Capitolo 8

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-Che piani abbiamo per il nostro primo weekend al campus? - chiesi uscendo dal bagno dopo una doccia calda.
Avevo deciso quella mattina di eliminare qualsiasi pensiero negativo dalla mia mente e lasciare spazio a una sorta di stato mentale molto zen.
Iniziai a interrogare Katherine su quali sarebbero stati i nostri piani per quei due giorni di libertà dopo una settimana di corsi e studio.
La mia coinquilina era assorta nei suoi pensieri mentre digitava energicamente sul suo smartphone di ultima generazione; in un primo momento non capii se avesse sentito la mia domanda ma subito dopo si degnò di guardarmi con uno sguardo sognante da far invidia a chiunque.
-Che dice il tuo adorato Brett? - le chiesi dando per scontato che nessuno avrebbe potuto scaturire tali emozioni in lei se non il biondino dagli occhi di ghiaccio.
-Brett ci ha invitate ad un locale aperto sulla Sopera Avenue! Una specie di uscita a quattro. - mi avvisò facendo intravedere l'emozione che stava provando.
Vidi il bagliore nei suoi occhi verde menta e non potei non accettare, nonostante detestassi conoscere ragazzi montati o glaciali come il suo caro Brett, decisi di non deludere le aspettative della mia amica e accettai quell'invito senza mostrare la mia titubanza.
La mattinata trascorse tra una pazza maratona della nostra serie tv preferita e lunghe chiacchierate sugli anni passati insieme al liceo.

-Non puoi venire in tuta. - si imputò Katherine quando scelsi quell'outfit per la serata che ci aspettava. Mancava mezz'ora all'appuntamento e mentre lei era già perfetta con il suo tubino color mirtillo e i capelli mossi che le ricadevano sulle spalle abbronzate, io ero seduta a gambe incrociate davanti all'armadio optando per un qualsiasi capo d'abbigliamento che non fosse un vestito.
-Scegli tu allora Kath. - sbuffai sdraiandomi sul pavimento come una poppante e lasciando a lei la scelta per non sentire altre lamentele da parte sua.
Quando ormai mancava qualche minuto detti un ultimo sguardo allo specchio prima di uscire, indossavo un top leggero color rubino e un'aderente gonna nera che mi fasciava i fianchi mentre i capelli erano raccolti in una sofisticata coda alta. Lasciarla scegliere per me era stata l'idea più saggia che potessi avere.

Il luogo dove ci portarono era un pub che si chiamava "Rathskeller" e all'esterno era circondato dalle palme, all'interno l'arredamento era moderno, color miele e costellato da numerose insegne luminose. Era un locale molto frequentato dagli studenti della U.M essendo uno dei pochi nelle vicinanze del campus.
Ero seduta di fronte a Kath ed il suo fidanzato mentre alla mia destra c'era Josh o John; contava così poco la sua presenza da non aver memorizzato il nome neanche dopo un'ora in sua compagnia. L'amico di Brett studiava ingegneria nella sua stessa facoltà, ma era molto diverso dal ragazzo dagli occhi di ghiaccio; il suo compagno era moro con gli occhi scuri e molto meno posato.
Mentre la coppia davanti a me amoreggiava animatamente e il tizio accanto a me parlava continuamente pretendendo che lo degnassi della mia attenzione, la mia mente cercava di evadere in qualche modo da quella situazione scomoda.
L'unico modo che mi restava per liberarmi dallo stress che mi stava provocando quella serata senza offendere la mia amica era l'alcool.
-Io vado al bancone a prendere qualcosa di più forte di questa. - annunciai indicando il bicchiere di birra che avevo già finito da un quarto d'ora.
-Vengo con te? - chiese il tizio moro provando ad alzarsi.
-No.- provai a rispondere gentilmente posando una mano sulla sua spalla e facendolo risedere al suo posticino.
Mi lasciai cadere su un alto sgabello davanti al bancone e, dopo aver ordinato un cocktail con doppia tequila, nascosi il viso tra le mani cercando di riprendermi da quegli ultimi noiosi minuti. Avrei potuto affermare con sicurezza che rispetto a quella serata anche una lezione di informatica era un divertimento da non perdere.
Cercai di spostare i miei pensieri su qualcosa di interessante ma l'unica cosa che attirava la mia mente era lo strano comportamento del professore di filosofia. Razionalmente ipotizzai che le motivazioni del suo comportamento erano ricollegabili a un qualche evento o pensiero che gli impedirono di continuare con quel giochino.
-Un Martini on the Rocks. - sentii ordinare da una voce maschile che si stava accomodando vicino a me e mi parve di conoscerla.
Mi voltai di colpo con il mio cocktail in mano e riconobbi la mascella squadrata ombreggiata da una leggera barba, il fisico da atleta e i tratti fini.
"Parli del diavolo e.." pensai tra me e me mentre cercavo di riprendermi e di non sembrare troppo sorpresa. I miei neuroni si agitarono per quella visione e per poco non rischiai di farmi scivolare il bicchiere di vetro dalle mani, le quali erano diventate ormai di pasta frolla.
-Salve Miss White. - mi salutò con un sorriso tirato, quasi forzato.
Feci un rapido cenno con la testa in risposta, compresi che probabilmente non era in vena di conversare con me o con chiunque altro. Miller spostò lo sguardo sulla bibita di fronte a lui assorto nei suoi pensieri, facendomi così sentire di troppo a quel bancone.
Decisi di bere in fretta la mia Tequila Sunrise e di sgattaiolare di nuovo al tavolo da cui mi ero allontanata.
-Lei crede nell'ingiustizia divina? - mi chiese con la sua voce roca prima che potessi alzarmi per andarmene e lasciarlo solo.
-S-si. Credo nell'ingiustizia divina. - nonostante fossi sorpresa da una domanda simile, soprattutto dalla persona da cui proveniva, non esitai a rispondere.
Riflettendoci, dovevo ammettere che molto spesso avevo attribuito le colpe di molte sofferenze del passato a questa scorrettezza da parte di una qualche divinità, per esempio quando la mia famiglia aveva passato gravi crisi economiche o quando io stessa avevo subito atti di bullismo all'età di undici anni. Proprio per tutti questi motivi, anche se non sapevo a cosa Miller si riferisse con quella domanda, ero totalmente d'accordo nell'affermarne l'esistenza.
-Mi accompagnerebbe fuori per fumare un sigaretta? - mi domandò dopo aver finito il drink lasciandomi di stucco.
Quando lui era ormai in piedi e si stava avviando verso l'uscita mi accorsi del fatto che senza il minimo dubbio il mio corpo lo stava seguendo, attratto da lui come fosse una calamita.
Uscii dal pub dietro di lui e quando arrivai fuori dal locale, illuminato dalle luci notturne potei osservarlo in tutto il suo splendore. La sua silhouette era perfettamente messa in risalto dalla t-shirt nera che faceva contrasto con la sua pelle chiara.
Non sapevo ancora la ragione della mia presenza lì fuori insieme a lui e tantomeno sapevo come comportarmi, ma non avevo intenzione di andarmene.
Il mio cuore sfiorò la tachicardia quando i nostri sguardi finalmente si incontrano, lo guardai attentamente e avvertii la seria preoccupazione che lo attanagliava.
Sebbene fossi consapevole che davanti a me c'era Christian Miller, colui che mi aveva baciato spudoratamente per poi far finta di nulla, non potei far altro che provare inquietudine nel vederlo in quello stato. Notai gli occhi persi nel vuoto, i quali mi guardavano e allo stesso tempo erano altrove, persi.
-Tutto bene professor Miller? - ruppi il silenzio che si era creato lasciando che la mia curiosità avesse la meglio in quella situazione.
Improvvisamente si disegnò sulle sue labbra un sorriso amaro e dopo aver annuito lievemente portò di nuovo alle labbra la sua sigaretta quasi finita ormai. Esaminai con cura il modo con cui le sue labbra si assottigliavano mentre aspirava per poi tornare a rilassarle quando il fumo fuoriusciva dalla bocca come le spettrali nuvolette bianche dei fumetti.
-Posso chiederle un favore? - chiese gettando il mozzicone nell'apposito contenitore.
-C-certo. - la mia mente era annebbiata dall'angoscia che provavo nel vederlo così abbattuto.
-Posso abbracciarla? - dopo che l'ultima parola arrivò alle mie orecchie Miller abbassò lo sguardo in imbarazzo per la sua domanda.
Il tono arrendevole e le spalle abbassate, come se portasse su di esse pesi inauditi, mi fecero scattare dal punto in cui mi trovavo per soccorrerlo con una forte stretta.
Allacciai le braccia attorno ai suoi fianchi e posai la testa sul petto scolpito mentre le sue mani forti, di cui conoscevo già la presa, si posarono sulla parte più alta della mia schiena.
Sentivo il calore del suo corpo, il torace che si alzava e si abbassava ad ogni respiro, intanto che le mie narici erano invase dall'odore di colonia mischiato a quello di tabacco.
-Mi dispiace. - lo sentii sussurrare con il mento posato sulla mia testa.
Il calore che fino a quel momento mi aveva avvolto grazie alle sue braccia, si tramutò in gelo quando Christian Miller si staccò da me e si allontanò in silenzio per avviarsi verso il parcheggio.
Rimasi pietrificata davanti al locale mentre i miei occhi fissavano le spalle larghe dell'uomo che si stava allontanando da me.
"Cosa è appena successo?" mi chiesi disorientata senza muovermi dal punto in cui si era realizzato quello strano abbraccio.
Non provavo rabbia, non provavo dolore ma solo una forte sensazione di stordimento. Come se tutto quello che era appena accaduto fosse stato un'allucinazione, una bellissima illusione.
Fortunatamente Katherine, Brett e il tizio logorroico uscirono dal locale qualche minuto dopo riportandomi alla realtà.
La combriccola mi riaccompagnò al campus e, non appena tornai in camera, mi rintanai nel bagno per struccarmi. Osservai la mia figura allo specchio, le gocce d'acqua scivolavano sul mio viso pallido e i miei occhi scuri non avevano più la luce che avevo intravisto prima di uscire con il gruppetto.
-Mi spieghi cosa facevi fuori dal locale da sola? - piombò nel bagno Kath dopo aver adeguatamente congedato il suo Brett.
-Non ero sola. - affermai asciugandomi il viso e sciogliendo i capelli.
-E chi era il fortunato? - comparve un sorrisetto malizioso sulle sue labbra della mia amica che erano messe in evidenza dal rossetto cremisi.
-Christian Miller. - sussurrai a testa bassa.

Il suo sorriso si spense all'istante per lasciar spazio ad un'espressione di disgusto misto a stupore, non la biasimai per quella reazione.
Se rimase sorpresa da quella notizia non volevo immaginare cosa avrebbe pensato nel caso in cui le avessi raccontato gli avvenimenti inusuali che avevo vissuto dentro e fuori dal Rathskeller. Spinta dal desiderio di sapere come avrebbe reagito e dalla voglia di conoscere la sua opinione al riguardo le raccontai tutte le vicende della serata.
Come avevo immaginato Katherine era seriamente preoccupata per lo stato mentale di quell'uomo, insinuando che poteva essere pericoloso per sé stesso e per le persone che lo circondavano. La cosa mi fece sorridere vista l'assurdità di quel pensiero.

Il giorno seguente passai la giornata a letto con la testa sotto le coperte. Tutta la voglia che avevo di divertirmi quel week-end era svanita e l'unico desiderio che avevo in quel momento era quello di capire quali segreti si celassero dietro agli strani comportamenti di Mr. Miller.
Quale ingiustizia divina aveva subito? Di cosa si dispiaceva? Tutte quelle cose che aveva fatto nei miei confronti erano legate a questo?
Katherine sarebbe stata fuori con Brett tutta la mattina mentre con me avrebbe passato il pomeriggio, ma la cosa non mi dispiaceva poiché sentivo la necessità di rimanere sola per analizzare quello che stava avvenendo attorno a me e per capire come comportarmi d'ora in poi.
Dopo l'ora di pranzo ero ancora sola in stanza con il morale sotto i piedi, la giornata era trascorsa tra cibi spazzatura e serie tv stupide. Improvvisamente sentii bussare alla mia porta e fui costretta a scendere dal mio letto.
Aprii la porta senza chiedere chi fosse, dando per scontato che si trattasse della mia coinquilina che aveva scordato la sua chiave.
-E tu chi sei? - chiesi quando notai che davanti a me c'era un ragazzo con il fisico da giocatore di football e dai capelli biondi. Concentrandomi più attentamente sul suo viso mi parvero conosciuti quei tratti.
-Io sono Zac Bennett. - affermò puntando gli occhi nocciola nei miei.
-Penso tu abbia sbagliato stanza. Non so chi tu sia. - scocciata provai a chiudere la porta in faccia a quel ragazzo. A causa del mio malumore mi ritrovai a vendicarmi su un povero studentello.
-Sei Sophia giusto? - chiese prima che potessi chiudergli sul naso il portone color castagno.
Decisi in quel momento che avrei ascoltato quello che aveva da dirmi senza fare più la ragazzina acida e schizzinosa, solo perché avevo la luna storta.
-Senti, io volevo scusarmi. La sera che sei venuta alla confraternita mi hanno detto che ho fatto lo stupido con te nella stanza di Lili. - disse tutto d'un fiato spostando lo sguardo verso il basso a causa dell'imbarazzo che probabilmente stava provando.
Un rapido flashback mi riportò a qualche sera prima, quando ero stata sfrattata da Kath, mi tornò alla mente l'immagine del ragazzo ubriaco che era piombato nella stanza di Lilianne.
Notai, però, che non lui mi trasmetteva più le sensazioni di quella sera, visto sotto questa nuova luce mi sembrava un ragazzo gentile e tranquillo.
-Si. Ricordo. Ma tranquillo, non me l'ero presa. - replicai io serenamente. Mi ritrovai ad apprezzare molto il gesto che stava facendo nei miei confronti, avrei addirittura potuto affermare che mi piaceva questo suo modo di porsi educato.
Mi accorsi solo in quel momento che stavamo parlando sull'uscio e le persone passando guardavano incuriositi verso di noi, così invitai Zac ad entrare nella stanza.
Dopo una rapida occhiata allo spazio circostante il biondo palestrato decise di accomodarsi goffamente su una sedia davanti alla scrivania.
-Non sembri il coglione figlio di papà dell'altra sera. - affermai tirando fuori dal frigo-bar due birre e posandole sulla scrivania.
-Coglione a volte lo sono. Figlio di papà non credo, essendo io cresciuto in orfanotrofio. - affermò ridacchiando e con disinvoltura mentre iniziò a sorseggiare la bevanda fresca.
Mi morsi la lingua per la figuraccia appena fatta. In quell'istante avrei voluto che mi inghiottisse la terra. Balbettai delle scuse in serio imbarazzo, mentre dall'altra parte lui non sembrava affatto infastidito dalle mie parole. Come sempre i miei pregiudizi mi avevano offuscato la mente spingendomi a sentenziare su un ragazzo che neanche conoscevo.
Cercai di riprendermi dal disagio che provavo e continuai a chiacchierare con lui, sembrava un ragazzo molto alla mano e stranamente avevamo molte cose in comune.

The professor Where stories live. Discover now