorriso cortese ed educato che sparì non appena lei si fece da sola spazio nella mia stanza per trovarvici dentro Christian Miller che fissava una serie di fogli stretti tra le mani.
Capii immediatamente che il suo intento era quello di far sembrare la sua visita, un semplice incontro per trattare argomenti scolastici.
Non appena i due si videro il gelo calò nella stanza, Christian era pietrificato e un'ombra di terrore attraversò il suo sguardo mentre Lilianne stringeva le mani a pugno e un sorriso beffardo le si dipingeva sulle labbra. Sembrava di guardare una situazione surreale.
-Professor Miller! Piacere, Lilianne Moore. –  con mia sorpresa la ragazza dai capelli color ginger stava tendendo la mano verso il giovane docente.
-Piacere Miss. Moore. –  rispose lui, sembrava gli costasse un'immane fatica pronunciare il suo nome e la cosa non mi fece piacere.
Tornarono a galla come un tornado tutti i miei sospetti, tutte le ombre che aleggiavano nel passato di lui e probabilmente anche di lei. Quella sceneggiata che stavano mettendo su loro due non mi convinceva neanche un po'; loro due non erano due estranei.
La mia compagna di una vita cioè l'ansia, tornò a bussare alle porte del mio cuore per poi occuparlo senza preavviso. Il petto iniziò a farmi male per la situazione che stavo vivendo.
-Mi scuso per l'intrusione ma volevo solo invitarti alla Alpha Sigma Phi domani. – finalmente gli occhi di Lilianne si spostarono su di me dando tregua a Miller.
-Ci penserò. – evitai di rispondere con un "no" secco per non far aumentare la tensione che già si era accumulata nella mia stanza.
-Allora io vado. È stato un piacere Mr. Miller. –  prima di uscire lanciò un ultimo sguardo in direzione dell'uomo immobile continuando a perseverare con quella sua espressione beffarda.
Non appena la stanza fu libera da quella scocciatura sbattei la porta alle sue spalle con un piede, per poi riprendere la bottiglia di vino e versarne un ingente quantità nel bicchiere già mezzo pieno. Il liquido fresco che scendeva giù per la mia gola era l'unica cosa che poteva calmare i miei nervi, l'ansia e la frustrazione.
-Io dovrei andare. - sentii il tono freddo di Christian alle mie spalle.
Quelle tre parole mi fecero esplodere come una dinamite M2, la cui potenza avrebbe potuto distruggere ad una velocità superiore ai sei mila metri al secondo.
Sbattei il bicchiere, ormai vuoto, al tavolo con il rischio di spaccarlo e mi girai verso di lui sperando che il fuoco che ardeva in me avrebbe potuto bruciare tutti i muri che di nuovo innalzava nei miei confronti.
-Come conosci Lilianne Moore? - scandii con calma ogni parola cercando di mantenere la massima calma e non fargli vedere quanto ero incazzata con lui.
-Cosa? Ma che dici? – spostò gli occhi su di me scioccato, ma non perché le mie parole gli sembravano un'assurdità, la sorpresa era sicuramente dovuta al fatto che avevo capito che quello tra loro due non era il primo incontro.
-Io non la conoscevo prima di ora. –  ora i suoi occhi olivastri puntavano a terra. Bugia.
Poteva risultare apprezzabile il fatto che almeno non mi mentisse guardandomi negli occhi, ma in quel momento non c'era nulla da apprezzare nel suo comportamento che per l'ennesima volta mi stava disorientando; non mi era mancata quella sensazione dolorosa nel petto causata dalla sua freddezza e dal suo atteggiamento schivo.
-Cosa devo fare con te? Forse dovrei godermi il momento che intercorre tra le bugie che mi dici e il momento in cui finalmente scoprirò la verità? – il mio tono era un miscuglio di collera e di stanchezza, mi restava solo la spossatezza dopo quelle battaglie combattute contro la muraglia che alzava nei miei confronti.
-La situazione sta diventando penosa. Me ne vado. – affermò freddamente Christian, si mosse dopo poco solo per scappare di nuovo dalle mie domande e da me.
Non potevo permettergli per la centesima volta di evadere da una situazione per lui troppo scomoda e, quindi, di precludermi la possibilità di capire cosa accadesse alle mie spalle.
A grandi falcate lo raggiunsi e strattonai il suo forte braccio prima che potesse aprire la porta.
-È penosa la tua ostinazione nel volermi con te tenendomi nascosta gran parte di te. Ti do una notizia, caro, non puoi fuggire in eterno così come non ti puoi allontanare dalla tua ombra. Smettila di scappare. Invece di cambiare il cielo cambia il tuo animo perché per quanto correrai via da tutto questo ti porterai sempre dietro te stesso e tutto lo schifo che vuoi nascondermi. – riuscii a dire a denti stretti cercando le parole più erudite che conoscevo; imitai il suo modo di parlarmi colto per fargli capire che io non ero da meno, se volevo.
Dopo aver finito di pronunciare le mie ennesime ultime parole lasciai il suo braccio facendoglielo ricadere al lato del suo corpo immobile.
-Sopravvaluti troppo le tue doti di persuasione. –  gli sentii dire prima che la porta si aprisse e si richiudesse davanti ai miei occhi increduli.
La rassegnazione mi fece crollare a terra mentre l'angoscia mi face tremare le mani che stringevano con forza il vestito turchese. I denti affondarono nel labbro inferiore procurandogli l'ennesima ferita, per evitare che altre lacrime potessero solcare il mio volto.
Si generò in me una sensazione di vuoto, come il vuoto tra quello che stava accadendo nella mia vita e quello che avrei voluto succedesse, un qualcosa di surreale.
Ma non volevo rimanere lì, ero stanca di torturami per una situazione che non si sarebbe risolta, non mi sarei chiusa nel mio guscio fatto di ansia e preoccupazione. Decisi così di prendere la giacca di jeans e mi avviai verso il pub dove ero stata invitata da Katherine.

-Io prendo un Old Fashioned. - affermai mentre mi sedevo al tavolo davanti a Brett.
Il giovane cameriere che in quel momento stava prendendo le ordinazioni annuì per poi scomparire.
Kath era molto felice di vedermi e le si leggeva in faccia da un chilometro di distanza, avrei voluto dire lo stesso del fidanzatino con i capelli ingellati che, invece, era abbastanza infastidito dalla mia presenza.
Mi accorsi solo quando i miei occhi si posarono sul suo viso che aveva il labbro spaccato e un taglio sul sopracciglio, le ferite stonavano con i tratti del suo viso da angioletto e l'abbigliamento da principino inglese.
-Non mi dire che Katherine finalmente te le ha suonate. - sghignazzai io.
-Molto divertente White. - la voce roca e lo sguardo da serial killer erano il suo modo di mettermi in guardia o di spaventarmi, ma non gli era ancora chiaro dopo mesi che la cosa non mi scalfiva minimamente.
Al grande tavolo c'erano altre due coppie che conoscevo di vista, amici di Brett sicuramente, visto i movimenti ingessati e i modi molto poco spontanei con cui si relazionavano.
L'unica single al tavolo ero io ed in quel momento ricordai il perché del mio iniziale rifiuto all'invito della mia amica; nessuno avrebbe voluto trovarsi lì al mio posto.
L'unica soddisfazione nel trovarsi in una situazione scomoda del genere era che l'alcool avrebbe risolto tutti i miei problemi, o almeno lo avrebbe fatto per le ultime ore; così seguirono una serie di mie ordinazioni nelle quali richiedevo sempre più alcool e sempre meno ghiaccio.
-Forse dovresti smetterla. – mi suggerì Brett quando richiamai per l'ennesima volta il cameriere per un giro di tequila liscia.
-Me li paghi tu per caso? Non credo proprio. –  biascicai io irritata; mi sentivo molle e totalmente rilassata ad ogni bicchiere che finivo, non avevo alcuna intenzione di smettere.
Fu Katherine ad impedirmi di andare oltre e a suggerirmi di iniziare ad avviarci insieme verso i dormitori prima che facessi qualche stupidaggine. Dopo quella sua richiesta supplichevole acconsentii di tornare in stanza senza protestare ulteriormente.
-Perché sento che l'odore di Miller stia sovrastando la puzza d'alcool? - mormorò la mia amica mentre eravamo in macchina con la musica della radio bassa.
-Lui... Liliane. Schifo. Cazzo. – non riuscii a formulare una frase, le uniche parole che uscirono dalla mia bocca erano completamente senza senso ma sapevo che lei le avrebbe capite o almeno ci sperai. 
-Kozel! - sentii l'accento russo della mia amica mentre cadevo in un sonno profondo. "Già, un vero stronzo" confermai mentalmente prima che il buio totale mi avvolgesse.

The professor Where stories live. Discover now