Capitolo 9

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«Potete dire quello che volete ma non mi farete cambiare idea. Io parto» ribatto per l'ennesima volta. I miei genitori mi osservano allibiti dalla mia testardaggine. Eppure dovrebbero conoscermi ormai.

Dopo la telefonata di Liam di ieri sera non ho più dubbi. Devo intervenire personalmente. Liam avrebbe avuto qualche chance di rimettere Clarissa in carreggiata... se solo questa ragazza che si trova davanti non fosse completamente diversa da quella che conosceva.

Non sa come comportarsi con lei... ma io sì. Io so di cosa ha bisogno. A volte le parole dolci e gli abbracci non servono. A volte quello che ti serve è un calcio nel sedere.

«Ethan... non puoi prendere e lasciare la città ogni volta che qualcosa non va» continua a ripetermi mio padre con voce stanca. Non gli ho nemmeno permesso di andare a dormire, attendendo che tornasse a casa questa mattina presto dal suo turno al casinò.

Si stropiccia gli occhi e scuote piano la testa. «Ti abbiamo lasciato partire lo scorso anno... vista l'espulsione da scuola e perché era evidente che ne avevi bisogno. Ma non puoi continuare così, non serve a nulla. E poi stai parlando di andare in un altro stato e nemmeno sai dirci per quanto! È il tuo ultimo anno, Ethan, non puoi permetterti assenze con un curriculum scolastico non dei migliori, per essere gentili» mi ricorda.

Sposto allora lo sguardo su mia madre in cerca di sostegno. Lei ha sempre sostenuto fermamente la mia storia con Clarissa. Partirò lo stesso – sono maggiorenne, non possono impedirmelo – ma avere il loro sostegno sarebbe importante per me. Non voglio deluderli ancora e vorrei che capissero che devo farlo. Mia madre tiene gli occhi fissi sulla sua tazza di caffè. Non ha ancora detto una parola.

«Mamma?».

Alza gli occhi e mi osserva pensierosa. «Quanto credi di stare via?» mi chiede infine, con tono rassegnato. Mio padre la guarda tra lo stupefatto e il furioso.

«Non lo so. Potrei risolvere le cose in pochi giorni... o forse ci potrà volere di più». Dipende da quanto è precipitata la situazione. Annuisce, con la fronte aggrottata.

«Ecco cosa faremo...» mi dice posando la tazza ancora piena sul banco e stringendosi addosso la vestaglia, «Sono più che sicura che non si tratterà di qualche giorno. Non so nemmeno se riuscirai a trovare la forza per tornare a casa... se lei non tornerà con te» continua, lanciandomi un'occhiata d'intesa.

«Non vado lì per riportarla a casa, mamma. Ma solo per aiutarla a-». Alza una mano verso di me, interrompendomi.

«Puoi dire quello che vuoi, ma te lo leggo negli occhi cosa vuoi davvero. Quindi, dato che non sarà un breve soggiorno, chiederai il trasferimento in una scuola del posto, così da non perdere nuovamente l'anno. Dovrai anche trovarti un lavoro per pagarti un affitto e mantenerti. Non credo che i tuoi risparmi guadagnati al garage basteranno per molto e noi non potremmo aiutarti più di tanto». Le sorrido riconoscente.

«È una mia responsabilità. Non vi chiedo nulla. Ho guadagnato a sufficienza a Dallas e al garage». E con le corse clandestine, ovviamente... ma questo lo tengo per me.

«È una pessima idea» borbotta mio padre, assolutamente contrariato.

«Caro, non possiamo farci nulla. Con o senza il nostro permesso partirà. Tanto vale che faccia buon uso del tempo che passerà lontano da casa. Sono certa che non ci deluderà» ribadisce mia madre, tornando a fissarmi con sguardo d'intesa.

Annuisco appena, fissando negli occhi mio padre, rassicurandolo. Poi mi alzo dallo sgabello ed esco dalla cucina, lasciandoli soli a confabulare. In cima le scale trovo Sara seduta sul gradino che si abbraccia le ginocchia. Mi siedo accanto a lei.

Tienimi nel cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora