22. PADRE E FIGLIO

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JUNIOR

TESTA RICCIA: Beh, meglio che ti prepari. Sono in compagnia di un certo Marco Valente.

Rimasi a fissare quel messaggio per un lungo periodo di tempo. Cosa credeva di fare?! Era pur vero che le avevo chiesto di spianarmi la strada, ma non mi aspettavo quell'incontro così improvviso! Dannazione!

Le inviai quindi un messaggio per dirle di incontrarci fuori casa dei miei e mi avviai lì. Ero sicuro che sarebbe andata a finire malissimo. Le chiacchierate tra me e mio padre erano sempre state le peggiori e già prefiguravo un'altra ramanzina dopo il guaio in cui mi ero venuto a trovare inconsapevolmente. E non sapevo neppure cosa gli avesse detto testa riccia. Quella ragazza era una continua scoperta e quindi non potevo prevedere quali sarebbero state le sue prossime mosse. Non mi restava che arrivare e affrontare una bella litigata.

Arrivai a villa Valente nello stesso istante in cui la Valente Motors di mio padre parcheggiò nello spiazzale. Da essa uscì testa riccia seguita subito dopo da lui. Come aveva convinto mio padre a venire? Scesi dalla moto dopo aver tolto il casco, e mi avvicinai a loro.

'Ehi, M.J.!' Esclamò lei. Papà le diede un'occhiataccia poco amichevole.

'Mi sembrava di aver capito che lo chiamassi Marco.' Le disse rigido. Lei fece svolazzare la mano per aria.

'Ogni tanto bisogna dargli una tregua, Dottor Valente. E poi M.J. è simpatico, non trova? A lei potrei chiamarla solo M.!' Propose entusiasta.

'Fallo e non avrai più un lavoro.'

Lei sbuffò sonoramente.

'Sto tentando di esserle amica se non se ne fosse accorto, ma a quanto pare l'asocialità è la sua caratteristica migliore. Beh, non posso darle tutti i torti...'

'Non ho bisogno di "amiche", soprattutto di quelle come te. Ora, entriamo in casa. Saremo soli. Mia moglie è a lavoro e Marzia a scuola.' Disse senza neanche salutarmi. Sicuramente stava trattenendo tante brutte parole dedicate a me.

Entrammo quindi in casa, che un po' mi era mancata, e ci accomodammo nel salotto sedendoci sui divani. Papà iniziò a muovere stizzosamente le dita della mano sulla sua gamba quando posò i suoi occhi nei miei.

'Allora?' Mi esortò a parlare.

'Non so cosa ti abbia detto testa riccia.' Gli risposi. A quelle parole lui alzò un sopracciglio voltandosi verso di lei e osservando la sua capigliatura, forse per collegare il nome.

'Se si stesse chiedendo chi è testa riccia, sarei io! Lo so, poco originale...' Disse lei.

'Per una volta mi trovo d'accordo con mio figlio. Non poteva trovare soprannome migliore.' Eh? Era una specie di complimento?

'Ehi!'

'E per rispondere alla tua domanda, Marco, testa riccia mi ha solo detto che devi dirmi qualcosa.' Continuò lui.

'Ehi, ma questo è un complotto?! Mi chiamo Amina!!!'

'Non saprei da dove iniziare senza farti arrabbiare. Tanto ogni cosa che dico ti irrita.' Risposi cercando di mantenere la calma.

'Facciamo così: dimmi prima qual è il tuo problema nei miei confronti.' Propose. Mi feci una risatina.

'Ci vorrebbe tutto il giorno, papà...'

'Vuol dire che ci prenderemo tutto il giorno.' Disse serio. Uh?

'Soltanto che io tutto il giorno non ce l'ho, quindi sbrigatevi voi due!' Sentii dire da testa riccia. La ignorammo.

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