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La vita di Jimin non era stata delle peggiori, ma non era stata neanche delle migliori. Certo, ora la sua vita non andava benissimo, ma si era stabilizzata, rispetto al passato.

Park Jimin era nato in una famiglia agiata, una famiglia amorevole e sempre sorridente. Vivevano in una bella casa a Busan, vicino al mare. Suo padre era un impiegato, sua mamma faceva la casalinga, lo stipendio del padre era abbastanza per portare avanti l'intera famiglia senza problemi.

Jimin era un bambino felice. Era sempre stato molto amichevole e i suoi genitori l'avevano sempre circondato di coccole e tanto amore, sia lui, sia suo fratello minore, di pochi anni più piccolo.

La sua infanzia era stata serena e con tanti bei ricordi. E anche parte della sua adolescenza.

Ma poi, la sua vita perfetta era andata in frantumi. C'era un episodio nella vita del ragazzo, una sorta di evento spartiacque, che aveva segnato il picco verso il basso, verso il buio.

Suo padre aveva perso lavoro, all'improvviso. I loro soldi pian piano erano finiti ed erano stati costretti a vendere la loro casa per andare a vivere in un monolocale abbattuto in periferia.

Sua madre aveva dovuto rimboccarsi le maniche e trovare un lavoro part time, cercando di conciliare il lavoro a casa con il lavoro fuori. Suo fratello minore non aveva avuto la possibilità di frequentare lo stesso istituto che aveva frequentato lui, ormai diciassettenne, quando erano andati in bancarotta, accontentandosi di frequentare una scuola che non era quella dove sognava di andare da tempo ormai. E a Jimin non rimaneva che aiutare in qualche modo la sua famiglia, applicandosi per lavoretti qui e là.

Su suo padre non si poteva contare. L'uomo aveva visto togliersi tutti i suoi beni, aveva visto sua moglie fare il doppio del lavoro che faceva in passato, aveva visto suo figlio minore essere triste e con un sogno infranto, aveva visto suo figlio maggiore tornare a casa e correre via per arrivare in tempo al suo lavoro part-time. Aveva visto la sua famiglia soccombere davanti ai suoi occhi. Ed era entrato in depressione.

Una depressione talmente forte che era sfociata in continue crisi di rabbia e pianto. Suo padre era indomabile ormai, chiuso all'interno del suo mondo, costantemente a riempirsi di colpe, a chiedersi quale fosse stato il suo sbaglio. E da quel momento, Jimin non aveva più visto la sua famiglia come prima. Niente più sorrisi, niente più carezze, niente più amore. Sua mamma aveva perso la luce di un tempo, suo padre era diventato apatico, suo fratello barcollava tra il sapere e il non sapere cosa stesse succedendo, forse non essendone davvero a conoscenza o forse, facendo finta di non sapere, per soffrire di meno. La serenità e l'armonia di un tempo, distrutta per sempre.

Le cose erano iniziate ad andare un po' meglio quando Jimin aveva deciso di andare all'università. Avrebbe dovuto pagare i suoi studi a Seoul, ma essendo un ragazzo da grandi talenti quale era, non ci sarebbero stati problemi, per lui. E infatti, una volta trasferitosi a Seoul, tra la danza e il disegno, il ragazzo riusciva a guadagnare abbastanza soldi per pagarsi gli studi, vivere nella capitale e addirittura inviare una minima parte alla sua famiglia.

Si era sentito in colpa per aver lasciato la sua famiglia lì, ma Jimin non l'aveva di certo abbandonata, anzi. E poi, a loro avrebbe fatto anche comodo avere un po' di spazio in più in quella catapecchia in cui vivevano e una bocca in meno da sfamare, anche se non l'avrebbero ammesso mai. Perché in fin dei conti, la sua famiglia amava Jimin, così come il ragazzo amava la sua famiglia. Spesso tornava a Busan a trovarli, trovando una ruga in più sul viso di sua madre, un capello in meno sulla testa di suo padre e un livido in eccesso sul viso del fratello.

E Jimin sospirava e malediceva quel giorno in cui tutto era andato in frantumi.

Suo padre non gli aveva mai spiegato bene la situazione, ma lui non era stupido e aveva capito tutto.

S T I G M A ; taekookWhere stories live. Discover now