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BELLA SWIT
Sapete, i sogni non fanno parte di noi come ci hanno sempre detto i nostri genitori. Non è la magia a portarci lontano, ma siamo noi stessi che ci rialziamo da ogni sconfitta e andiamo avanti, ed è tutto calcolato: più soffri, più impari. In realtà, la magia non esiste. Esitiamo noi.

Io di cicatrici ne avevo molte. Crescere con una famiglia che non sentivo totalmente mia era dura, molto; e forse era
per questo che mi ritrovavo a piangere alle cinque  di mattina su un sasso sulle sponde del Lago Nero.
Mi asciugavo le lacrime da sola, come sempre d'altronde, e pensavo a quel poco che conoscevo di mia madre. Avrei voluto crescere insieme a lei, stringerla a me, avere i suoi consigli con i ragazzi, con le pettegole della scuola o con la prima volta che avevo avuto le mestruazioni. Sembrerò anche stupida, ma quella volta pensai davvero di star morendo: avrei voluto avere la sua mano sulla mia spalla a rassicurarmi e a sussurrarmi che stavo crescendo.
E poi avrei voluto avere mio padre. Avrei voluto che mi insegnasse qualche incantesimo da bambina, che mi portasse a vedere una partita di Quiddich e io avrei potuto fargli conoscere il calcio se non ne fosse stato a conoscenza.

Una timida alba stava nascendo all'orizzonte, riflettendo la sua luce dorata sulla superficie scura del Lago Nero. I gufi iniziavano a tornare alla guferia dopo una notte passata a ricevere e consegnare lettere. I primi uccelli e strane creature della Foresta Proibita si stavo svegliando salutando un nuovo giorno con i loro versi bizzarri e misteriosi. L'aria era frizzante e una folata di vento mattutino mi fece stringere maggiormente nel mio cappotto pesante. Le lacrime che mi rigavano il viso non facevano altro che farmi congelare maggiormente, ma non avevo intenzione di tornare al castello: avevo bisogno di sfogarmi.

Fu quando mi convinsi di essere l'unica sveglia a quell'ora della mattina, che una voce squillante piombò alle mie spalle. "Non è troppo presto per piagnucolare come una ragazzina in piena fase ormonale, Swit?" Si avvicinò e si sedette sul mio stesso sasso. "E tu, Malfoy, non dovresti stare nei tuoi sotterranei a rimuginare sulla grandissima cazzata che hai fatto ieri? Sai com'è, io non riuscirei a dormire dopo aver detto tutte quelle cattiverie" dissi voltandomi a guardarlo. I suoi occhi gelidi erano già puntati su di me, ma quella volta non percepii la loro solita malignità.
"Quando cresci in un posto ostile, la cattiveria è tutto ciò che conosci, ed essere cattivo con le persone diventa la cosa più naturale del mondo."
Rimasi sorpresa da quell'affermazione, significava che Draco Malfoy sapeva di essere uno stronzo. Tuttavia non mi lasciai abbindolare dai suoi bellissimi occhi, ne' dallo strano tepore che il suo corpo accanto al mio mi conferiva.
"È ancora peggio sapere di essere cattivo e non fare niente per evitarlo. Ti consiglierei di andartene, invece di cercare di impietosirmi con il tuo falso vittimismo!" Affermai secca tornando a guardare l'orizzonte. "Tu dai consigli a me? Mio padre è il padrone di questo posto e io posso stare ovunque voglia!" Ululò al cielo aprendo le braccia "Sei così patetica..." continuò guardandomi con aria di superiorità "credi che non mi piaccia essere così come sono? Hanno tutti paura di me ed è così che mio padre ha ottenuto il suo successo."
"È rivoltante" esternai alzandomi. Ero convinta ad andarmene, ma non feci in tempo a fare un passo che Malfoy mi trattenne da un polso. "Non andare" mormorò avvicinandosi pericolosamente al mio orecchio. "No!" Esclamai studiando il suo sguardo. Sarei rimasta se avessi saputo che non mi sarei trovata a contraddire me stressa e lui più e più volte. Avrei voluto che Draco fosse stato leggermente diverso, leggermente gentile. Dio sa quanto avrei voluto rimanere...
Tirai via il braccio e me ne andai. Lui mi seguii e mi tirò di nuovo per il braccio. Mi ritrovai a pochi centimetri dal suo viso. Era nervoso, ma non capivo perché; non capivo perché volesse così tanto discutere con me.
"Continui a far finta di essere una timida e innocua Grifondoro, ma sai benissimo di essere come me. Io e te siamo uguali e se non vuoi apprezzare la mia perfidia, almeno apprezza la tua. Sai, hanno ragione gli altri, sei strana e ostinata, ma alla fine vincerò io e tu cadrai ai miei piedi come tutte le altre." L'espressione apparentemente innocua aveva ceduto il posto al suo tipico ghigno malefico. Aveva arricciato il naso e i suoi occhi bruciavano nei miei.
Sentii le mie guance andare a fuoco, ma non per imbarazzo. La rabbia cresceva a dismisura dentro di me e capii di star perdendo il controllo. Il desiderio di schiaffeggiare violentemente quella faccia pallida e appuntita era forte, ma non abbastanza forte da accontentare la Serpeverde che dimorava in me. Tuttavia, usai la poca forza che avevo per spingerlo all'indietro e mostrare tutta la mia furia. Perse l'equilibrio, ma rimase in piedi.
"Se questa è la considerazione che hai di me, perché non te ne vai a fanculo e mi lasci stare? Perché vieni da me? Cosa vuoi? Puoi solo sognare che cada ai tuoi piedi perché non succederà mai!" Urlai per poi correre al castello. Sentii che lui era rimasto lì e aveva dato un pugno a qualcosa, probabilmente un albero.

Tornai nella camerata silenziosamente, cercando di non svegliare Ginny e andai in bagno a farmi una doccia. Piansi ancora mentre l'acqua calda mi cadeva sul volto; non riuscivo a sopportare la discussione che avevo appena sostenuto giù al Lago Nero. Era vero che tutti pensavano che fossi strana? E se anche i miei amici lo pensavano, facendo buon viso a cattivo gioco?  La mia fiducia nelle persone era pari a zero...
Misi i vestiti puliti e scesi in sala comune per fare colazione: presi un caffè amaro e un cornetto per poi dirigermi a lezione di Pozioni. I miei movimenti erano estremamente lenti e svogliati quella mattina e i miei occhi rossi e pesanti per il pianto. Feci solo un paio di minuti di ritardo, ma Piton lì considerò come "non giustificabili" ed effettivamente, lo erano. Tolse dieci punti al Grifondoro, ma non me ne importò più di tanto.

A fine lezione mi presi del tempo per sistemare le mie cose nella borsa e mi rilassai notando che ero rimasta sola insieme al Professor Piton.
I capelli mi ricadevano davanti facendomi solo innervosire maggiormente. Erano lunghissimi e ci avevo messo due anni per farli crescere. Iniziavo ad odiare quel colore rosso, non mi piaceva più e avevo avuto la mezza idea di tingerli totalmente di nero. Li tirai su con un elastico che avevo "per le emergenze" come diceva Ginny e cercai di ordinarli in una treccia alta. Il Professor Piton mi osservava divertito da dietro le grandi pagine della Gazzetta del Profeta. Io gli feci un leggero sorriso che stranamente lui ricambiò e, dopo avergli augurato buona giornata, mi diressi alla Sala Grande.

𝑺𝑬𝑴𝑷𝑹𝑬 🌹||𝑫𝒓𝒂𝒄𝒐 𝑴𝒂𝒍𝒇𝒐𝒚 Where stories live. Discover now