CAPITOLO 16 - 16.3 Una piccola deviazione

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E sarà quando il primo raggio di sole all'orizzonte e l'ultimo riflesso di luna piena coleranno nel firmamento una lacrima rossa, che dal cielo una stella vestirà d'ambra il filo che lega i nostri mondi

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E sarà quando il primo raggio di sole all'orizzonte e l'ultimo riflesso di luna piena coleranno nel firmamento una lacrima rossa, che dal cielo una stella vestirà d'ambra il filo che lega i nostri mondi...

"Visibile solo se ci si trova in quel punto preciso", finì di borbottare ad alta voce Kujo, accasciato su una panchina con la testa rivolta al cielo limpido.

Era la quarta volta che faceva ritorno sul suo Pianeta per proseguire le ricerche del luogo d'origine, ma anche quella destinazione si era rivelata un buco nell'acqua.

Alzandosi svogliato, decise di farsi un lungo, meditabondo, giro. In seguito a quell'ennesimo insuccesso, la voglia di tornare a Zhiyak era pressoché nulla dato che il solo pensiero di rinchiudersi nello studio con Vark e il suo compatimento gli faceva salire la nausea.

Comincio a stancarmi, possibile che trovare il punto di collegamento sia un'impresa così difficile?

Con una smorfia, rifletté sul fatto che ultimamente gli capitava di pensare che tutte quelle chiacchiere sul filo, su un fantomatico punto di contatto, fossero solo il frutto di stupide leggende di quel regno ingrato. Eppure suo padre aveva studiato innumerevoli manoscritti e raccolto informazioni con impegno e dedizione. Non poteva essere tutta una farsa...

Non mi fermerò di fronte a qualche tentativo andato a vuoto. Voglio vendicare i miei genitori, niente è più importante. La vera perdita di tempo è stata fare affidamento su qualcun altro.

Le scarpe da ginnastica, calpestando il marciapiede, producevano un rumore sordo. Era da così tanto che non ne calzava un paio che si era dimenticato la sensazione di averle ai piedi e lo stesso valeva per i vestiti. Non aveva più indossato nulla di terrestre da quando era a Zemlyan e gli abiti con cui era arrivato più di cinque anni prima non gli entravano più.

Per l'improvvisata all'ospedale aveva sottratto un soprabito e degli occhiali a un visitatore distratto. Tuttavia, per le nuove occasioni di risalita, aveva completato il vestiario rubando dall'esterno di una casa dei jeans e una felpa, comunque troppo larghi, ma che grazie al cappotto si notavano poco.

Quel pomeriggio, il bel tempo aveva favorito la presenza di numerose persone, ma lui, che non era più abituato a stare in mezzo alla gente, cercava il più possibile di nascondersi.

Venire sulla Terra è il solo modo che ho per trovare la congiunzione. Mi costa fatica, e potrei dover rimandare la guerra, ma una volta trovata avrò il quadro completo. Vark avrebbe sferrato l'attacco da tempo. Non capisco come faccia a dire che possiamo vincere se abbiamo alle spalle solo insuccessi. Scusa, papà, se sono così debole.

Sentendo una fitta al cuore si fermò e strinse una mano in quel punto. Alcune lacrime sfuggirono dal suo controllo e le asciugò con la manica, lunga sulle braccia da sfiorargli le ultime falangi.

Vark, sei inutile come i Dara. La sola cosa che ti riesce è lusingarmi e farmi credere che ogni decisione, ogni minima scelta, sia merito mio. E una colpa, allo stesso tempo. Credi che sia stupido? Sono io che comando... non commetterò altri errori, non per causa tua...

"Scusa, signore. Ci passi la palla?"

Senza badarci, aveva camminato fin nei pressi di un parco dove alcuni bambini erano impegnati in un'improvvisata partita di calcio. La sfera gli era finita contro il piede, ma era così assorto da non averne neppure percepito il tocco. La raccolse: odorava di erba strappata, terriccio e plastica nuova.

La posizionò davanti a sé e con una piccola rincorsa la restituì con maestria, lasciando i piccoli giocatori sbalorditi. La palla finì tra gli alberi sfalsati che fungevano da porte, con un effetto a giro elegante e preciso. Le squadre lo acclamarono e a lui si disegnò un sorriso involontario. Quella breve parentesi gli ricordò che gli piaceva il calcio e si dispiacque di non aver avuto l'occasione di cimentarsi in quello sport. Ma, anche volendo, chi avrebbe mai fatto squadra con lui?

Fece per andarsene e tornare sui suoi passi, ma un altro bambino, più piccolo dei precedenti ammiratori, lo urtò. La madre si scusò per lui, continuando il concitato discorso che stavano facendo.

"Tesoro, siamo in ritardo. Ti prometto che torneremo più tardi con papà, va bene?"

Il bimbo si incantò, con il dito alla bocca a guardare le altalene. Per un momento, Kujo si rivide nella scena: alla sua età amava stare all'aperto, trascorrere le ore a giocare sulle sagome a molla di animali sbiaditi, o scendere dallo scivolo con i genitori ad aspettarlo al fondo. D'un tratto, le scene elencate presero vita negli spiazzi attorno al viale alberato e il cuore cominciò a martellargli le orecchie.

Come se qualcosa lo stesse attirando, si addentrò nel verde. Ancora prima di partire da Zemlyan sapeva che sarebbe finito a ridosso della sua vecchia città, ma fino a quel momento aveva cercato di ignorare la cosa, fingendo che fosse una meta come un'altra. Eppure, le gambe non lo avevano condotto in un posto qualunque. Sarà solo una piccola deviazione, non ci vorrà molto.

Oltrepassata l'area raggiunse l'inizio di una piccola salita. A memoria, la percorse a grandi passi finché la strada tornò dritta e davanti al primo muretto, di fronte a un cancello arrugginito, si fermò. Un cartello nuovo fiammante con scritto VENDESI era appeso a metà altezza.

"Chiedono poco e niente, lo sa? Ed è in ottimo stato", disse il commesso del negozio a fianco che lo stava osservando.

Kujo non seppe dire per quanto tempo fosse rimasto a fissare l'abitazione, forse per questo lo sconosciuto aveva deciso di dargli noia.

"Non sono interessato. Ero di passaggio", rispose asciutto.

"Mi scusi, è che mi rincresce molto questa casa. È sempre stata così ben tenuta. La precedente proprietaria era una donna tanto gentile, ma anche tanto sfortunata."

"La conosceva?", domandò il giovane tradendo una punta di interesse.

"Quando ho aperto l'attività veniva spesso a fare la spesa. Era taciturna e aveva l'aria triste. Una sera, eravamo solo io e lei, mi raccontò delle sue sventure: prima la scomparsa del marito, poi quella del figlio. Questa casa la stava schiacciando nei ricordi e a farle decidere di cambiare aria è stata la notizia che avrebbero chiuso le indagini per ritrovare il ragazzo. Ogni tanto mi contatta per farmi sapere che sta bene, me lo sono fatto promettere. Ma non sono certo che la situazione sia migliorata."

Kujo sbiancò e la gola si fece secca di colpo.

"Aspetti, credo di non aver capito, che cosa ha detto?"

L'uomo lo scrutò preoccupato.

"Che non sono sicuro che la signora Sasaki stia davvero meglio. Lei, invece, mi sembra pallido..."

La voce del negoziante si spense insieme a tutti gli altri rumori mentre i contorni dell'ambiente sfumavano nel nero. Il Sacerdote sentì che sotto i piedi gli stava per mancare la terra e anche l'aria non voleva saperne di entrare nei polmoni. Mamma. Non può essere, sei viva? Ma allora...

"Signore, le serve dell'acqua, o che le chiami un medico?"

"Dov'è?", sussurrò Kujo feroce. "Dimmi dove si trova?"

L'altro, dopo essersi avvicinato per sincerarsi della sua salute, si ritrasse spaventato.

"Di preciso non lo so. Vede, non mi piace ficcare il naso in faccende che..."
"DOV'È?", tuonò di nuovo facendo un passo avanti aggressivo.

"H-ha detto che sarebbe andata a trovare dei parenti, non so altro... S-senta, se non sta bene, io..."

Kujo lo ignorò e barcollando nella direzione da cui era venuto rise scomposto. Tra quei gemiti di folle piacere, alzò le braccia al cielo.

"Non sono mai stato meglio."

Zemlyan: RebirthOn viuen les histories. Descobreix ara