52. "PIÙ BELLA COSA NON C'È"

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JUNIOR

Avevo tanto desiderato trovarmi nello stesso letto di testa riccia, perciò quella sera avevo provato a infilarmi sotto le coperte con lei mentre dormiva. Di certo non mi sarei immaginato che i suoi sogni fossero così fantasiosi né tantomeno di ritrovarmi improvvisamente a un passo dal fare l'amore con lei.

Non avevo mai provato le sensazioni che in quel momento si stavano impossessando di me. Sentivo caldo, sì, ma era un caldo anomalo, il caldo dell'emozione, del desiderio... dell'amore. Avevo sempre fatto sesso in maniera meccanica, per istinto, per semplice divertimento o per accontentare donne troppo vogliose. Ma ora mi sentivo impacciato come un adolescente alle prime fasi col sesso. Sapevo benissimo come comportarmi con una donna tra le lenzuola, ma era proprio quello il problema. Testa riccia non era una donna qualsiasi, non era una donna di passaggio. Lei era la mia donna, quella con cui avrei voluto condividere tutto, amore e pazzie. E inoltre era una donna speciale che andava trattata in maniera speciale, unica, creata su misura per lei. Una donna che stava per donare per la sua prima volta sé stessa a uno come me, immeritevole di tanta fiducia. Sapevo quanto lei combattesse per fidarsi di me, e il fatto di trovarsi lì con me, mi riempiva il cuore e la mente di sensazioni incredibili.

Le avevo appena promesso di rendere quel momento indimenticabile e lo avrei fatto, per lei, per me, per noi. Avremmo ricordato quella notte come la notte in cui non Junior e Amina, ma Marco e Amina, diventarono una cosa sola senza mai più lasciarsi andare, e al diavolo l'essere troppo romantico. Il cuore mi pulsava di amore, e anche qualcos'altro - ma dettagli - e mi sarebbe stato perdonato qualsiasi atteggiamento che non era da me. Almeno dalla mia parte, perché testa riccia sapeva esattamente come rovinare l'atmosfera.

'Guarda che se mi fai male ti bastono senza pietà, eh...' William Shakespeare sarebbe stato invidioso di tanta poesia dalla bocca di una donna.

Scoppiai a ridere.

'La mia intenzione è farti urlare dal piacere, non dal dolore, testa riccia.' Le ricordai.

'Meglio che ti avvisi, non si sa mai. E fatti dire che non so manco dove mettere mano in questa cosa.' Sbuffò.

'Perché non inizi col rilassarti e con lo svuotare la mente da tutto ciò che ci vaga dentro in questo momento?' Le consigliai.

'Del tipo che ci fa Derek in questa stanza e perché ci guarda in quel modo strano?'

Mi voltai e trovai il gatto con i suoi occhi fluorescenti al buio che ci fissava in maniera inquietante. Risi di nuovo divertito.

'È solo un gatto, testa riccia, nemmeno sa cosa stiamo combinando...'

'No, fallo uscire che altrimenti gli rimane lo shock. Chissà che mi farai...'

Mi misi una mano in faccia cercando di trattenere le risate, e mi alzai per mandare via Derek chiudendo la porta dietro di me. Poi ritornai nel letto accendendo il lumetto sul comodino che emanava una luce soffusa.

'Perché hai acceso-' E si bloccò quando il suo sguardo si posò su qualcosa, o meglio, su una parte del mio corpo. Piano alzò le sue coperte fino a coprirsi tutta, occhi compresi.

'Non ci posso fare niente se mi provochi una reazione simile! Su, fammi vedere la tua faccia...' Le scoprii il viso e la trovai intenta a fissarmi. 'Che hai da dire, su...'

'Quel... quel coso dovrebbe entrare... uh... dentro di me? E dimmi... ci sta tutto quello spazio nella mia Lillina?'

In quel momento le opzioni sarebbero state due: o ridere come un matto e andare via ormai arreso, o rassicurarle che è la natura che ci ha creati in modo che quel "coso" può benissimo entrare in qualsiasi "Lillina", usando i suoi eufemismi. Optai per la seconda.

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