Capitolo 47

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-mister ho bisogno di giocare- Gonzalo se ne stava seduto sulla sedia come se fosse piena di spine e continuava a lamentarsi con Allegri che preferiva tenerlo in panchina lasciandogli il tempo che gli spettava per rimettersi in sesto. Era solo mercoledì e  il Pipa era stato dimesso ieri nel pomeriggio a seguito dell'intervento che aveva subito lunedì mattina.

-Higuain statti zitto dieci secondi, per l'amor di Dio- Allegri si era alzato e si era allontanato dalla panchina, dirigendosi verso il campo e seguendo da molto più vicino gli esercizi fisici che stavano facendo gli altri.

Gonzalo si stava alzando per seguirlo ma feci in tempo ad afferrargli un lembo della felpa; si voltò nella mia direzione e gli feci segno di tornare seduto.

-anche tu la pensi come lui?- mi chiese quasi allibito

-no, ma se continui ad importunarlo così non otterrai nulla, fidati di me quando ti dico che ti conviene far finta che non ti interessi giocare la partita- i maschi erano facili da capire, bastava che lasciassi loro del tempo per rifletterci su, non appena si accorgevano che di aver perso il guinzaglio del cane, tornavano indietro come delle saette.

-ma io voglio giocare la partita- questo lo avrebbero capito pure su Marte

-lo so, ma la situazione è questa e se continui a ronzargli intorno lo metterai di cattivo umore e non ti farà giocare- poggiai la mia testa sulle sue spalle e gli accarezzai la schiena confortandolo.

-mi aspettano Gwen, e non posso tirarmi indietro come un codardo- sapevo anche questo e lo capivo perfettamente perchè quella non sarebbe stata solo una partita, non quando il Napoli era la prima in classifica e aveva gettato merda non solo sulla squadra ma soprattutto su Higuain.

-tu fai i tuoi esercizi e mantieniti allenato, fai il tuo e non infastidirlo che il resto verrà da se- in campo i ragazzi correvano veloci nonostante la pioggiarellina iniziasse a diventare particolarmente fastidiosa.

-sai che ha perso la testa per te vero?- entrambi guardiamo Paulo e dentro di me forse qualche consapevolezza iniziai ad avercela ma l'idea che una persona bella e pura come lui possa volermi a suo fianco è ancora qualcosa che fatico a realizzare.

-è la cosa che più mi spaventa-  non saper anticipare le mie azioni nei suoi confronti.

Il Freddo a Torino era tagliente, di quelli che ti costringevano ad indossare della calzamaglia sotto i jeans, altrimenti saresti potuto rimanere congelato. Portavo con me un cappellino di lana e un paio di guanti con la quale evitavo che mi venissero i geloni alle mani , al mio fianco Gonzalo sembrava non patire il freddo con la sua misera felpa nera della nike e un paio di pantaloni neri che a stento gli coprivano le caviglie.

-eccoti piccolo pinguino- Paulo si abbassò a baciarmi la punta del naso e poi la fronte, io gli porsi il cappotto che indossò immediatamente, salutando poi Gonzalo che ci guardava sorridenti.

Erano come fratelli che si erano ritrovati insieme a dover vivere lontano dagli affetti, molte cose le accomunavano e dentro il mio cuore speravo che tra quelle cose ,il mio volto avesse un piccolo spazio.

-bro, ti va di venire a pranzo con noi?- gli chiese gentilmente Paulo, fallendo come me che ci avevo provato almeno due ore prima.

Non sapevo bene cosa facesse chiuso tra le mura della sua enorme casa, ora che i suoi fratelli erano ritornati a casa loro e che aveva rifiutato gli inviti di tutti, persino di Lara che si era offerta volontaria di cucinargli un piatto di pasta. Stava attraversando un periodo non molto felice e il fatto che escludesse tutti, facendosi carico di tutti i problemi e cercando nella vana impresa di riuscire a risolverli da solo, mi faceva preoccupare parecchio.

Fino Alla FineOù les histoires vivent. Découvrez maintenant