Capitolo 39

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«Vuoi la mia giacca?» le chiedo notando il modo in cui trema, anche se non sono certo che sia per il freddo.

Lei scuote piano la testa, con il capo rivolto verso il suo finestrino continuando ad osservare le strade semideserte della città. Allora alzo il riscaldamento ed anche il volume della radio, permettendole così di estraniarsi e di piangere in pace, fingendo di non riuscire a sentire i suoi singhiozzi sommessi.

Non so cosa sia successo di preciso... ma ho una gran voglia di uccidere Liam.

Continuo a girare intorno per le strade della città, senza una meta, sperando che possa trovare la calma che il girare in auto le ha sempre dato... almeno prima dell'incidente. Al solo pensiero stringo forte il volante tra le dita.

Però sembra funzionare: adesso il silenzio è rotto solo dalla radio e non più dai suoi singhiozzi trattenuti. Ma c'è qualcos'altro che potrebbe aiutarla, come io stesso ho sperimentato in questi ultimi giorni.

«Come fai a saperlo sempre?». La sua voce fioca ed esitante rompe finalmente il silenzio assordante tra noi.

Abbasso la radio e, alla mia occhiata interrogativa, aggiunge: «Tu lo sai sempre quando ho bisogno di scappare via»

«È solo perché io ti conosco davvero. E abbiamo sempre avuto un legame speciale» le ricordo con un'alzata di spalle, spiegandole una cosa così ovvia per me.

«Pensavo fossi tornato a El Paso» ribatte lei, cercando di cambiare discorso.

«Ci sono stato infatti. Ma mi mancavi troppo e non ce la facevo a non vederti fino a lunedì. Così sono tornato prima. Sono arrivato un'ora fa» ammetto optando per la sincerità. Clarissa si agita sul sedile, certamente le mie parole la stanno mettendo un po' a disagio.

«Come stanno Sara e gli altri?» chiede cercando di cambiare ancora discorso.

Le rivolgo un sorriso soddisfatto mentre mi fermo nel parcheggio del residence. Clarissa si guarda intorno confusa quando riconosce il luogo, senza essersi accorta fino ad ora che non stavamo più girando in tondo in città già da un po'.

«Perché siamo venuti qui?».

Non le rispondo e scendo dall'auto, aspettando che faccia altrettanto. Mi avvio su per le scale mentre Clarissa si affretta per tenere il mio passo. Senza farmi notare da lei, mando un messaggio ai ragazzi per avvisarli del nostro arrivo.

Mentre mi accingo ad aprire la porta d'ingresso dell'appartamento di Condor, lancio un'occhiata divertita da sopra la spalla a Clarissa.

«Vuoi sapere come stanno mia sorella e gli altri? Perché non glielo chiedi tu stessa allora?».

Spalanco la porta e un istante dopo Clarissa viene letteralmente placcata da mia sorella. Clarissa è talmente incredula che non riesce nemmeno a ricambiare l'abbraccio di Sara. Quando riesce ad intravedere, oltre la chioma rossa di mia sorella, anche tutti gli altri nostri amici, resta ancora più sconvolta.

«Ma... che ci fate qui?» riesce solo a balbettare. Sara la libera dal suo abbraccio stritolante e appena osserva bene in faccia la sua migliore amica con le tracce di pianto evidenti, il suo sorriso vacilla per un secondo. Ma si affretta a nascondere la sua preoccupazione e le dà un pizzicotto sulla guancia per farla riprendere dalla shock.

«Ci mancavi, mi pare ovvio! E dato che Ethan scalpitava per tornare, lo abbiamo convinto a portarci con sé. Se solo avessi potuto sarei arrivata molto prima, lo sai, non è vero? Sei sempre la mia migliore amica, non importa quanti chilometri decidi di mettere tra noi».

Le parole di Sara hanno l'effetto di portare di nuovo Clarissa sull'orlo delle lacrime, ma per fortuna interviene Patrick che si fa avanti e la abbraccia forte sollevandola da terra.

Tienimi nel cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora