Tacchi e tacchetti

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Esco dalla sede della Juventus due ore dopo. Ho firmato il contratto, ho lasciato i miei recapiti, il numero di conto corrente, insomma tutto quello che serve per un contratto di lavoro. Tornata all'aria aperta, mi sento come se fossi scesa da un ottovolante. Mi accendo una sigaretta per schiarirmi le idee mentre mi dirigo alla mia auto. Perché ho accettato? Cosa mi ha spinto a pendere un altro impegno che riempirà ancora di più la mia vita, togliendomi tempo libero che già non ho? Ho fatto una scelta di "pancia" , di "cuore" tranne che di "testa".
Mentre io mi sento perplessa e scombussolata, l'omino inconscio saltella felice come non mai facendo saltare tappi di champagne che nemmeno alla finale di Chempions Ligue. Ma cosa hai da festeggiare?
"Cosa ho da festeggiare? Me lo chiedi? No, dico, la cifra alla fine del contratto non ti dice nulla?" Mi dice
"È quindi festeggi per il vile denaro!" Rispondo
"Festeggio per la tua carriera! Hai idea della spinta che ti darà questa situazione..."
"No, non credo di averne un idea...ma forse c'è l'hai tu..."
"Io siiiiii...." E continua a saltellare felice.
"Rimane una domanda però..?" Si è fermato di colpo pensieroso.
"È quale sarebbe mio grillo parlante?"
"Cosa intendi fare con Paulo?"
"Nulla! Cosa dovrei fare? Non c'è nulla tra di noi è in nulla finirà...anzi non è mai iniziata" rispondo, anche se qualche dubbio si vorrebbe affacciare alla mia mente.
"Dici che non c'è stato nulla? E secondo te lui lo accetterà? Così come se niente fosse...sai, non mi sembra il tipo..."sussurra perplesso.
"Dovrà diventare il tipo..."
Mentre sto spegnendo la sigaretta e rimettendo nel suo cassettino il mio amico chiacchierone, la signora della reception all'ingresso mi viene incontro quasi trafelata.
"Dottoressa Donati, per fortuna non è ancora andata vai..." Mi dice
"No, le serve qualcosa?"
Tira un sospiro per riprendere fiato.
"Si, il presidente le chiede di rientrare, vorrebbe fare subito la presentazione alla squadra, può seguirmi?"
Se prima avevo le idee poco chiare ora sono totalmente confusa, perché farlo subito! Che fretta c'è!? Non ho modo di sottrarmi, ormai ho firmato il contratto.
"La seguo" rispondo solo così, mentre l'omino mette la testa fuori dal cassettino in cui l'ho infilato con le mani sulla faccia.
Vengo riportata al settimo piano, dove ritrovo tutti, tranne Pessotto, che mi attendono.
Agnelli parla subito.
"Ci scusi dottoressa se l'abbiamo fatta risalire ma la squadra sta finendo l'allenamento e abbiamo pensato che fosse il momento ideale per fare le presentazioni."
"Come credete." Non ho nulla da dire tranne frasi di rito.
In pochi minuti scendiamo e un suv nero con i vetri oscurati ci accompagna verso Vinovo.
La Conversazione scivola sul banale e io mi impegno il minimo indispensabile nell'eloquio.
La strada mi sembra breve e contemporaneamente infinita. Dal finestrino intravedo le porte color argento che ci introducono al campo d'allenamento.
Tutto è perfetto e ordinato come se ogni cosa avesse un preciso posto e li fosse stata messa. L'impressione di grandezza mista a un po' di imponenza o per lo meno e' la sensazione che ho, mi fanno aumentare il battito cardiaco.
Il presidente, Marotta e Pavel mi fanno strada verso l'ingresso. Entriamo nel l'ampio androne, alcuni addetti stanno lavorando ma la mia mente inizia a registrare solo lo spazio e la sua ampiezza, i rumori dei mie tacchi sul pavimento e la luce che filtra dalle vetrate.
Ci dirigiamoo sicuri verso il campo, appena arriviamo nei pressi del l'erba maledìco l'idea di essermi messa questi stivaletti con i tacchi troppo sottili e questi jeans stretti come una seconda pelle.
Sul campo il gruppo è impegnato nelle ultime fasi dell'allenamento, ma il mister, vista arrivare la delegazione presidenziale dichiara finita la sessione e chiama la squadra a riunirsi a bordo campo dove ci stiamo dirigendo.
Inizio a realizzare che la cosa sta accadendo davvero. La salivazione inizia ad azzerarsi e cominciò a sudare.
In pochissimi minuti siamo tutti riuniti sulla linea bianca che delimita la zona di gioco. Resto un po' in disparse mentre Andrea inizia a parlare.
Quasi non ascolto. Cerco di trovare una posizione eretta in cui i tacchi non affondi nel manto erboso e questi jeans non sembrino così stretti.
Mi risveglio solo alle parole di Agnelli.
"Quindi ho il piacere di presentarvi il nostro nuovo capo Medico dello staff esterno, la prima donna...e mi auguro la tratterete bene...(risatina generale)...a entrare nel nostro staff, la dott. Caterina Donati"
Pavel mi spinge un po' avanti in modo che tutti possano vedermi, io cerco di restare dritta e in equilibrio facendo solo un cenno con la testa e dicendo solamente
"Buongiorno a tutti, signori" seguito da un lieve sorriso.
Se due giorni prima mi avevano dato un occhiata di passaggio, ora sento quasi trenta paia di occhi che mi guardano intensamente, vagliando ogni centimetro della mia persona. Mantengo la testa alta e li guardo per fargli capire che non sono intimidita e che sono una professionista e per loro devo essere solo questo.
Ma tra tutti gli occhi che mi guardano due sono quelli che sento addosso più di tutti, i suoi, che da quando sono arrivata non mi hanno mollata un secondo e che finora ho evitato.
Stringo la mano a tutti. C'è chi mi guarda sorpreso, chi con lo sguardo furbetti come Gonzalo, chi con la faccia da piacione, chi un po' timido come Bernardeschi, chi si sta chiedendo se è tutto vero o uno scherzo come Alex Sandro, chi è un gentiluomo come Mandzukic o Buffon e quasi alla fine c'è lui.
Gli stringo la mano e il contatto con la sua pelle mi procura subito una scossa. Sono costretta a guardarlo in faccia, il suo viso e quasi una maschera.
Ha un sorriso tirato sulle labbra, ma gli occhi sono quello che mi colpiscono di più. Non so descriverli se non come due lame, fredde, taglienti che mi trafiggono con una vena di crudeltà.
Sento il cuore stringersi in una morsa gelata. Ricambio lo sguardo ma per poco tempo, non riesco a sostenerlo in questo momento. Finite le presentazioni con la stretta di mano al mister Allegri che mi sorride tra il comprensivo e il "guarda che qui può essere un gran casino!" Facciamo dietrofront, noi verso lo stabile d'ingresso e loro verso lo spogliatoi.
Mentre mi giro per seguire i dirigenti uno dei miei tacchi troppo sottili si conficca perfettamente nel l'erba quel tanto che basta da farmi quasi inciampare nei miei passi. Impreco mentalmente mentre due mani mi afferrano il braccio per impedirmi di franare rovinosamente a terra con conseguente figura di merda! Non so come ma la mia pelle, anche sotto il tessuto della giacca e della camicia che indosso, riconosce immediatamente quel tocco. Non vorrei voltarmi, non vorrei guardarlo, non vorrei essere in questa situazione ma soprattutto non vorrei aver messo questi stramaledetti stivaletti!
"Grazie..." Riesco a dire solo questo dopo essermi voltata e aver incontrato i suoi occhi.
"De nada...sapevo che in campo si portano solo i tacchetti, non i tacchi a spillo...in un contrasto sarebbero un arma pericolosa..." Dice, quasi sibilando al mio orecchio, con lo sguardo ancora tagliente ma lievemente addolcito da un sorriso sardonico.
Cerco di sfilare lo stivale dal terreno ma senza successo, il malefico stiletto si è conficcato quasi totalmente nell'era morbida peggiorando la situazione.
"Stai ferma! Ci penso io..." Lo dice come un ordine e con un filo di "compassione" tipica del maschio che trova le scelte d'abbigliamento delle donne perennemente inadatte alla situazione. Non gli rispondo e rimango ferma, forse ha ragione e comunque non ho molta scelta.
Lui si china, quasi inginocchiandosi ai miei piedi, prende il mio piede e con sicurezza estrae il tacco dal terreno.
Qualcuno si accorge che siamo rimasti indietro tra cui la dirigenza e Gonzalo che si è fermato a godersi tutta la scena e non può trattenersi dal commentare.
"Hermano, non credevo che fossi già pronto per una dichiarazione d'amore alla dottoressa...l'anello almeno l'hai portato?....ahahaha"
La battuta ha l'effetto di far fermare tutti voltando lo sguardo nella nostra direzione. Vorrei sparire. Vorrei che il buco fatto dal mio tacco si aprisse in una voragine per inghiottirmi. Ma ovviamente nulla di ciò accade.
Tutti se la ridono, chi più e chi meno.
"Scusate, ho messo i tacchetti sbagliati stamattina..." Dico per sdrammatizzare, con un sorriso di plastica e la voce da scema.
Ma Gonzalo è implacabile.
"No se preocupes ...es Paulo che no resiste al colpo di tacco !" E via risate collettive
Lo sento imprecare a bassa voce, con nomignoli spagnoli non proprio edificanti per il pipita.
"Pedazo de idiota...se volevi migliorare la situazione non ci sei riuscita!" Mi dice piano.
"Me ne sono accorta..."
"Gonza, lo sai che sono un gentiluomo..." Gli risponde facendo finta di niente mentre mi aiuta salire  sulla parte lastricata del vialetto.
"Claro Hermano ! Claro!!" Risponde Gonzalo andandosene verso lo spogliatoio.
Riprendiamo tutti a camminare, io compresa, prima di raggiungere gli altri lo ringrazio di nuovo.
"Grazie dell'aiuto..." Gli dico mentre mi passa davanti e va verso la porta dello spogliatoio si volta solo un attimo per rispondermi:
"...poi dici che il principe azzurro non esiste!"
E se ne va. Lasciandomi confusa e perplessa ma soprattutto, in collera con me stessa.

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