Capitolo 18

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"Potrei piombare nel suo ufficio e fargli rimpiangere di aver anche solo provato di minacciarmi" pensai tra me e me mentre rimettevo nella borsa i libri.

Cercai di scacciare quell'idea assurda che mi era balenata in testa mentre mi incamminavo vero la mensa del campus per pranzare con Katherine.
La sala era piena e il cibo non era dei migliori, come al solito presi qualcosa di commestibile per non rimanere a stomaco vuoto per poi cercare la mia amica nell'ampio abitacolo.
Posai il vassoio sul tavolo bianco e mi lasciai cadere sulla sedia davanti alla mia amica, che come sempre si contraddistingueva dalle altre per la sua eleganza anche nello stare a tavola.
-Che novità ci sono? - mi chiese lei mentre addentava il suo sandwich al salmone e avocado.
-Se ricevessi un dollaro per ogni volta che quel professore mi ha fatto incazzare. Solo oggi avrei guadagnato più di Bill Gates in un anno. – risposi furibonda.
Fortunatamente le risate che aveva provocato la mia affermazione mi permisero di evitare di parlare ancora di quella persona tanto irritante. Non ero in vena di sfogarmi ma neanche di appesantire la mia amica con le mie sciocchezze.
-Brett? – nonostante il mio interesse verso quel ragazzo fosse pari all'interesse di un pesce verso le biciclette, trovai un argomento che distogliesse Katherine dai discorsi sul docente di filosofia. Con mia sorpresa sul volto angelico si manifestò un'espressione preoccupata ma anche imbarazzata.
-T-tutto normale. - impacciata si portò una mano tra i capelli.
Era chiaro come il sole che stesse mentendo, ma in quel momento non avrei approfondito l'argomento perché anche la mia migliore amica mi stava nascondendo qualcosa doveva avere le sue buone ragioni per farlo. Riposi la mia fiducia nel suo buon senso.
Ipotizzai che vi era stata una qualche litigata di coppia tra i due o più semplicemente lui aveva fatto una cazzata, perché solo lui poteva sbagliare per quanto mi riguardava. Rimuginai su queste mie supposizioni durante l'intera durata del pranzo mentre mangiavo la mia insalatina.

Fissai il grande edificio riservato agli uffici dei docenti ed iniziai a tormentarmi il labbro inferiore incerta sul da farsi. Entrare o non entrare, questo era il dilemma.

Prima di pranzo avevo solo ipotizzato una mia sfuriata nell'ufficio del docente di filosofia, ma dopo poco mi ritrovai a prendere sul serio quell'opzione.
Spensi l'interruttore della mia razionalità e varcai le porte a vetro dell'entrata di quell'edificio; come sempre scelsi la strada più difficile, la più pericolosa.
Salii le scale fino ad arrivare alla porta di legno con la targhetta dorata; era chiusa e fortunatamente non bussai immediatamente. Fuori dalla porta si riuscivano a sentire due voci che conoscevo bene discutere animatamente. Non ci fu neanche bisogno che mi avvicinassi alla porta visto che il tono era tanto alto da sentirsi in tutto il corridoio.
-Mi stai dando colpe che non ho! –  la voce dura e ostile che spesso era stata usata contro di me, era quella di Christian Miller.
-Quanto vittimismo Miller! –  esclamò la donna sarcasticamente con un tono di voce carico di astio. Associai immediatamente quella voce a Lilianne.
-Ti sei già buttato sopra un'altra conquista vedo. Che schifo. –  continuò la ragazza indispettita che intanto si stava avvicinando sempre più alla porta.
Presa dal panico di essere sorpresa da loro due in quella situazione, mi dileguai in un attimo nella toilette riservata al personale. L'adrenalina di quella corsetta e della paura di essere vista mi fece tremare le gambe, per fortuna ero poggiata alla porta del bagno che mi sorreggeva.
Non ero sorpresa di aver scoperto che le mie insinuazioni era fondate, ma non potei nascondere la delusione e l'amarezza che mi aveva suscitato la loro conversazione. Anche se non ero riuscita a vederlo potevo immaginare la loro vicinanza.
Trovai sollievo quando aprii il rubinetto dell'acqua e iniziai a sciacquarmi il viso accaldato.
In quell'istante capii che non sentivo più la necessità di vedere Christian Miller, anzi, più precisamente non desideravo più aver nulla a che fare con la sua persona.

Dopo aver preso una salvietta dal contenitore mi tamponai il viso e uscii dal bagno dirigendomi verso l'uscita dell'edificio.
Purtroppo, come sempre, la fortuna era mia nemica, mentre la sfiga mi voleva un gran bene. Mi imbattei nell'unico uomo che mi auguravo di non incontrare più fino al giorno seguente.
Confidai nel fatto che se avessi camminato in modo spedito senza accordargli la minima attenzione e fingendo di non vederlo, non ci sarebbero stati problemi.
-Miss White. - mi richiamò lui non appena io lo superai con gli occhi piantati a terra.
"Ignoralo!" mi rimproverai obbligando me stessa a non interrompere la camminata scattante.
Ma la mia forza di volontà non bastò poiché con uno strattone Christian mi prese il braccio e mi trascinò spudoratamente nel suo ufficio mentre io mi divincolavo furibonda. Chiuse la porta alle nostre spalle non appena fummo dentro l'abitacolo.
-Mr. Miller, può gentilmente lasciarmi andare. –  scovai in qualche angolo recondito della mia mente un briciolo di pazienza mentre pronunciavo quelle parole.
-No, Sophia. Voglio parlare con te. –  affermò lui; il professore dai capelli scompigliati, come sempre, era piazzato davanti alla porta.
-Mr. Miller le chiedo cordialmente di spostarsi. –  il mio tono di voce iniziava ad alzarsi e la pazienza iniziava a calare. I miei occhi erano fissi su un punto indeterminato fuori dalla finestra della stanza; non lo guardai neanche per un secondo.
-Sophia. –  fece un passo verso di me facendomi irrigidire e perdere il controllo totalmente.
-Professor Miller se fa un altro passo giuro che la faccio pentire di essere venuto al mondo. –  ringhiai scrutandolo per la prima volta da quando era iniziata questa conversazione. Non riuscivo a credere alle mie parole, avevo riacquisito il mio coraggio e orgoglio e per la prima volta gli avevo fatto capire che con me non poteva giocare a suo piacimento.
Rimase pietrificato dall'odio che emanavano le mie parole e dal mio sguardo truce.
-Non pensavo che anche l'aggressività facesse parte del tuo caratterino. – commentò mentre sul suo viso comparve un'espressione divertita; mi fece adirare in una maniera spropositata.
-Mi offende se crede di poter conoscere anche solo un quarto del mio carattere. –  il suono della mia voce era un misto di superbia e rabbia. Non mi sarei lasciata trasportare dalle emozioni, avrei dimostrato un briciolo della mia maturità tenendogli testa.
-Ora se mi permette. –  colsi l'occasione per avviarmi verso l'uscita, visto che si era allontanato dalla porta per importunarmi.
Non ebbi il tempo di toccare la maniglia poiché le sue mani forti si poggiarono sulle mie spalle e mi voltarono di scatto attaccandomi alla superficie della porta.
In un istante le sue labbra esigenti e calde erano sulle mie, face scivolare la mano dietro la mia nuca avvicinandomi sempre più a lui. Cercai di allontanarmi facendo un passo indietro ma sembra non voler desistere da quell'assalto.
-Lasciami! –  ringhiai contro la sua bocca sperando che gli fosse più chiara la mia volontà.
Non avrei potuto più toccarlo, baciarlo e desiderarlo, consapevole del fatto che ero solo un'avventura, un gioco per lui, come probabilmente lo era stata anche Lilianne.
Fortunatamente lui percepì la mia riluttanza e si staccò dalla mia bocca ma restando, comunque, ad un palmo del mio viso mentre ricominciava a respirare regolarmente.
Ne approfittai per quel momento di tregua per buttargli addosso il peso della mia indignazione e della mia collera nei suoi confronti. Non mi frenai più.
-Miller, ti se già buttato su un'altra conquista? - tentai di emulare il tono di voce della ragazza dai capelli rossi. Ebbi l'effetto desiderato; nei suoi occhi verdi improvvisamente comparve un'ombra di terrore, la interpretai immediatamente come paura di essere stato scoperto.
Non tentò neanche di far finta di nulla, gli si leggeva in faccia la verità.
-Torna da Lilianne professore, questa porta si chiude qui ed ora. – conclusi prima di spalancare la porta del suo ufficio ed uscire senza voltarmi più indietro.
-Cosa? Non hai cap...- riuscii a sentire alle mie spalle, mentre correvo verso l'uscita, le sue spiegazioni erano così sciocche e banali che pensai di fargli un favore ignorandole.

The professor Where stories live. Discover now