CAPITOLO 11 - 11.3 Un luogo sbagliato

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Un'infermiera seduta al bancone di accoglienza riagganciò il telefono all'arrivo della collega

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Un'infermiera seduta al bancone di accoglienza riagganciò il telefono all'arrivo della collega.

"Hai già finito di controllare i pazienti?"

"Oggi è tutto tranquillo. Il solito signore della otto mi ha chiesto di portargli una coperta in più, ma come dargli torto. Queste giornate saranno stupende, ma sono gelide", affermò versandosi dal thermos un'abbondante tazza di caffè.

"Già, stamattina avevo l'auto ghiacciata."

"Perdonatemi, signorine."

Una voce fioca e gentile le fece voltare verso un giovanotto con un cappotto scuro e un paio di occhiali da sole che aveva bisogno di loro.

"È già possibile fare visita ai pazienti? Hanno ricoverato una ragazza ieri, una mia cara amica. Mi hanno avvisato che ha avuto un incidente."

L'infermiera con il caffè guardò il soffitto e borbottò ad alta voce.

"Potrebbe essere la ragazza della cinque", disse mentre posava la tazza per prendere un registro. "Se mi dà il nome della sua amica e firma que-... sto. Ma dov'è andato?", domandò accorgendosi che il giovanotto fosse svanito.

"Forse ha solo sbagliato reparto. Oh, Buongiorno", salutò l'altra, arrossendo al nuovo arrivato che sorreggeva un raffinato mazzo di fiori.

Anche la collega trasalì e si mise in cerca di una penna.

"Ecco, salve, per favore, metta una firma qui."

Il ragazzo scrisse il proprio nome e ringraziò, salutando le infermiere con un sontuoso inchino. Abbastanza lontano per non essere sentite, le due sospirarono.

"Nakamura Heiko. Secondo te è il fidanzato?"

"Senza dubbio, ma preferirei fosse single."

"Ci servirebbe anche qualche annetto in meno."

Ridacchiando maliziose, tornarono alla gestione delle proprie faccende.

Heiko era in vista del numero cinque. C'era un notevole andirivieni di persone che entravano e uscivano dalle stanze di quell'ala dell'ospedale ma, a parte un paio di bambini che correvano, vigeva una rispettosa quiete.

Stava per aprire la porta quando un'altra infermiera gli disse che avevano da poco riportato in camera Yumiko, dopo le medicazioni. Ringraziata con la consueta cortesia, il principe entrò a ritroso. Richiuso l'uscio, attento a non fare rumore, un brivido gli corse lungo la schiena. Con il respiro a scandire i movimenti, si girò cercando di mantenere il controllo. Non era solo.

Yumiko dormiva illuminata dalla luce soffusa dei led sopra il letto. Accanto a lei, a dare le spalle alla finestra, un giovanotto con un cappotto scuro e un paio di occhiali da sole era seduto a fissarla. Quando li tolse, si passò una mano tra i capelli corvini e un occhio nero e l'altro azzurro incrociarono quelli blu di Heiko. L'intruso non aveva bisogno di presentazioni, ciò che non conosceva il principe era il motivo che lo aveva spinto fin lì.

"L'essere umano. La creatura più evoluta della Terra è così... fragile. Trascorre la vita a costruire solidi principi su cui basare un'intera esistenza, facendo affidamento su un innaturale senso di immortalità, per trovarsi, in un secondo, di fronte alla cruda e meschina realtà: cioè che basta un misero gesto, o una semplice parola, a far crollare ogni certezza. Quanto è irritante questa sua deficienza. Non trovi anche tu, principe?"

Si alzò per accarezzare la guancia di Yumiko con un'espressione curiosa, ed Heiko si sentì impotente. E, non di meno, infuriato.

"La Terra è un luogo sbagliato. Ci regala meraviglie come questa, per le quali saremmo disposti all'atto più estremo, ma al contempo vincola noi, che ne siamo dipendenti, a un patto infimo, e ci imprigiona tra le catene di una Legge che ci nega la forma più pura e innocente di felicità. Se solo ci fosse un modo per mettere fine a quel legame, e a questa inutile battaglia, non te lo lasceresti scappare, vero?", domandò con una punta di scherno.

Quel modo ricercato di parlare, con stupidi paragoni e palesi fraintendimenti, diede a Giustizia il voltastomaco, ma ancora non intervenne. I fiori, rivolti al pavimento, vennero stritolati nella morsa del suo pugno.

"No, no, no, non merito tutta questa ostilità. Ho fatto un lungo viaggio perché necessito di risposte importanti..."

"Te lo potevi risparmiare. Sappi che non mi tratterrò solo perché ci troviamo in un ospedale."

Con falsa rassegnazione, Kujo prese dal comodino la brocca colma d'acqua e si bloccò di fronte al letto. Il suo atteggiamento mutò di colpo.

"Io sono il Sacerdote dell'Ombra, tuo pari. Ho detto che sono venuto per delle risposte, non per combattere", ringhiò con un sorriso folle. "E ti ringrazio per avermele date."

Sollevata la brocca, si versò addosso il contenuto. Come un ologramma sbiadì e scomparve, mentre la caraffa rovinò a terra frantumandosi in mille pezzi.

Yumiko si svegliò di soprassalto e il Protettore lasciò cadere i fiori per sedersi sul letto accanto a lei.

"Heiko, sei tu? Cos'è stato?"

"Sì, sono io, scusami, ho rotto un vaso. Ultimamente sono distratto."

La osservò sdraiarsi, fargli un sorriso e chiudere gli occhi per riaddormentarsi con la mano stretta nella sua. Poco dopo, quasi impalpabile, Heiko le sfiorò la fronte con la propria.

"Veglierò su di te. Non permetterò che ti accada nulla di male."

Zemlyan: RebirthWhere stories live. Discover now