CAPITOLO 18 - 18.3 Luce d'ombra

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"Prossima fermata: Parco del Sole

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"Prossima fermata: Parco del Sole."

La voce metallica dell'altoparlante rimbombò nel vagone della metropolitana e sovrastò gli schiamazzi dei liceali che stavano andando a scuola. Kujo, seduto al loro fianco, alzò gli occhi per osservare prima il proprio riflesso nel vetro di fronte, reso specchio dalla buia galleria, e poi quello dei ragazzi. Gli argomenti dei discorsi erano i più disparati: il cibo, un imminente festival sportivo, verifiche di varie materie, le ragazze...

Quindi sono queste le cose a cui si dovrebbe pensare alla mia età.

"Siamo in arrivo a: Parco del Sole", annunciò di nuovo la registrazione.

Mentre il convoglio si fermava e le porte si spalancavano con un colpo secco, il Sacerdote si alzò abbassando l'unghia del cappello, un gesto involontario che tuttavia lo faceva sentire al sicuro.

Fuori dalla stazione recuperò dalla tasca alcuni fogli mal piegati e decise di sedersi a consultarli. Si era ripromesso di fare le cose con il giusto tempo nonostante, da quando quella mattina aveva messo piede sulla Terra, tutto il corpo stesse fremendo chiedendo altro.

Ricacciati in tasca i pezzi di carta che non servivano, tra questi lesse distratto uno degli articoli di giornale recuperati dagli archivi di una biblioteca. A quanto pare quel tale, Kikuchi Dayu, mi stava cercando contro ogni decisione della polizia. Che volesse aiutare la mamma perché sentiva di esserle vicino nella sventura?

Analizzate le loro vite, infatti, Kujo aveva notato delle affinità: erano entrambi genitori soli, con due ragazzi della stessa età da crescere, afflitti dalla scomparsa di un legame. Aveva anche riflettuto sul fatto che avrebbe voluto incontrarlo, così aveva iniziato a cercarlo e non sapeva bene se, in fondo, fosse principalmente per ringraziarlo. Tuttavia, stando alla cronaca, due malviventi lo avevano assassinato alcuni mesi prima, privandolo di quella possibilità.

Un sorriso amaro gli si stampò in viso: se non fosse stato per la sua recente scoperta, equipararsi a quel figlio rimasto solo e cullarsi nel compatimento di se stesso, sarebbe stata la cosa più ovvia da fare. Invece, per lui c'era una speranza ed era riposta nelle azioni di quella giornata: se sua madre era viva, doveva solo trovarla per averne l'assoluta certezza.

Terminata la sporadica lettura, anche quel foglio finì in tasca e rimase solo la mappa aperta sulle gambe. Il cerchio marcato in rosso, la meta, non distava che pochi isolati.

Kujo si incamminò e passo dopo passo si fecero largo i turbamenti che lo affliggevano ormai da tempo, crucci che non aveva osato esprimere ad alta voce, ma che si traducevano in un unico nome: Vark. Da quando aveva saputo di sua madre, Kujo aveva cercato di stargli lontano con una scusa o l'altra, motivando il suo desiderio di solitudine con uno spiccio non sono affari tuoi. Perché, in effetti, era meglio che quel dannato traditore gli fosse rimasto alla larga, dopotutto si era dimostrato un bugiardo come tutti gli altri. Ma se avesse trovato conferma di ciò che credeva, lo avrebbe punito una volta tornato a Zemlyan.

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