"Non lascairmi da solo..."

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Per attendere i risultati delle analisi e la prescrizione medica passano più o meno 2 ore.
Due ore in cui Paulo non lascia Alicia un secondo. Seduto di fianco a lei le parla sottovoce e lei nello stesso tono gli risponde.
Io resto fuori da quella bolla famigliare, osservo la scena da oltre la porta chiusa della sala emergenza attraverso il vetro rettangolare inserito nel battente.
Non voglio disturbare quel legame così forte, così unico e esclusivo. Io non ho mai potuto avere questa esperienza, ero troppo piccolo quando mia madre è morta, di lei non ricordo quasi nulla, anzi proprio nulla. L'unica cosa che posso paragonare a ciò che ho davanti è il rapporto che ho avuto con mia nonna, anche negli ultimi tempi, in cui stava veramente male.
Scuoto la testa, inutile pensare al passato. Sono trascorse le undici di sera, Alicia sta meglio, il dolore è notevolmente diminuito, mi rendo conto che non ho mangiato, e il mio stomaco si fa sentire, penso che probabilmente anche Alicia e Paulo dovrebbero avere fame.
Entro nella sala senza far troppo rumore ma Paulo è Alicia si accorgono immediatamente della mia presenza. Lui si alza in piedi e lei mi guarda con un misto di gratitudine e tenerezza.
"Come va Alicia? Come ti senti?" Le chiedo
"Meglio...molto meglio ti ringrazio tanto..."
"Non ho fatto niente di particolare, deve ringraziare la dottoressa Bernanrdi"
"Ringrazierò anche lei..."
"Non hai mangiato niente Alicia, ti va di provare a buttare giù almeno un po' di liquidi? Anche tu Paulo...posso farvi portare qualcosa..."
"Io non ho fame, ma tu mamma dovresti mangiare..." Dice Paulo con dolcezza.
"Non ho appetito Paulo"..
"Sarebbe meglio che mangiassi qualcosa Alicia, anche un tè con biscotti, hai preso molti farmaci, restare a stomaco vuoto non è una buona idea..."
"Dai mamma..."
"Va bene, un tè..." Cede lei alla fine.
"Ora te lo porto subito...Paulo, sei sicuro..."
"No, grazie sto bene"
Esco diretta alla sala personale. Preparo un vassoio con una tazza di tè per Alicia e dei biscotti che non mancano mai tra noi medici e infermieri. Penso che anche Paulo dovrebbe mangiare, ma qui c'è poco per lui.
Vedo che c'è della frutta, così prendo un kiwi, una mela, una banana e una arancia. Taglio tutto a pezzi e lo metto in una ciotola di plastica con un cucchiaino dello stesso materiale, ne preparo una anche per me.
Metto tutto sul vassoio, aggiungo una bottiglietta d'acqua e mi avvio a tornare nella sala.
Loro sono ancora lì, non parlano ma si tengono per mano e la cosa mi fa provare uno strano senso di calore e di famiglia.
"Eccomi Alicia!"
Prendo un carrello per poggiare il vassoi, alzo la barella in posizione quasi seduta, lei fa una piccola smorfia ma è tutto nella norma.
"Grazie dottoressa" mi dice
"Ma non ci davamo del tu?" Le rispondo sorridendo, questa donna mi fa stramnamente sentire a mio agio.
"Si, hai ragione...Caterina"
"Prova a bere un po' di tè e di biscotti, gli zuccheri ti aiuteranno a sentirti meglio, lo so che non hai fame ma fai un piccolo sforzo." Le dico
Prendo la ciotola con la frutta e la porgo a Paulo, insieme alla bottiglietta d'acqua.
"Questo è per te...mangia e non fare storie, non voglio che domani arrivi all'allenamento disidratato!"
Lui prende con un sorriso la ciotola dalle mie mani, sfiorando le mie dita con le sue, Alicia ci guarda, ma non dice nulla, non credo pensi a qualcosa tra noi, in fondo sono il medico della squadra.
Anch'io prendo la mia frutta e faccio per uscire dalla stanza e lasciarli nella loro intimità.
"Dove vai Caterina?" Mi chiede Alicia
"Vi lascio mangiare in pace...se hai bisogno di me, sono qui fuori..."
Lei guarda Paulo come a dire " non dici niente?" e lui che conosce quello sguardo da tutta la vita non può tacere.
Mi guarda con un sorriso leggermente sornione ma fondamentalmente dolce.
"Perché non resti con noi? Mangiare da soli è triste..." Dice con un tono calmo
"Volevo lasciarvi la vostra privacy...pensavo..."
"Non dovresti pensare troppo...resta"
La battuta ha chiaramente più di un senso ma credo sia arrivato solo a me e non mi proccupo più di tanto.
"Va bene, rimango..."
Torno vicino alla barella di Alicia e Paulo fa il giro porgendomi la sua sedia.
"Grazie..."
"È un piacere..."
Mi siedo ma prima di iniziare a mangiare la mia pseudo macedonia aspetto che lei provi a inghiottire qualcosa.
Anche Paulo la guarda. Vedo passare nei suoi occhi, tenerezza, affetto, amore filiale è un fondo di tristezza misto a paura.
Alicia inizia a bere il suo tè, io e lui ci guardiamo e all'unisono decidendo che può andare e possiamo mangiare anche noi.
Inizio a piluccare la mia frutta e Paulo fa lo stesso. L'atmosfera è più rilassata. Mentre mangiamo il telefono di Paulo squilla.
Mi volto leggermente a guardarlo mentre estrae dalla tasca il telefono.
"È Moreno...vado fuori a rispondere..."
"Digli che sto bene...non farlo preoccupare"
Facendo segno di assenso con la testa esce, dopo aver appoggiato la ciotola è preso la bottiglia d'acqua.
"Sono così lontani...si preoccuperanno tanto..." Mi dice Alicia con aria intristita.
"Non è facile...ma vedrai che Paulo li rassicurerà..."
"Si, su questo non ho dubbi, le parole non gli sono mai mancate...anzi...se non avesse fatto il calciatore sarebbe diventato qualcuno che con le parole ci doveva vivere...era molto bravo a scuola sai?" Mi chiede
"Davvero? Non lo sapevo..." Dico trattenendo un po' di curiosità.
"Si! Non studiava mai, ma aveva sempre ottimi voti...nelle interrogazioni gli insegnati dicevano che aveva delle ottime capacità di...come si dece...quella di saper parlare...."
"Capacità oratorie..."
"Si, quelle...anche se non sapeva bene le cose, riusciva sempre a portare il discorso dove voleva e a cavarsela...hahah...quando fu preso nell'institudo, nella prima squadra, volevano che lasciasse la scuola...io mi sono impuntata! Con Adolfo e i suoi fratelli...o finiva la scuola oppure finiva anche con il calcio! Ti immagini se avesse smesso di giocare?!"
Sorride ai ricordi, mi fa piacere vederla più serena.
"Beh, la parola non gli manca nemmeno ora..." Dico. E lei ride facendo ridere anche me.
In quel momento lui rientra, porge alla madre il telefono, Moreno e Gustavo la vogliono sentire, lei inizia a parlare in un veloce e stretto spagnolo che non riesco a seguire, così guardo Paulo e torno a mangiare la mia frutta.
Alicia chiude la chiamata e rida' al figlio il telefono. Mentre lo rimette in tasca ci guarda.
"Cosa avevate da ridere? Non stavi parlando di me vero mamma?" Chiede con sguardo leggermente preoccupato alla madre.
"Stavamo chiacchierando...tra donna! Non sei sempre il centro di un discorso hijo mio!"
Lui solleva un sopracciglio mentre a me viene da ridere e quasi mi strozzo con un pezzo di mela.
"Tua madre ha ragione...tendi a voler essere sempre al centro dell'attenzione..." Dico facendo fatica a trattenere una risata.
"Ah aha ah...molto simpatiche! Entrambe!"
Non dice altro e riprende la sua frutta.
Mentre sto finendo l'ultimo pezzetto di mela, Anna si affaccia alla porta per chiamarmi, mi alzo velocemente e la raggiungo, sentendo lo sguardo di Alicia e Paulo sulla mia schiena.
"Sono arrivate le analisi del sangue, tutto regolare..."
Sento il cuore diventare più leggero.
"Questo è il foglio di dimissioni e qui ci sono le prescrizioni che devi seguire scrupolosamente, ma non c'è bisogno che te lo dica...in questa busta c'è tutto: antidolorifico, anti coagulante, anti infiammatorio, tachipirina in caso di febbre...
Tieni controllata pressione e battito. Mi aggiorni ogni mattina e ogni sera ok? Ti voglio attaccata a quella donna ogni istante...facciamo 48 massimo massimo 72 ore, se il versamento non si assorbe in questo lasso di tempo dovrò operarla! Non devo aggiungere altro vero?"
"No, tutto chiarissimo." Rispondo
"Perfetto...per quanto mi riguarda potete andare...ci sentiamo domani sera, se ci sono problemi chiamami prima...buon lavoro"
"Anche a te. Grazie"
Prendo tutto quello che mi ha preparato e torno in sala emergenza.
"Sei dimessa Alicia! Vado a prendere la macchina mentre ti prepari, fai con calma...poi andiamo a casa, ok?"
Entrambi mi fanno cenno di sì con la testa.
"Hai detto andiamo a casa?" Mi sibila l'omino
"Sì perché?"
"Ma non stai andando a casa tua..."
"La loro si...mi riferivo a quello...sei sempre troppo malizioso"
Raccolgo tutto quello che ho dalla sala personale, mettendo le medicine e il referto nella mia valigetta, ho solo voglia di uscire dal pronto soccorso.
Mentre mi infilo il piumino mando un messaggio anche a Nedved per dirgli che Alicia sta uscendo, le analisi sono negative e ora ci dirigiamo verso casa.
Mi risponde subito chiedendomi di tenerlo aggiornato.
Accendo la macchina e mi posizione vicino all'ingresso del pronto soccorso, il mio tagliando da medico esposto sul cruscotto mi permette di sostare così vicino.
Rientro, aiuto Alicia a scendere dalla barella e a coprirsi perché fuori fa freddo e ha iniziato a piovigginare.
Io e Paolo la sosteniamo, ma preferisco che si sposti su una sedia a rotelle, e' troppo debole per camminare.
Paulo spinge la sedia fino all'ingresso dove lo precedo per aprire la portiera del passeggero e aiutarlo a far salire sua madre.
Stendo il sedile in modo che non debba stare completamente seduta.
"È tanto tempo che non ho tutte queste attenzioni..." Dice Alicia con un sorriso un po' tirato.
"Mamma! Vorresti dire che ti trascuro?!" Chiede Paulo fingendosi scandalizzato.
"No, hijo mio...era una battuta"
Faccio il giro dell'auto e mi metto al volante, Paulo si è seduto sul sedile posteriore. Sono contenta di lasciare il pronto soccorso anche se i giorni che mi aspettano sono in realtà un incognita è tutti sanno che non amo ciò che non conosco. Non mi importa, alla fine devo fare il mio lavoro, il medico, quindi è qualcosa che so gestire.
La strada scorre quasi in silenzio, qualche parola di Alicia, qualche risposta di Paulo, tutto in spagnolo, io resto concentrata sulla guida.
Quando arriviamo a casa è passata la mezzanotte. Parcheggio l'auto oltre il cancello che Paulo ha aperto con il telecomando. Entriamo dal retro dello stabile.
L'ascensore è già a disposizione, così Alicia fa pochi passi e saliamo.
Entrare nell'appartamento mi da una strana sensazione di familiarità , anche se non è casa mia.
Forse è dovuto al fatto che ormai conosco questo ambiente , ma in fondo, che importanza ha? Dovrò comunque restare qui per tre giorni.
Accompagno subito Alicia in camere, in quella che è la stanza degli ospiti. Deve stare il più possibile a riposo.
"Ti aiuto a cambiarti Alicia?" Le chiedo con naturalezza
"Oh Dios! Ma non sei qui per farmi da badante..." Si vede che è in imbarazzo
"Vuoi che ti aiuti Paulo? Per me non è un problema"..
"No! Paulo no! Non voglio..."
"Ho capito perfettamente...non preoccuparti e non essere imbarazzata, tanto sarò il tuo medico personale per almeno tre giorni! Approfittane!" Le dico ridendo e lei fa altrettanto.
Vado in salone a levarmi il piumino, Paulo si avvicina.
"Posso aiutarti in qualche modo?" Lo dice con un filo di imbarazzo
"Aiuto tua madre a mettersi a letto...c'è la facciamo da sole tranquillo..."
Lui mi guarda con la sensazione di sentirsi inutile, ma non posso occuparmene ora.
Venti minuti dopo Alicia e stesa nel letto, le provo la pressione prima di lasciarla.È un po' migliorata ma lei è veramente stanca e i farmaci le mettono sonnolenza, la saluto e la lascio riposare, magari la controllerò più tardi. Anche Paulo la saluta con un tenero bacio sulla fronte.
Di ritorno nel salone sento la stanchezza piombarmi addosso d'improvviso.
"Sarai stanchissima..." Dice lui guardandomi
"Non sono un fiore...ma sono stata peggio..."
"Grazie per tutto quello che hai fatto è che stai facendo..."
"È il mio lavoro..."
"Restare qui per tre giorni non fa parte del tuo lavoro..."
Sorrido e basta. La prospettiva non mi sembra così tremenda.
"L'unica camera degli ospiti è occupata da mia mamma..."
"Posso dormire su questo fantastico divano! È comodissimo, non preoccuparti..."
"No, dormo io sul divano...tu dormi in camera mia..."
"Paulo non c'è problema, da qui poi sentirò meglio tua madre se avrà bisogno di me...mi basta una coperta."
"...come vuoi...sono troppo stanco per discutere..."
"Appunto! Vai a riposare è già tardi..."
LUi si alza e se ne va, stranamente senza ribattere o dire altro. Penso che sia davvero troppo stanco anche per fare questo.
Sola in casa decido di preparami qualcosa di caldo. Rovistando nella cucina trovo la camomilla, metto a scaldare l'acqua nel bollitore e in pochi minuti la mia tazza è pronta.
Mentre poggio il bollitore, nella penombra vedo riapparire la figura di Paulo.
Indossa un paio di pantaloni larghi, una maglia bianca, i capelli sono umidi, segno che si è fatto la doccia. Il suo profumo mi arriva al naso e di lì dritto al cervello, quel profumo che è solo suo e riconoscerei tra mille.
"Tutto bene?" Gli chiedo
Non risponde, si avvicina a me in modo che possa vederlo in faccia.
Il volto è tirato, gli occhi lucidi e preoccupati.
"Paulo stai bene?" Gli chiedo di nuovo
"Devo chiederti una cosa..." Mi dice, ma la sua voce non è ferma come al solito.
"Ma, devi dirmi la verità..." Dice ancora guardandomi
"Che c'è Paulo, dimmi?"
"Prima, quando sono arrivati gli esami di mia madre...hai detto che andava tutto bene.."
"Si, l'ho detto, certo..."
"...non mi stai nascondendo niente vero?...cioè...non c'è niente che non va....voglio dire...se ci fosse qualcosa di ....grave...me lo diresti...io...lei...lei...è la colonna della mia famiglia...io...non sono pronto a...perderla..."
Il cuore e il respiro mi si fermano in contemporanea. Vederlo così indifeso, vulnerabile, impaurito, sincero, travolge ogni mia barriera.
"Paulo..." Metto una mano sul suo viso. I suoi occhi imploranti e sull'orlo delle lacrime, mi spingono ad abbracciarlo.
Scivola tra le mie braccia in modo naturale. Lo abbraccio, gli accarezzò i capelli e lascio che poggi la testa nell'incavo del mio collo. Lo tengo stretto.
Mi sposto per guardarlo in faccia.
"Non ti direi mai una bugia di questo genere! Le analisi sono apposto, tua madre ha avuto la rottura di una brutta ciste, non ci sono segni di tumore...te lo assicuro so quello che provi ma non ti ho mentito, non potrei farlo..."
"Scusa...ma l'altra volta dicevano che era tutto apposto...poi mio padre..."
"No! Stavolta no...Paulo...le cose stanno come ti ho detto..."
Gli accarezzo il viso, quel viso misto tra uomo e bambino, incerto tra la forza di essere adulto e il ricordo di un ragazzo troppo giovane che ha sofferto.
Non pensò più a niente, non dico più niente, semplicemente le nostre labbra si avvicinano e tutto è semplice.
Il bacio che ci unisce e lento e morbido, le nostre bocche si conoscono e si muovono all'unisono.
Lascio che la mia lingua sfiori la sua quasi in una carezza, continuò ad accarezzargli il volto per tenerlo vicino a me, per non farlo allontanare, vogli dirgli che non gli ho mentito e non deve avere paura.
Le sue braccia mi stringono a lui e io mi lascio stringere perché tra quelle braccia sto meravigliosamente bene.
Si scosta lentamente da me, ma senza staccarsi del tutto. Il suo viso accarezza il mio.
"Caterina...non riesco a dormire da solo stasera....non stasera...per favore...dormi con me! Ti giuro che non ti sfioro! Credimi sono troppo stanco...ho...solo....ho bisogno di averti vicino...io...ti prometto"
"Shhhhh! Basta...vai a letto...ti raggiungo tra un secondo..."
"...fai presto" mi dice posando un bacio sulle mie labbra.
Lo guardò andare verso la camera. Prendo il mio telefono, lo metto in carica e poi mi dirigo verso ciò che mi sembra normale.

L'altro battitoWhere stories live. Discover now