Precipizio

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Mentre mi preparo ad uscire dal mio ufficio qualcuno bussa alla mia porta e la testa di Pavel fa capolino oltre il battente.
"Dottoressa la disturbo?"
"No, assolutamente...prego"
Entra e dopo essersi seduto davanti alla mia scrivania mi chiede conto della situazione degli infortunati.
Il mio corpo è ancora invaso dalle endorfine che il piacere ha riversato nel mio sangue e la mia mente non è ancora tornata totalmente lucida, presa nelle immagini vietate ai minori che continuano a scorrere come un film.
Con uno sforzo cerco di concentrarmi sui dati che devo comunicargli. Inizio a parlargli in maniera inaspettatamente fluente e chiara, lui come sempre mi ascolta e mi osserva con grande attenzione, concentrandosi su ogni particolare che dico, facendo domande per avere chiarimenti.
Quando arrivo alla fine della mia esposizione è passata più di mezz'ora da quando Pavel ha occupato il posto di fronte al mio.
Sembra soddisfatto di quello che gli ho detto e dopo un breve cenno di assenso si alza e si avvia verso la porta.
"Grazie dottoressa, come sempre ha fatto un eccellente lavoro."
"Grazie. Cerco di fare del mio meglio" rispondo
"La società ci tiene a ringraziarla anche per il soccorso prestato alla madre del sig.  Dybala. Ha dimostrato grande prontezza e...molta disponibilità...spero che non sia costretta a breve a ripetere l'esperienza, soprattutto contando il lavoro impegnativo che svolge anche in ospedale..."
Non so cosa rispondere. Sinceramente rimango spiazzata e sento un calore improvviso salire alle guance.
Non mi stupisce che sia al corrente di tutto, forse mi lascia perplessa il fatto che mi ringrazi per una cosa che in fondo fa parte del mio lavoro.
"Beh, non proprio tutto faceva parte del tuo lavoro.." Bisbiglia sarcastico il mio omino.
Le sue parole hanno l'effetto immediato di moltiplicare il calore che sento sulla faccia.
"Ho fatto quello che ritenevo giusto signor Nedved...per me la salute di un paziente viene prima di tutto..."
Lui alza la mano per fermarmi.
"Non si deve giustificare...è stata scelta anche per la sua dedizione al lavoro...le auguro una buona serata."
"Grazie. Anche a lei"
La porta si richiude e sento il desiderio di sparire.
La dedizione al mio lavoro, certo, direi che mi ci sono dedicata anima e corpo in questi giorni!
"È hai fatto bene!" Risponde l'invertebrato.
Non sto ad ascoltarlo, ho bisogno di uscire da qui, prendere aria, prendermi spazio.
Raccolgo la mia borsa, mi infilo il piumino e mi dirigo all'uscita.
Lo spogliatoio davanti a cui transito e silenzioso, forse i ragazzi sono già usciti. Cammino spedita verso la porta che immette sul retro del parcheggio dove ho posteggiato l'auto.
Novembre sta portando con se giornate più corte e la luce della sera si sta stemperando verso il buio anche se sono poco più delle cinque e mezza.
Il parcheggio si è quasi svuotato. Le poche auto rimaste sono abbastanza distanti tra loro, tranne la mia è quella di Paulo, separate dalla cinquecento di Alicia.
Mentre cerco le chiavi dell'auto nella borsa mi sembra di percepire la sua voce, ma forse è solo suggestione, dopo quello che c'è stato non molto tempo fa i miei sensi tendono a cercarlo ovunque e pure ad immaginarlo quando non c'è.
Con il telecomando dell'auto in mano faccio qualche passo verso il mio mezzo, ma poco prima di uscire dalla tettoia  che copre l'ingresso dello stabile sento ancora la sua voce è questa volta ho la certezza di non averla immaginata.
Mi guardo intorno per vedere dove si trova, la voce sembra provenire da sinistra ed è verso quella direzione che mi muovo.
Dietro l'angolo dello stabile intravedo la sua figura, vestita di scuro. Faccio un passo indietro per non farmi vedere. Capisco che sta parlando con qualcuno ma dalla mia posizione non riesco a vedere di chi si tratta.
Mi sposto leggermente verso destra, facendomi scudo con una colonna del portico della facciata.
"Perché sei venuta qui oggi?"
La sua voce è nervosa e aspra, dal punto in cui mi trovo riesco a scorgere la figura di Antonella.
"Lo sai perché..."
"Sei stata scorretta! Cazzo! Non potevi agire in un altro modo?"
"Non mi avresti ascoltato!" Risponde lei calma
"Non è vero! Lo sai benissimo...ti avrei ascoltato per forza! Quando sono tornato in Argentina non avrei dovuto ascoltarti! Questo sì!"
"Quale delle due volte,di precisamente non avresti dovuto?"chiede lei sibillina
"Non fare la stronza con me! Ti conosco fin troppo bene..."
"Posso dire altrettanto...in tutti i sensi oserei dire..."
"Molto spiritosa! Non ti sopporto quando fai così...non avevi bisogno di mettere di mezzo..."
"Oh, sì che ne avevo bisogno...ieri sera sei sparito dietro alla "dottoressa"...l'unico medico che ha bisogno di farsi soccorrere da un calciatore...cos'è aveva perso la strada di casa? Oppure non sapeva che medicinali prendere?...ma sono certa che tu hai sputo curarla...sappiamo che non perdi mai un occasione per "aiutare" una donna..."
"Non sono affari tuoi...non ti riguarda quello che faccio..."
Continuo a restare nascosta dietro alla colonna, fuori dalla loro vista ma dove posso sentire e vedere tutto.
Il mio campanello d'allarme ha ripreso a suonare e stavolta non posso far finta di niente.
Lei scoppia in una risata che ha qualcosa di sinistro.
"Adesso sì che ti stai sbagliano! La cosa mi riguarda eccome..." Dice lei con voce chiara e sicura.
"No! Invece non ti riguarda...non mi fido di te!...e tu non devi interessarti a quello che faccio, sono fatti miei..."
"No tesoro! Ti sbagli, sono anche fatti miei visto che aspetto tuo figlio!!! In fondo lo hai sempre voluto un bambino no? Lo abbiamo cercato un sacco di volte quando stavamo insieme...e molte volte sembrava fosse arrivato poi, era sempre un falso allarme..."
In questo momento capisco il significato del detto "sentire il mondo che ti crolla addosso".
La mia mente registra ogni parola, ma soprattutto registra il fatto che Antonella è incinta, lei aspetta un bambino e lo aspetta da Paulo. Per un istante non vedo più nulla se non nero, solo nero.
"È vero, ma era un momento diverso Antonella! Stavamo insieme, credevamo di volere le stesse cose...ma non era così...non è più così...non per me..."
"Non per te! Ma per me si! Voglio questo bambino! Non abortirò per lasciarti andare con la tua "dottoressina"...non l'ho fatto da sola questo figlio, c'eri anche TU...anche se eri nervoso perché avevi litigato con lei probabilmente...credi che non lo avessi capito? Non sono così scema! So che sei venuto a cercarmi solo per sfogarti...altrimenti mi avresti scopato nel bosco il pomeriggio invece di presentarti da me la sera..."
"È stato un cazzo di errore!" La sua voce si è alzata, lo vedo mettersi le mani nervosamente nei capelli.
"Avresti dovuto dirmi che non prendevi più la pillola!!! Cazzo! Avrei usato il preservativo..."
"Ti ricordo che l'hai usato! La prima volta...ma non la seconda...non sei mai stato molto attento a queste cose..."
Un altro macigno cade sulle mie spalle. Vorrei che la terra mi inghiottisse. Vorrei che una voragine si aprisse sotto i miei piedi. Vorrei che qualcosa mi dissolvesse, mi portasse via, lontano.
"Basta Antonella! Ti ho già detto che riconoscerò il bambino...non sono un irresponsabile...per quanto riguarda noi...non ho niente da aggiungere..."
"Allora preoccupati di dire a tua madre che non vuoi crescere tuo figlio con la persona con cui l'hai concepito!"
Quelle parole mi danno il colpo di grazia. Decido all'istante di andarmene, di non sentire nient'altro, in fondo ha poca importanza ciò che continueranno a dirsi.
Appena faccio un passo per dirigermi al parcheggio mi scontro con Alicia che viene dalla parte opposta.
"Caterina scusami! Ero soprappensiero non ti ho vista..." Mi urta è confusa come sono, barcollo e vado a sbattere contro la colonna.
La figura di Paulo entra subito nel mio campo visivo.
"Caterina..." Il suo viso si è fatto più pallido, nei suoi occhi vedo un panico misto all'angoscia, ha capito immediatamente che ho sentito la sua discussione con Antonella, forse in cuor suo spera che non abbia sentito tutto e forse si sta chiedendo fino a che punto ho capito ma lo sguardo che gli lancio leva ogni possibile dubbio.
"Non preoccuparti Alicia, non è colpa tua, non ti ho visto nemmeno io arrivare...stavo andando alla mia auto...sono già in ritardo per l'ospedale"
"Oh, mi dispiace" dice lei.
Nel frattempo ho ripreso in mano le chiavi dell'auto e sto muovendo il primo passo per dirigermi alla macchina.
La mano di Paulo tocca il mio braccio e io mi volto di scatto incrociando i suoi occhi pieni di terrore.
"Hai detto che eri libera stasera..." Dice a voce bassissima
"Mi sono sbagliata...credo di essermi sbagliata su molte cose oggi.."
Sposto il braccio dalla sua mano e mi incammino, con un passo più sicuro e certo di quello che avrei mai pensato, nonostante i mille pezzi che sento dentro, riesco a salire in auto fingendo una tranquillità che sono ben lontana dall'avere.
Una volta in strada, lasciato lo Juventus center  alle mie spalle, continuo a guidare come un automa.
In testa continuano a rimbalzarmi le parole di lei:"ti ricordo che l'hai usato...la prima volta...di a tua madre che non vuoi crescere il bambino con la persona con cui l'hai concepito..." E le parole di lui "ti ho detto che riconoscerò il bambino...non sono un irresponsabile..."
E di nuovo le parole continuano a saltare e rimbalzare come se la mia mente fosse fatta di pareti di gomma, "bambino", "due volte", "non abortirò"..."bambino", "bambino", "bambino"..."BAM-BI-NO".
Nient'altro entra nella mia testa per tutto il tragitto. Niente. Avrà un bambino. Diventerà padre. Con me, questo non sarebbe mai successo.
Nemmeno per sbaglio avremmo potuto concepire un bambino. Nemmeno se avessimo voluto. Nemmeno se ci fossimo scordati ogni precauzione, come in effetti è successo. Mai, non avrebbe mai potuto accadere e infatti non è successo e non suderà .
Mi accorgo di essere davvero arrivata all'ospedale, inconsciamente ho fatto ciò che ho detto, sono venuta da Isabella, anche se è vero che non sono di turno, ma chi se ne frega! Qui mi sento a casa, sono al sicuro e posso essere utile.
Spengo il motore nel parcheggio esterno riservato ai visitatori, come il primo giorno in cui l'ho incontrato, come quando la mia macchina mi ha lasciato in panne e sono finita a casa sua...come all'inizio, anche se ora invece, è la fine.
Scendo e vado dritta all'ingresso. Passo davanti al bar ma non mi fermo, salgo in ascensore e vado dritta su, in rianimazione.
Come ho potuto credere che ci fosse un noi? Come ho potuto pensare di coinvolgerlo nella mia vita? Come ho potuto credere che quella storia, ammesso che sia mai esistita potesse avere un futuro?
"Ma come ha potuto lui scoparsi lei? Non c'è lo vogliamo mettere?" Dice il mio omino che fino a ora ha preso a calci e pugni una sagoma da box con le sembianze di Paulo.
"Non ha importanza! Non stavamo insieme, non siamo mai stati insieme..."
"Come no?  È quello che hai deciso ieri sera?"
"Ieri sera non esiste. È già passato...non può essere futuro..."
"No! No! No! Non puoi pensare così! Non puoi tornare a pensare che tu sei vuota...che"
"INVECE SI! Cazzo!!! La dura realtà è questa! Io sono sterile! Un involucro di donna! Lei ha poco più di vent'anni! Sai quante possibilità ha una donna a quel l'età di rimanere incinta anche se non vuole? Infinite! È infatti c'è rimasta"
"Si, è incinta ok, ma l'ha fatto con l'inganno! Lui non vuole un figlio da LEI!!!!"
"Ma lo avrà! Fine della storia!"
Le porte dell'ascensore si aprono sull'atrio silenzioso della rianimazione, in quel preciso istante il mio telefono vibra segnalando un messaggio.
Lo prendo senza pensare, ma appena vedo che è lui a scrivere non vorrei averlo fatto.
Apro senza pensarci.

L'altro battitoWhere stories live. Discover now