CAPITOLO 3 - 3.1 Provare e riprovare

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Nel silenzio della stanza la sveglia annunciò al proprietario che era tempo di alzarsi. Taiki la spense e si stropicciò gli occhi, per poi andare a vestirsi di malavoglia. Recuperati dalla sedia lo zaino e la giacca ben stirata, preparati la sera precedente, scese a fare colazione, guidato dal familiare aroma di caffè.

"Buongiorno, Taiki. Sei mattiniero, non credevo che ti saresti alzato vista l'ora in cui sei andato a letto", lo schernì il padre, concentrato a leggere il giornale. "Però ti sei di nuovo preparato il pranzo. Vuoi sul serio lasciarmi disoccupato?"

Taiki portò in tavola da mangiare e abbozzò un sorriso smorfioso.

"Non sei contento? Possiamo fare colazione in tranquillità."

Il signor Kikuchi lo scrutò dall'alto delle pagine grigie.

"A dire la verità, mi preoccupi. Guarda quella camicia senza una grinza..."

"Sto solo seguendo i tuoi insegnamenti, papino", ribattè Taiki che divorò con foga un generoso boccone di riso.

"A questo posso farci l'abitudine, ma vedi di non tornare a casa con un bel voto o pioverà per un mese", replicò il genitore con la tazza accostata alle labbra. "Facciamo così: al tuo ritorno, oltre alla vasca, ti farò trovare una buona cenetta pronta, che ne dici?"

"Lo vedi? Mi conviene fare il bravo!"

◾◾◾

Uscito di casa, in procinto di selezionare la musica più adatta, il cellulare iniziò a vibrare: "Ehilà, sei riuscito a risolvere l'indovinello?", recitava il messaggio di Eiji, al quale sorrise.

Erano già trascorse un paio di settimane da quando l'amico era partito e le cose al tempio erano in fermento. I battibecchi con il nonno erano all'ordine del giorno, perché lui non voleva sentire ragioni riguardo a cambiamenti e modernizzazione che, al contrario, il nipote avrebbe voluto apportare.

Per discutere della faccenda, il futuro monaco aveva persino fatto parlare Taiki con la controparte per convincerla, ma era stato inutile. La maestria dialettica di quest'ultima aveva prevalso dopo meno di cinque minuti, e il resto della chiacchierata era stata una piacevole conversazione, conclusa con un impossibile enigma, essendo il nonno un inguaribile amante dei rompicapo.

"Certo che no. Anche questa volta dovrò cercare la soluzione", digitò prima di lanciarsi in direzione della scuola.

Arrivato all'ingresso si sedette per slacciare i rollerblade, ma avvertì una strana sensazione alle spalle. Proprio mentre stava per girarsi, qualcuno lo assalì e gli sfregò le mani tra i capelli.

"Eccoti qui, novellino. Wow, ti sei allenato durante l'estate. Senti che schiena possente ti è venuta", lo canzonò Iwashima Toru, suo compagno e coetaneo del club di nuoto.

Taiki si alzò e dall'alto dei suoi abbondanti dieci centimetri in più, si aggiustò la chioma. "Buongiorno anche a te, Toru... ma si può sapere che cavolo hai fatto?", domandò osservando la rasatura di saette scomposte che attorniavano il capo dell'aggressore.

"Mi stanno bene, eh?! RAGAZZE", urlò quello, nel bel mezzo dell'atrio affollato, "SONO O NON SONO IL PIÙ FIGO DELLA SCUOLA?"

"Smettila di fare lo scemo, Toru", tuonò una voce poco distante, ferma e decisa come solo quella di Sakei Junichi, terzo anno e capitano della squadra, sapeva essere.

L'interessato fece una pernacchia e corse via per sfuggire alle grinfie del mastodontico Junichi. Mentre il capitano, accennando un saluto a Taiki, si lanciava all'inseguimento, comparve anche l'ultimo componente del gruppo, Maekawa Jotaro, che sembrò non accorgersi della baraonda. Senza sollevare la testa argentata dal cellulare, appoggiò una mano sulla spalla di Taiki e poi scomparve sulle tracce degli amici.

Zemlyan: RebirthWhere stories live. Discover now