Capitolo 35

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Vieni via com me
sporcati le ali
e fammi togliere tutto
tranne gli occhi su di te

"Milano"- Irama


Clarissa cade in ginocchio nel bel mezzo del corridoio e si copre il viso con le mani mentre i singhiozzi la fanno sussultare. È l'immagine della sofferenza.

Provo a posarle una mano sulla spalla, stringendola piano, cercando di rincuorarla in qualche modo. Ma, come immaginavo, se la scosta svelta di dosso.

Si rialza in fretta e si volta verso di me, riversandomi addosso tutta la sua rabbia, urlandomi contro: «È tutta colpa tua! Perché sei dovuto venire qui a rovinarmi la vita?».

Nel frattempo, dalla mensa, gli studenti cominciano a riversarsi nei corridoi, finita la pausa pranzo.

Rovinarle la vita? Lo sta facendo benissimo con le sue stesse mani...

«Sono qui per ricordarti chi sei! Guardati... sei il fantasma della ragazza forte che eri diventata! Permetti di nuovo alle persone di calpestarti, mettendo i loro desideri davanti ai tuoi!» la accuso, cominciando a perdere la calma. Ha appena visto i suoi cosiddetti amici guardarla storto per le sue scelte, giudicandola a priori... e sarei io quello che cerca di rovinarle la vita?

«Certo... perché è una cosa che puoi fare solo tu questa, vero?» ribatte infervorandosi ancora di più, mentre posso vedere la tempesta scoppiare nei suoi occhi, che diventano del colore del cielo durante un temporale estivo.

La sua accusa mi colpisce nel profondo: ho sempre cercato di farle capire che non aveva bisogno di nessuno, che da sola avrebbe potuto affrontare ogni cosa. È un'accusa ingiusta... e che fa male.
Mi avvicino a lei e la guardo dritta negli occhi, costringendola a reclinare il capo per sostenere il mio sguardo duro.

«Non l'ho mai fatto. E tu lo sai bene. Ti ho sempre spinta ad avere fiducia in te e a farti rispettare, pur dandoti la sicurezza che sarei sempre stato al tuo fianco quando avessi avuto bisogno di me. Non dare la colpa a me delle tue scelte sbagliate» le ringhio contro, cercando di trattenere il più possibile la rabbia pur sentendola ribollire sottopelle come lava incandescente.

«Scelte sbagliate?! Tutto quello che ho fatto è stato per proteggere te e la nostra relazione!» mi grida contro, assolutamente sconvolta. Mi abbasso di più sul suo viso.

«E hai deciso di farlo da sola. Questa è stata la prima delle tue scelte sbagliate. Noi eravamo una squadra» le sussurro a pochi centimetri dalle labbra.

Clarissa cerca di sfuggirmi, indietreggiando di un paio di passi, ma non glielo permetto e per ogni suo passo indietro io ne faccio uno avanti. Allora mi allontana da sé spingendomi via con le mani sul mio petto, per nulla intimorita dalla rabbia che sono certo possa leggermi in faccia.

«Voglio che tu te ne vada. Torna a casa, Ethan. Non hai più nulla da fare qui» mi supplica allora con voce rotta, l'espressione di nuovo pervasa di dolore.

Un dolore che cancella in un istante tutta la mia rabbia.

«Vieni con me» la prego allora in un sussurro, senza nemmeno fermarmi a pensare.

Clarissa sbatte le palpebre più volte, sorpresa dalla mia supplica. Si morde il labbro, rimanendo in silenzio per qualche istante, per poi scuotere piano la testa.

«No. Il mio posto ora è qui. Con Liam».

La determinazione nei suoi occhi, la fermezza delle sua parole con le quali mi rifiuta ancora e ancora, riaccendono di nuovo la rabbia.

Tienimi nel cuoreWo Geschichten leben. Entdecke jetzt