39. IL PRIVÉ

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JUNIOR

Mi sentivo vuoto e a pezzi e non sapevo neanche il perché avessi quel tipo di reazione. Forse non volevo accettare la motivazione che mi faceva stare così. Non conoscevo la delusione fino a quel momento, ma venire a sapere che l'unica donna che avesse mai riuscito a farsi posto nel mio cuore era sparita senza neanche dirmi un "ciao", mi aveva fatto capire la cosa che non volevo ancora accettare: i miei sentimenti non erano ricambiati. Vero, non mi aveva detto "ti amo" a sua volta, ma credevo che in fondo al suo cuore provasse qualcosa, e invece dopo quel gesto non avevo più alcun dubbio. E poi Rocco... chi diavolo era quel tizio e perché lei voleva sapere dove si trovasse? Era un suo ex che lei mi aveva tenuto nascosto? Era un amico, un parente? Nessuno sapeva nulla. Perciò avevo passato quei giorni successivi alla sua partenza in giro per locali a fumare, bere e sballarmi. L'alcol misto al fumo pesante mi faceva andare con la mente in posti che da sobrio solo testa riccia mi portava. Mi sentivo appagato, come se lei fosse ancora lì con me e non partita per chissà dove a fare chissà cosa senza avermi detto nulla. Non un biglietto, non un messaggio.

Quel pomeriggio avevo chiesto un altro giorno libero e mi ero rifugiato nel primo pub disponibile e già aperto per poter bere. Avevo abbandonato l'idea di cercarla, dopotutto aveva detto che andava tutto bene, no? Eppure più bevevo, più quel tatuaggio sul petto bruciava, bruciava di lei, delle sue mani, del suo tocco. Cosa mi stava facendo quella testa calda? Cosa stava combinando col mio cervello? Era come un parassita che mi si era infilato dentro pronto a farmi provare sintomi che non avrei dovuto provare da persona sana.

Ero ormai al mio terzo cocktail e la mia quarta sigaretta, quando sentii una voce alle mie spalle chiamarmi.

'Junior? Che coincidenza trovarti proprio qui!' Ci mancava solo lei a completare il mio quadro della disperazione.

'Rachele, tu eri proprio l'ultima persona che mi ci voleva oggi. Sparisci.' Le dissi diretto e senza mezzi termini.

'Sei sempre così sgarbato con me, eppure non ti ho fatto nulla...' Piagnucolò.

'L'unica cosa che fai è apparire sempre nella mia vita nei momenti meno opportuni, e fidati che questo è proprio il peggiore di quei momenti. Risparmiami la predica.' Sbottai sperando andasse via.

'Che ti succede? La tua amichetta ti ha abbandonato e ti ha lasciato tutto solo?' Iniziò a stuzzicarmi. Tirai un respiro profondo subito dopo essermi liberato della sigaretta.

'Non sono affari che ti riguardano. Sparisci ti ho detto.' Ripetei.

'A che drink sei? Il terzo? Il quarto? Non sapevo che Junior Valente fosse in grado di soffrire per amore...' Continuò lei sadica. Strinsi i pugni per non sbottare e mandarla a quel paese in malo modo.

'Stai davvero testando la mia pazienza, Rachele. Va. Via.' Le diedi l'ultimo avvertimento.

'Eppure sono sicura che non mi manderesti via se sapessi che so qualcosa di molto interessante...' Si toccò i capelli sedendosi al bancone accanto a me. Quelle parole catturarono la mia attenzione. Strinsi lo sguardo mentre la guardavo. 'Che c'è? Non mi mandi più via?'

'Sputa il rospo, Rachele, e fallo in fretta.' La invitai.

'Ti va di fare un giochino con me?' Chiese avvicinandosi di poco. 'Per ogni pezzo di informazione che ti darò, riceverò qualcosa in cambio da te. Che ne dici?' Propose con i suoi soliti modi subdoli. Strinsi i pugni e la mascella per contenere la rabbia.

'E chi mi dice che tu non mi stia prendendo in giro e che ti sia inventata queste informazioni?'

'Questo pub dovrebbe avere un privé, non è così? Se ti fidi di me andremo a fare questo giochino lì, altrimenti vado via tenendo per me queste importanti notizie...' La ragazza era furba e non sapevo perché, ma ero sicuro che sapesse davvero qualcosa di fondamentale. Il gioco si poteva fare in due.

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