La stanza 21 di isabella

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Le mani sono strette sul volante, gli occhi sulla strada che in realtà non sto vedendo perché nella mia mente il mio subconscio continua  a saltellare mostrandomi cartelli luminosi:"prova dello sforzo", "elettrocardiogramma", "25".
Decido che è troppo. Mi devo fermare a prendere un caffè, una boccata d'aria e possibilmente trovare il modo di far durare questa giornata  48 ore per fare tutto.
Parcheggio davanti a un bar che vedo sempre ma che non ho mai frequentato. Entro e ordino un caffè. Il barista che stava chiaramente sonnecchiando prima del mio ingresso si ridesta in un lampo alla mia vista.
Ho già in mano i soldi per pagare, non ho tempo da perdere, lui evidentemente sì perché cerca di attaccare bottone con le solite chiacchiere sul tempo, l'umido e l'universo creato. Rispondo a monosillabi e al secondo sguardo truce che gli lancio da sopra il bordo della tazzina smette di ciarlare e capisce che non è aria.
Esco dal locale e mi accendo una sigaretta, con il secondo caffè la mia mente sta tornando lucida e prende a riorganizzare la giornata. Quando spengo il mozzicone nel posacenere so cosa dovrò fare. Riprendo l'auto e riparto spedita per la mia destinazione.  Lascio l'auto nel più vicino parcheggio per i visitatori all'ingresso.
Il mio primo obiettivo è il reparto di oncologia pediatrica. Questo è il mio rifugio, il luogo dove potente trascorro più tempo. I miei pazienti sono piccoli o meglio giovani, troppo giovane per trovarsi lì ma tant'è non sono io a scegliere per loro ma la vita. Qui porto avanti il mio progetto di "ospedale dei bambini" o a misura di bambino. Trascorrono qui dentro troppo tempo della loro piccola è breve esistenza e vorrei che si sentissero a casa. Nel tempo sono riuscita a creare una sala per la musico terapia, una per i giochi e il cinema, ma è sempre una goccia nel mare, i finanziamenti vanno sempre ricercati anche se so che la Juventus è una dei nostri maggiori benefattori e questo non può che renderla ancora più la squadra del mio cuore.
Entro nel mio ufficio. Il reparto e' già in piena funzione, le infermiere mi salutano con un sorriso. Prendo un attimo per guardare le terapie da somministrare e poi mi dirigo alla stanza 21.
Isabella, quindici anni, è seduta nel suo letto. Guarda fuori dalla finestra, sulla testa la bandana nera che copre la calvizie, al braccio e' attaccata la flebo, addosso ha la maglia della Juve, la sua preferita, quella di Dybala.
È pallida, l'ultimo ciclo di chemio che abbiamo somministrato due giorni fa si fa ancora sentire. Il cuore mi si stringe in una morsa, dovrei tenere fuori i sentimenti dalla mia professione ma qui non è possibile, lei è speciale, lei ha già vinto una volta e dobbiamo farlo di nuovo.
Forse oggi posso fare qualcosa per sollevarle il morale. Perché no! Entro e la saluto.
"Ciao bellissima!"
Lei si volta lentamente verso di me, lo vedo che è stanca, il suo sorriso è forzato ma lo fa comunque.
"Ciao doctor's ! Già qui oggi?"
"Eh sì! Sono mattiniera. Oggi non sono in reparto ma volevo passare a salutarti. Come stai?"
"Insomma...ho avuto giorni migliori..."
"Lo so, ma tu sei una guerriera non lo dimenticare...domani andrà meglio"
"Hai ragione doctor's ..."
Decido che ha bisogno di qualcosa per tirarsi su e il mio subconscio appare nella mia mente con un cartello gigante con la scritta "Dille che oggi vedrai Dybalaaaaaa!" E ha ragione! Devo dirglielo.
" Isabella, oggi ho una giornata particolare sai?"
"Ah sì, a chi devi salvare la vita?"
Mi fa sorridere questa piccola donna.
"La vita di nessuno ma...incontrerò delle persone nuove...diciamo...delle persone a strisce..."
Mi guarda come se fossi una pazza, in fondo non è un grande indizio.
"...a strisce? Ma che problemi hanno?...cioè ma che dici?"
"Si! Davvero, loro vivono a strisce...pensa che spesso, si spostano, tutti in branco...e vanno in un sacco di posti..."
"Doctor's ma con che cosa hai fatto colazione stamattina?"
Rido. Ma continuò la mia sceneggiata.
"Tu non mi credi! E mi stai prendendo in giro! E dire che tu in questo momento sei a strisce come loro!!! E hai pure il coraggio di prendermi in giro...no! Basta adesso me ne vado!"
Lei ci mette un attimo a capire, si guarda la maglia e poi alza su di me uno sguardo sgranato è un viso con la bocca aperta.
"OH DIO! Oh MIO DIO...tu ...tu...tu oggi vai dalla JUVE???"
Le sue guance prendono colore, i suoi occhi ballano e penso che è per questi momenti che amo fare questo lavoro.
"No Isabella, non vado alla Juve, sono loro che vengono qui per sottoporsi allo prove dello sforzo di routine."
Lei ha ancora la bocca aperta, le mani sono sulle guance gli occhi brillano, brillano come non li ho mai visti.
"Vengono qui?! Vengono in questo ospedale? Cioè vengono TUTTI qui?"
"Si tutti!" Sorrido, non riesco a non sorridere vedendola così.
"Oh doctor's ! Verrà anche lui...LUI LUI, il mio mito, il mio Dybala...?"
"Direi proprio di sì..."
"Oh Dio! Sarà qui dentro anche lui...doctor's! Ti rendi conto? Oggi sarò nello stesso luogo in cui si trova il mio idolo! Non lo vedrò, ma lui sarà qui..."
Mi sale un groppo alla gola che quasi mi spinge alle lacrime, ma di fronte a lei non posso piangere. È incredibile ciò che dice, e' felice al solo pensiero che il suo idolo stia nella stessa struttura, nello stesso luogo in cui lei è costretta a stare ma per motivi molto meno piacevoli. Se non è amore questo cosa lo è? Nulla è' più forte dell'amore per qualcuno o qualcosa e lei me lo dimostra.
"Doctor's mi hai reso felice...grazie di avermelo detto...posso chiederti un favore?"
"Tutto quello che vuoi!"
"Mi aiuti a levarmi la maglia?"
"Si, ma..."
"Così puoi chiedergli di autografarla!"
Certo! Come ho potuto non pensarci prima!
La aiuto con la flebo, sfiliamo la maglia e ne mettiamo un altra. La piega e me la porge come fosse la cosa più preziosa che ha e nel suo cuore probabilmente è così.
"Ti prego doctor's, falla firmare...se puoi...se lui ne ha voglia...altrimenti non insistere..."
"Te la riporterò autografata Isabella, te lo prometto! Non esiste che non abbia voglia di firmarla!"
"Grazie!"
Ci abbracciamo. E vorrei tenerla stretta così, più forte di così, prometterle più di così. Ma non posso.
Ci lasciamo.  Prendo la maglia e la saluto. Mi richiama: "Dottoressa! Sei uno schianto stamattina! Non far perdere la testa al mio Paulo!" Una risata spontanea mi esce dalla gola, ah l'innocenza!
"Tranquilla! Mi odierà per quello che gli farò fare..."
Lei mi strizza l'occhio e io faccio lo stesso.
Esco dalla stanza e mi stringo al petto la divisa zebrata. Questa giornata farà felice qualcuno.
Ritorno nel mio studio a riprendere le mie cose. Sul cellulare e' arrivato un messaggio di Mario.
"Ti ho mandato Miranda a darti una mano. Buon lavoro."
Sorrido, e rispondo con un grazie a caratteri cubitali.
Miranda e' la migliore capo infermiera che esista, cinquant'anni di simpatia e competenza non potevo sperare di avere una compagna migliore in questa avventura.
È il momento di scendere. Raccolgo tutto e vado all'ascensore. Spingo il tasto 3 per arrivare al piano di ortopedia e medicina sportiva. La maglia di Isabella nella mia valigetta mi da la carica per affrontare la giornata.

L'altro battitoWhere stories live. Discover now