Cap. 33 - Voce

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Una voce, la sua voce. Riconoscerei ovunque quel timbro profondo e suadente, anche se dovesse cantare una ninna nanna per bambini. O, come in questo caso, una delle canzoni d'amore più belle che Ric Hassani abbia scritto. L'idea che Kim Taehyung si sia voluto avvicinare al mio mondo e alla mia musica dopo quello che ho fatto e che gli ho fatto mi distrugge.

Continuo ad ascoltare la sua voce, all'inizio mi sembrava lontana, distante, adesso è più vicina, più nitida. Provo ad aprire gli occhi. Eccolo lì. La mano che mi accarezza le dita è la sua. La testa abbandonata contro lo schienale della sedia è la sua. I singhiozzi che riempiono la stanza sono i suoi. Non pensavo sarebbe importato a qualcuno se fossi morta, a parte Yari ovviamente. Ero convinta che me ne sarei andata indisturbata, in punta di piedi, senza che nessuno ne se accorgesse. E invece mi sbagliavo. Importava anche a lui. Non l'ho mai visto così: le palpebre gonfie, l'espressione stanca, distrutta, la pelle un tempo luminosa spenta e opaca, gli abiti stropicciati. Quanto tempo è passato? Quanto a lungo ha sofferto?

L'ultima cosa che mi ricordo è l'uscita del music video, che sapevo sarebbe stata l'apice della mia agonia. Avevo resistito inutilmente tutto il giorno, poi me n'ero fatta una ragione. Non avevo più voglia di essere minacciata, insultata, demolita. Non avevo più le forze di trascinarmi per casa, in attesa di una nuova notifica, di una nuova mail, di un nuovo tweet. Ero stanca di temere cosa sarebbe successo il giorno dopo e quello dopo ancora. Ero stanca di procrastinare, stanca dell'angoscia che mi tormentava, stanca della paura. Paura di distruggere la mia carriera e soprattutto la carriera dei BTS. Paura della valanga di merda che si sarebbe riversata su di loro una volta che quelle maledette foto sarebbero finite su internet. Paura delle loro reazioni, delle loro espressioni, della loro delusione. Paura di dover ammettere che anche io ero così, pazza psicopatica, maniaca, stalker.

La soluzione che avevo evitato tre anni fa era tornata per martoriarmi il cervello, ma questa volta con insistenza. Non ero più la ragazza ribelle e combattiva appena uscita dal liceo, ero fragile, compromessa. Ero pronta a farla finita. 

Avevo hackerato il sito del mio medico e mi ero prescritta i farmaci che mi servivano, gli stessi che prendevo mentre ero in cura. Li avevo perfino impacchettati in una scatola elegante, per dare la parvenza che fosse tutto normale. Come se ci fosse un'occasione speciale da festeggiare. Un lavoro pulito, niente sangue, niente ossa rotte, nessuno spettacolo pubblico. Io, la mia terrazza e il tramonto. Quasi poetico, tutto sommato. E invece a quanto pare qualcuno che mi vuole bene ha guardato giù e mi ha dato una seconda possibilità.

"Ha-Hassani non è giamaicano Tae... È nigeriano..."

Non ha senso prolungare la sua agonia. Voglio guardarlo negli occhi, dirgli che mi dispiace, per tutto. Il suo sguardo si alza verso di me, incredulo. Probabilmente è convinto di avere le allucinazioni.

"Ku-Kumiko?"

Mi sta fissando intensamente, come per essere sicuro di non essere in un delirio onirico. Annuisco leggermente, mi sento debole, ho la testa pesante, la mente offuscata per le flebo e il cervello in subbuglio. Il solo fatto che sia lui la prima persona che ho visto appena mi sono svegliata mi rende felice. Mi dà speranza. Non voglio sprecare energie in parole inutili.

Il suo corpo è un susseguirsi di fremiti mentre si allunga per avvolgermi tra le sue braccia da sopra il lenzuolo dell'ospedale. Stendo una mano per accarezzargli i ricci mori e rimaniamo così a lungo, solo con la musica che ancora risuona nelle nostre orecchie e le lacrime che sgorgano sulle nostre guance, senza aggiungere altro. Non ce n'è bisogno.

"Kumiko!"

"Ya-Yari..."

Il mio Yari. Il mio migliore amico. Ha mollato tutto, la tournèe, la compagnia di danza contemporanea e si è precipitato da me. Cazzo.

Lancia la valigia in un angolo e si avvicina dall'altro lato del letto per unire la fronte con la mia, il viso stravolto ancora umido, i capelli in una coda disordinata, sfatto. Una scena straziante a cui non avrei mai voluto assistere e di cui non avrei mai voluto che fosse il protagonista. Ed è tutta colpa mia.

"Yari, mi dispiace..."

"Shhht... Non dire niente..."

Qualsiasi parola sembra fuori luogo, sterile, basta uno sguardo per capirsi. Una stretta alla mano intrecciata alla mia. Un bacio sulla guancia.

Come ho potuto fargli questo... Non se lo meritava...

Solo adesso mi rendo conto del casino che ho combinato. Ho fatto vincere le stronze, ho permesso loro di giudicarmi, di prendere in mano la mia vita, di nuovo, farla a pezzettini, senza reagire, senza ribellarmi. Sono stata stupida, egoista, avrei dovuto lottare, per me, per Yari e invece sono fuggita, abbandonandolo al suo destino e al suo dolore. Non me lo perdonerò mai.

I due ragazzi si scambiano un sorriso riconoscente, anche loro non hanno bisogno di parlare. Tae si alza per darmi un bacio sulla fronte; la sua espressione è stanca ma dolce, ha finalmente ritrovato un po' di serenità. "Vado..." Non voglio salutarlo, non adesso... "Torni?" Mi accarezza la guancia, piegandosi per lasciare il posto a un bacio morbido, delicato, proprio sotto l'orecchio. "Certo. Non vado da nessuna parte."


Dance With Me [K.Th 💣 Completa!!] Where stories live. Discover now