Capitolo 37

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Anche nei giorni successivi, Clarissa è sempre sola. Alle lezioni siede il più distante possibile dalle sue amiche, soprattutto da Kate: posso solo immaginare la lavata di capo che la sua cosiddetta migliore amica le abbia impartito per via delle corse.

Aveva ragione Clarissa a voler tenere nascosto questo lato di sé: sapeva che nessuno lo avrebbe compreso. Nessuno di loro. Ciò che le serve adesso è una vera amica al suo fianco ed è per questo che ho pregato mia sorella di telefonarle.

Ovviamente Clarissa non risponde, si sta isolando da tutto e tutti nel suo solito tentativo di proteggere se stessa e gli altri. Ma Sara è una tipa tosta quanto me e non demorderà finché non riuscirà a parlarle.

Anche questo venerdì, in mensa, prendo posto davanti a Clarissa, al tavolo deserto dove ha cominciato a sedersi da sola dopo quanto accaduto lunedì, cercando di isolarsi dagli sguardi di biasimo dei suoi amici e dai pettegolezzi di tutta la scuola che ogni giorno si moltiplicano sempre più.

Mi limito a sedermi davanti a lei, in silenzio. Osservando il modo in cui cerca di ignorare i sussurri che ci circondano. Non cerco di consolarla, non servirebbe. E deve trovare da sé la forza per affrontare questi stronzi curiosi. Tuttavia c'è una cosa che devo chiederle - anche se immagino già la risposta - e sto cercando il momento più opportuno per tirare fuori il discorso.

«Che accidenti hai oggi? Mi stai irritando» sbotta infastidita ad un certo punto.

Evidentemente deve essersi accorta che qualcosa bolle in pentola. Dimentico sempre che, come io riesco a leggere dentro lei, anche io per lei sono un libro aperto. Mi raddrizzo sulla sedia e comincio a stuzzicare il piercing al labbro, improvvisamente nervoso come solo lei sa rendermi.

«È solo che... beh, ecco, mi chiedevo se ti andasse di venire a casa per il Ringraziamento. Io e i ragazzi torniamo a El Paso per passare la settimana di vacanza in famiglia. Partiamo domani e torniamo il prossimo weekend. Pensavo che magari ti avrebbe fatto piacere rivedere Sara e che forse staccare un po' da questo posto, vista l'atmosfera pesante, non ti avrebbe certo fatto male» le propongo allora.

Clarissa mi osserva ad occhi sgranati con espressione incredula per un lungo minuto, certamente presa in contropiede dalla mia proposta inaspettata. In effetti è stata una cosa improvvisata: Cole vuole tornare a casa per passare il Ringraziamento in famiglia, e anche mia madre mi ha pregato di fare ritorno per qualche giorno. Così ho pensato che nemmeno a Clarissa avrebbe fatto male passare del tempo a casa. Certamente l'aiuterebbe a ricordare quanto stava bene con noi. Clarissa abbassa lo sguardo sul suo vassoio e scuote piano la testa.

«Mi spiace, ma mio padre viene in città per passare il Ringraziamento con me e mia madre» risponde infine.

«Oh, capisco». Inutile dire che un po' ci speravo, ma sapevo che era una missione impossibile... anche se non fosse stato per suo padre.

La scruto attentamente negli occhi per capire se è la verità o solo una scusa per non stare con noi. Solo che non vedo nulla: né rammarico, né rabbia... nulla. In questi giorni è tornata a chiudersi in sé stessa. I progressi fatti già dimenticati.

Preso dalla frustrazione, mi alzo in fretta e me ne vado. Perché nulla funziona per riportare indietro la mia Clarissa?

A malapena mi rendo conto di incrociare Liam mentre lascio la mensa. Ci ignoriamo completamente, come facciamo da quando la verità – almeno una parte – è saltata fuori.

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La mattina successiva, io, Cole e Condor ci mettiamo in viaggio prima dell'alba, tutti e tre persi in un silenzio assonnato e pensieroso.

Tienimi nel cuoreWhere stories live. Discover now