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Quando Jimin aprì gli occhi, la prima cosa che vide fu il buio. Poi, un brivido gli percorse tutta la schiena, facendolo stringere in se stesso. Si guardò intorno, notando il posto in cui si trovava.

Era una prigione, così avrebbe descritto l'ambiente il ragazzo. O meglio, avrebbe detto che sembrava una vera e propria prigione medievale.

Pavimento e pareti erano di pietra scura, con una piccola finestra che lasciava intravedere il cielo ormai scuro, segnando che la notte oramai era calata. C'era un materasso a un lato della stanza, una piccola scrivania con uno sgabello ad un altro lato e di fronte a lui, c'erano delle sbarre di metallo, attraverso le quali proveniva un po' di luce che illuminava appena l'ambiente, lasciando comunque all'oscurità la maggior parte della stanza.

Il ragazzo dalla chioma arancione si addrizzò, poggiando la schiena alla parete e stringendo i denti per il forte dolore che sentiva ogni qualvolta muovesse un muscolo. Non solo era pieno di lividi, ma Jimin era quasi certo che avesse anche qualcosa di rotto.

Un rumore gli fece subito alzare il viso e guardare dalla parte delle sbarre, e solo pochi minuti dopo vide una figura davanti ad esse.

Il ragazzo assottigliò gli occhi per cercare di riconoscere la persona, posizionata contro luce, fuori dalla sua cella. Tutti i suoi dubbi svanirono quando sentì una voce bassa e profonda parlare.

«Chim» pronunciò il ragazzo, e Jimin riconobbe subito il proprietario della voce.

«Tae...hyung» disse, fermandosi in tempo dal chiamarlo con il suo soprannome. Doveva far capire al castano il suo stato d'animo, doveva fargli capire che in quel momento era fuori di sé dalla rabbia, che la loro amicizia era stata compromessa a tal punto da non poterlo chiamare più con quel nomignolo con cui lo chiamava sin dai primi giorni della loro amicizia.

«Come stai?» chiese con un filo di voce Taehyung.

«Come pensi che io stia?!» controbatté ironico l'arancio.

Il castano sospirò, poi guardò al lato della prigione, da una parte in cui il raggio visivo di Jimin non arrivava.

«Fammi entrare» pronunciò Taehyung e, qualche attimo dopo, un uomo si avvicinò alla porta della cella, prima di aprirla con una chiave e farvi entrare il ragazzo, sotto gli occhi stupiti di Jimin.

Taehyung si avvicinò all'amico, inginocchiandosi davanti a lui, prima di estrarre dalla tasca dei suoi pantaloni un fazzoletto e premerlo delicatamente contro il labbro di Jimin, che ancora non riusciva a smettere di sanguinare.

Il ragazzo dai capelli arancioni sentì l'ira prendere il sopravvento e scacciò la mano dell'amico dal suo viso.

«Jimin, io-»

«Non toccarmi» lo interruppe subito il ragazzo «Dopo tutto quello che mi hai fatto, non hai nessun diritto di preoccuparti per me. Io ti consideravo il mio migliore amico, Taehyung. Sei sempre stata la persona di cui mi sono più fidato, ti ho sempre detto tutto, ho sempre ascoltato i tuoi problemi, e tu mi hai voltato le spalle... e non ti sei neanche degnato di difendermi»

Jimin sentì un nodo in gola formarsi non appena finì di pronunciare quelle parole e distolse subito lo sguardo da Taehyung, mordendosi il labbro per evitare di scoppiare in un pianto liberatorio davanti al migliore amico.

Anche Taehyung, d'altra parte, sentì quelle parole come se fossero una pugnalata al petto e, dopo aver preso un respiro profondo, parlò.

«Non avrei mai voluto coinvolgerti in questa faccenda» iniziò il castano, sospirando, mentre Jimin non si degnava neanche di guardarlo in faccia.

S T I G M A ; taekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora