Dove mi porti?

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Ci incamminiamo in silenzio verso la mia auto che non è molto lontana. Mentre camminiamo estraggo le chiavi dalla borsa è appena siamo in prossimità della vettura schiaccio il tasto per aprirla.
Lui mi segue tranquillamente, forse immerso nei suoi pensieri. Apro la portiera posteriore ci appoggiò la mia valigetta.
"Grazie della scorta!" Gli dico, in fondo è il momento di salutarci...ma come lo devo salutare? Una stretta di mano? Uhm...troppo formale...un semplice ciao o arrivederci? Mah...amichevoli baci sulla guancia...troppo.
Lui mi apre la portiera del guidatore, da vero gentiluomo, io salgo e infilo la chiave nel cruscotto per accendere la macchina, appena spingo il tasto di start e stop...non succede niente! Come è possibile? Riprovo e ...nulla nessun segno di vita.
Lui è ancora lì, con una mano sulla portiera,  un sopracciglio alzato in segno di perplessità.
Non ci credo, l'auto non parte! Ma perché...perché mi ha abbandonato?
"Hai per caso lasciato accesi i fanali?" Mi chiede Paulo.
"No, non credo..." E guardò il cruscotto dove ci sono le spie e mi accorgo che quella dei fanali è accesa! Merda! Sono rimasto accesi tutto il giorno!!!
"Se li hai lasciati accesi la batteria si è scaricata, non c'è molto da fare..." Mi dice lui con un sorriso sornione è un po' "comprensivo" tipico del maschio che prova compassione per la donna al volante perché a loro mai capiterebbe un errore del genere.
"Si, li ho lasciati accesi... E non mi guardare con quel l'aria di superiorità del maschio al volante!" Gli rispondo stizzita.
Lui ride. Una risata di gola sincera e tipicamente maschile.
"Ma non l'ho neanche pensato! Figurati...può succedere a tutti"
"Si, certo! Dimmi che è successo anche a te così almeno rido anch'io" gli rispondo.
"Veramente no, non mi è successo... Ma potrebbe capitare..."
"Molto spiritoso!"
"Dove abiti?" Mi chiede.
"A quaranta minuti da qui..." Gli rispondo, senza dargli il mio indirizzo.
"Ok! Scendi dai, ti accompagno io"
Lo guardò perplessa, poi mi rispondo subito...ovvio! È venuto in macchina a fare i test"
"Non credo tu sia di strada...non voglio disturbarti...posso prendere l'autobus..."
"Da sola, di notte in autobus? Non credo proprio!" E così dicendo apre lo sportello posteriore e prende la mia valigetta. Non ho più possibilità di controbattere. Poi sinceramente l'idea dell'autobus non mi sembra allettante.
Scendo e richiudo. Domani la farò  venire a prendere dal meccanico.
"Vamos..." Dice e io lo seguo sperando di non inciampare in questi simil sanpietrini messi nel parcheggio da cui sbucano ciuffi d'erba nei quali i miei tacchi affondano senza remora.
"Mi dispiace darti anche questo disturbo..." Gli dico
" Sin perturbaciones...nessun disturbo..."
La mia mente cominciare elaborare il fatto che salirò sulla macchina di Dybala e mi dovrò fare quaranta minuti di strada chiusa in un abitacolo con lui...un groppo mi arriva alla gola.
Per non pensarci mi chiedo che macchina avrà? Porche, Ferrari ...? In fondo e milionario e giovane le possibilità che non sia attratto dalla tipica macchina sportiva con cui far scorrazzare una velina qualsiasi nei giorni liberi mi sembra una ovvietà!
Poco dopo lui afferma che siamo arrivati...e io guardandomi intorno non vedo alcuna super sportiva sfavillante.
Lui preme un tasto dal telecomando che ha in mano e si illuminano i fanali di una Fiat Freemont. Ammetto di essere un po' stupita.
"Sorpresa?...ti aspettavi una fuori serie" ma cosa fa, mi legge nel pensiero?
"Si, lo ammetto"
"Tu mi credi troppo banale..." Mi risponde
"No...cioè,davo per scontato che..."
"Tu davi per scontato Che sarei venuto con una Porsche o un Maserati..."
"Si lo ammetto...un cliché...chiedo perdono per la mia banalità."
Nel frattempo ha posato la mia borsa sul sedile posteriore, io ho aperto la portiera e mi sono accomodata davanti dalla parte del passeggero.
Lui sale.
"Tu mi credi davvero troppo banale...e io non sono mai banale!" Dice guardandomi con quegli occhi e quel sorriso malizioso mentre infila la chiave e accende l'auto che ovviamente parte subito.
"Soprattutto sei modesto..."gli rispondo.
Ride di nuovo.
"Si, una delle mie tante doti!" E ride ancora.
Scuoto la testa e mi ritrovo a sorridere e a pensare "maschi...falli sentire un po' importanti e si sentono innipotenti!"
Fa retro e tranquillamente si immette sulla strada, l'abitacolo si scalda e mi toglie di dosso l'umidità esterna. Sento scendere la stanchezza della giornata.
Mi appoggio al sedile comodo e cerco di rilassarmi.
Chiudo un attimo gli occhi e mi massaggio le palpebre. Sono stanca. Molto stanca.
L'auto radio si accende e dalle casse escono le note di "Purple Rain" di Prince.
L'omino inconscio della mia mente si sveglia all'istante emettendo solo un suono che dice "uhm....." Il bastardo sa che questa canzone mi ha sempre fatto pensare al sesso! Infame! Cerco di tenere a freno la mia mente ma con molta difficoltà.
"Stanca?" Mi chiede lui.
"Abbastanza..." Gli rispondo, e mentre sto dicendo questo il mio stomaco emette un sonoro brontolio.
"Direi anche affamata...hai mangiato oggi?" Mi chiede guardando la strada.
"Scusa...ho mangiato poco e ora la fame si fa sentire..."
"Ci credo!"
"Nemmeno io ho mangiato molto..." Mi dice
Non ho dubbi, l'agitazione che devo avergli messo addosso non può avergli fatto venire appetito
"Lo posso immaginare...mi dispiace..."
"Niente mi dispiace...hai fatto quello che dovevi fare..."
"Uhm..." Non so che altro rispondere mentre il mio stomaco mormora ancora .
"Non puoi andare a casa affamata! Sono certo che non ti prepareresti niente!"
"E cosa te lo fa pensare?"
"Se non c'è qualcuno che ti attende con la cena pronta, e se ci fosse avresti già chiamato per avvertire che stai arrivando, non avrai voglia di prepararti nulla da mangiare"
Alle sue parole rimango scioccata! Una logica ferrea! Infatti nessuno mi attende con un pasto caldo.
"Colpita e affondata ! Complimenti!"
"Te l'ho detto che non sono banale!"
Alzo gli occhi al cielo.
"Si l'ho capito! Sfiori la megalomania!"
E ride ancora. Non posso fare a meno di seguirlo. Mi giro a guardarlo. Il profilo perfetto illuminato solo dalle luci del cruscotto e della strada. Il mio stomaco stavolta fa una capriola, ma non per la fame.
"Allora mangiamo qualcosa, io ho fame, tu hai fame..."
"No, Paulo non mi va di infilarmi in un ristorante chiassoso e attendere le portate, sono troppo stanca.." Poi l'idea di farmi vedere in giro con lui mi mette un ansia pazzesca.
"Non ho detto che andiamo al ristorante...ho detto che mangiamo...siamo quasi arrivati a casa mia!"
Mi volto di scatto. Sta scherzando?
"In che senso siamo quasi arrivati a casa tua?" E mi guardò intorno, non mi ero resa conto che non stavo andando verso il mio appartamento ma nel centro città.
"Nel senso che  tra due minuti siamo arrivati..."
Sono sconvolta! Cioè ha deciso tutto da solo! Non mi ha chiesto niente.
"Hai chiamato la mamma che ti prepari la cena?" Gli dico tagliente per cercare di riprenderemi.
Sorride, ma so che un po' l'ho infastidito.
"No, mia madre e' in Argentina. Ti dispiace? Volevi conoscerla?"
"No, mi chiedevo chi ti sta preparando la pappa...tuo fratello"
"Credo che Moreno sia in questo momento su un volo diretto per Buenos Aires più o meno al centro del Pacifico?"
"Ah...e quindi chi prepara il cibo?" Comincio a sentire il battito accelerare.
"Pensi che non sappia cucinare?"
L'idea di Paulo ai fornelli non l'ho considerata.
"Non ho detto questo..." Gli rispondo.
"Tranquilla, non cucino io. Lo chef della Juve è passato a prepararmi la cena "
Sciolto l'arcano! C'è anche lo chef a domicilio.
"Sì ma sarà solo per te..."
"La parola condivisione non ti dice niente?"
"Si ne conosco il significato...ma non voglio privarti della tua cena"
"Non è una privazione ma un piacere...poi cucina sempre per quattro come minimo!"
E mentre dice questo, svoltiamo in un vialetto dove un cancello elettrico si apre all'istante insieme alla porta di un garage.
Parcheggia l'auto nel box, scendiamo e nel garage  vedo parcheggiate una Maserati e una cinquecento.
"Ah ma allora c'è l'hai la Maserati!" Gli dico con la faccia trionfante! Come a dire che in realtà è banale!
"Non ho detto che non c'è l'ho...solo oggi non l'ho usata!"
Alla fine ha sempre ragione lui!
Con la mia valigetta in mano lo vedo diretto verso una porta sul retro che è l'ingresso allo stabile.
Abita in un condominio in centro, certo un palazzo elegante che da su piazza Garibaldi, chissà perché credevo stesse in una villa isolata.
La porta si apre su un atrio elegante ma non troppo grande. L'ascensore è al piano e non dobbiamo attendere.
Se lo spazio dell'abitacolo di quello dell'ospedale mi sembrava piccolo questo è addirittura claustrofobico. Gli specchi cercano di dare la sensazione di grandezza ma senza risultato, in ogni riflesso continuo a vedere solo la sua immagine, il suo profilo e le labbra tirate in un sorriso, lo sa che lo sto guardando il ragazzo e forse ne è quasi compiaciuto.
L'ascensore si apre all'ultimo piano, attico. Abita in un appartamento, ma nel migliore ovvio! Come ti puoi sbagliare.
La porta d'ingresso è semplice, vedo che sul campanello non c'è alcun nome. Chissà se gli altri condomini sanno della sua presenza.
Appena entriamo le luci si accendono da sole. Lo spazio si apre su un living grande, un open space con cucina a vista. La prima cosa che vedo è un lungo tavolo con scure sedie a schienale alto. Alla mia sinistra una cucina di ultima generazione di un bianco laccato in contrasto con le pareti di un grigio-sabbia satinate.
Al centro c'è la penisola, il piano dei fuochi a induzione nero lucido, elettrodomestici sul piano di lavoro, la cappa grigia satinata dello stesso colore del frigorifero. Mi conduce nel salone dove un bel divano grigio antracite fa bella mostra di se, posizionato di fronte a un televisore al plasma credo 42 pollici. Vicino al tavolo una parete attrezzata nei toni del bianco e del grigio.
Mi guardò in tondo e decido che questo arredamento non è stata una sua scelta, non riesco a vederci la sua impronta, la sua personalità , nemmeno lo conoscessi bene, ma la sensazione resta questa.
Appoggia la mia valigetta sul mobile.
"Benvenuta, accomodati"
"Grazie, bella la tua casa complimenti"
"Non è merito mio...non ho scelto nulla o quasi di quello che vedi"
E ci ho azzeccato anche stavolta!
"Lo immaginavo" rispondo
Lui alza un sopracciglio con faccia interrogativa.
Mentre mi tolgo la giacca e posò la borsa sul divano rispondo alla, sua muta domanda.
"Non ci vedo molto di te in queste stanze...non ti conosco certo, però mi da l'impressione di essere un appartamento arredato da qualche archi-star alla moda...ecco"
"Infatti è così. L'appartamento è della società...ci abito e ci sto bene"
Faccio cenno di sì con la testa. In ogni caso l'ambiente mi fa sentire a mio agio, e non so perché .
"Posso offrirti qualcosa? Vuoi metterti comoda fare una doccia..."
Alla parola doccia il mio corpo grida silenziosamente d'esultanza è la prima cosa che farei se fossi a casa.
"Posso davvero fare una doccia?" Ma come mi viene in mente di dire una cosa del genere? Non sono a casa mia!
"Certo! Ci mancherebbe...ti accompagno"
Lo seguo pregustando il piacere di starmene sotto il getto d'acqua. Chi se ne frega se non sono a casa mia!
Apre la porta di una stanza e mi rendo conto che è camera sua all'istante. Un letto matrimoniale con la testiera in pelle nera si staglia su un muro bianco. Due poltrone dello stesso colore del muro con i piedini nere sono ai piedi del letto. I comodini sono bianchi, le abat-jour a stelo lungo sono nere il cassettone bianco.
Alla mia sinistra si apre la porta del bagno.
Mi rendo conto che però non ho un cambio dovrò rimettermi questi abiti.
"Qui c'è il bagno, le due ante sono l'armadio, se vuoi metterti qualcosa di più comodo prendi quello che vuoi..."
"Mi hai letto nel pensiero..."
Sorride ed esce ritornando subito con in mano un accappatoio bianco e un asciugamano. Appoggia tutto nel bagno.
"Fai con comodo...non c'è fretta..." Gli arriva un messaggio sul telefono, lo guarda e mi chiede: "Ti piace il sushi?"
"Si"
"Perfetto"
Esce e mi lascia sola. Entro nel bagno che probabilmente è grande come casa mia. Toni chiari, ripiani scuri e in vetro. La doccia è un monolocale. Non ci sto a pensare molto, iniziò a spogliarmi buttando tutto sul lavandino. Entro nella doccia e apro l'acqua che arriva calda in pochi secondi. Nel box c'è un pannello tach che mi fa capire che non è una doccia qualsiasi ma anche un piccolo bagno turco. Decido di toccare qualche tasto e vengo innondata di vapore e getti d'acqua che massaggiano il mio corpo.
Penso che ci potrei vivere in questa doccia! Con calma mi insapono con i suoi prodotti che mi ricordano il suo profumo. Mi piacciono gli aromi maschili e questi in particolare.
Dopo diversi minuti decido che mi sono rilassata e posso uscire. Infilo l'accappatoi morbido e mi asciugo con l'asciugamano. Riprendo in mano i miei vesti ed esco. Li metto su una delle poltrone chiare e mi dirigo verso l'armadio.
Apro le ante e davanti a me appare una cabina armadio che Curry Brachov di "Sex and the City" levati proprio!
"Wow...questo sì che è un armadio degno di questo nome!"
Guardò il contenuto, abiti sportivi da una parte, abiti eleganti dall'altra, camice perfettamente stirate appese alle grucce, le divise della Juventus hanno una loro sezione dedicata. Tutto in perfetto ordine. Cosa che io non riuscirei a fare nemmeno in un altra vita. In fondo ci sono le scarpe e la valigeria, del resto non è proprio uno che sta fermo in un posto. Decido di dirigermi verso la sezione sportiva. Apro un cassetto e prendo una maglia nera con la "mark" e decido che va bene, afferrò un paio di pantaloni della tuta dello stesso colore, in un altro cassetto trovo l'intimo.
Uhm....ci pensò un attimo e decido che no, mi sento a casa ma non così rilassata da infilarmi un paio dei suoi slip, sarebbe troppo pensare di indossare un intimo che è abitualmente a contatto con la sua intimità..."preferisci un contatto diretto?" L'ominide torna a farsi sentire. "Ma non dire stronzate!"
In camera rimetto le mie coulotte di pizzo, infilo i pantaloni e la maglia, non ho voglia di rimettermi il reggiseno, casa per me e libertà! Così però la maglia, a causa del seno mi è un po corta, decido di prendere in prestito una canottiera e ritorno nell'armadio.
Con la canotta sotto mi sento a mio agio. Comoda  e rilassata.
Lascio sciolti i capelli, metto un paio di calze e decido che posso tornare di la.
Nel soggiorno la luce è più bassa di prima, in sottofondo sento della musica, ascolto un secondo e mi accorgo che è un tango!
"Tango argentino!" Vedo la faccia di Miranda e quella del mio omino che lo dicono in coro e le mie  mani volano sul viso! Stiamo andando oltre il surreale.
Passo davanti al divano e appena svoltato l'angolo vedo Paulo in cucina con in mano due bicchieri con dentro una bevanda gialla.
"Ti sei rilassata?" Dice Guardandomi.
"Moltissimo! La tua doccia è spaziale!"
"Grazie... Tieni"
Mi porge il bicchiere e io lo afferro e sfiorò le sue dita. Calore che mi invade di nuovo.
"Cos'è?" Chiedo
"Una centrifuga di frutta...non posso offrirti un bicchiere di vino perché non posso bere alcool...quindi centrifuga!"
"Fantastico!"
"Cin cin!" Dico facendo tintinnare il bicchiere.
Lui beve e io bevo, è buona questa cosa. Lui mi guarda e sorride apertamente.
"Bella questa maglia? Ti sta bene..."
"Grazie! Un omaggio al padrone di casa, lo conosci?
"Vagamente"
Mi piace come sorride sembra rilassato e mi sento rilassata anch'io.
"Vado a farmi una doccia anch'io...mettiti comoda, poi mangiamo"
È così dicendo si dirige verso la camera da letto mentre io mi lascio letteralmente cadere sul divano.
La luce, la musica mi fanno sentire a mio agio. Mi stendo sui cuscini morbidi, non era solo un impressione quella che il divano fosse comodo. Chiudo un attimo gli occhi. Solo un attimo.

CON GLI OCCHI DI P.
La mia maglia...un omaggio al padrone di casa ha detto?
Il vero omaggio al padrone di casa è sotto la maglia...santo Dios! Devo calmarmi...devo calmarmi...
Credevo che con i miei vestiti addosso mi avrebbe fatto meno effetto invece...invece lo fa il doppio! Ho la sensazione che sotto la maglia non abbia il reggiseno e la cosa mi dà subito una reazione...o meglio una reazione molto chiara. Doccia fredda urgente! Potrei andare di là e saltarle addosso. Sulla poltrona vedo i suoi vestiti e l'occhio mi cade sul reggiseno nero di pizzo. "Mierda" avevo visto giusto! Mi fiondo in bagno, tolgo tutto e mi butto sotto il getto lasciandolo scorrere freddo ho bisogno di uno shock termico.

La doccia serve a calmare i miei bollenti spiriti. Mi asciugo, mi rivesto con pantaloni simili a quelli che indossa lei è una maglia verde scuro presa a caso, desidero solo tornare di la. Tornare da lei. Averla ancora davanti.
Appena varco la soglia del salotto la visione mi lascia senza fiato. Il cuore mi arriva in gola e batte più forte, il sangue circola veloce nelle vene, il respiro diventa corto.
Lei è sul divano, stesa, addormentata.
Mi avvicino piano, non la voglio svegliare è una visione troppo perfetta per essere rovinata.
Mi fermo all'altezza delle sue ginocchia e lascio che la sua immagine si imprima nei miei occhi. La testa poggiata su un cuscino e intorno una cascata di capelli scuri, lucidi e ondulati in modo naturale. "Una donna che non ha la fissazione della piastra per i capelli! Una rarità!"
È leggermente girata su un fianco, un braccio all'altezza del volto, l'altro appoggiato sotto il seno che non ha né bisogno di essere evidenziato né di essere sostenuto. Non ha trucco, il profilo è perfetto e bellissimo, respira in modo regolare. Penso che potrei passare la sera, la notte, i giorni a guardarla...trovarsela accanto ogni mattina così sarebbe...un brivido...una visione...Dios mio!
Decido di prendere il telefono e farle una foto. È splendida e voglio, fortemente poterla rivedere così. Metto il cellulare in silenzioso e scatto più di una volta, a distanze diverse. Mi sento un po'maniaco ma chi se ne frega! Questa immagine è solo per me.
All'ultimo primo piano lei si muove lentamente. Rimetto il telefono su una mensola. Ci manca solo che mi trovi così!

L'altro battitoWhere stories live. Discover now