CAPITOLO 5 - 5.1 Cosa vuoi da me?

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Perchè sono qui? Non dovrei essere qui

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Perchè sono qui? Non dovrei essere qui. Non doveva andare così...

Nel grigiore di quel pomeriggio la pioggia si faceva sempre più intensa, impedendo agli incensi di bruciare a dovere. Nonostante il tempo avverso, in molti erano intervenuti per dare l'ultimo saluto al signor Kikuchi: i colleghi di lavoro, i Fujita, ma anche i compagni e gli insegnanti di Taiki che, chiuso nel proprio silenzio fissava il vuoto, senza reagire.

Eiji gli si accostò e lo strinse a sé con un braccio, mentre con l'altro sosteneva l'ombrello. Alla fine del rito, l'amico fece cenno all'officiante di ringraziare i presenti senza aspettare, come avrebbe voluto la tradizione, che lo facesse l'unico parente, per nulla in grado di affrontare un discorso.

"Questo nostro fratello è stato un uomo esemplare, un collega fidato, un amico e un padre amorevole. Metteva sempre il prossimo davanti a tutto, anche a se stesso. Che sia per ognuno di noi un virtuoso esempio da seguire."

I partecipanti si dispersero, lasciando nei pressi del tempio solo i Fujita, Taiki ed Eiji ad attendere che la salma venisse portata via. Poi i quattro raggiunsero la macchina, pronti per riaccompagnare Eiji alla stazione dopo che il ragazzo, appresa la drammatica notizia, era tornato ad Arida di corsa.

"Senti, se vuoi posso restare. Il nonno può cavarsela da solo ancora per qualche giorno", disse poggiando una mano sulla spalla dell'amico.

"Va bene così, sul serio", rispose Taiki scuotendo il capo e forzando un sorriso.

"Non preoccuparti, non lo lasceremo solo", intervenne Naora per rassicurare l'ospite, ma con la voce ancora rotta dal dolore non fu in grado di aggiungere altro.

Una volta al parcheggio della ferrovia, con il motore spento, restarono tutti in silenzio ad ascoltare il temporale per qualche momento.

"Non so davvero come ringraziarvi per l'ospitalità, signori Fujita. Avrò modo di sdebitarmi. E tu: non farti scrupolo a chiamarmi per qualsiasi cosa e a qualsiasi ora, siamo intesi?", concluse Eiji, abbracciando forte Taiki che ricambiò la stretta.

Fujita sfidò la pioggia e aiutò il ragazzo a portare la valigia fin sotto il porticato, salutandolo con un'ultima pacca sulla spalla prima di tornare indietro.

"È proprio un bravo ragazzo Eiji, non è così?", commentò Naora provando a intavolare una conversazione, mentre il padre si accingeva a ripartire.

"Vorrei andare a casa", la voce di Taiki, flebile e inaspettata, arrivò dal sedile posteriore.

"Come dici? Beh... se devi recuperare delle cose, non sarebbe meglio domani, con calma?", domandò il signor Fujita in apprensione.

Il giovane, con gli occhi chiusi e i pugni stretti sulle ginocchia, rispose quasi urlando.

"Vorrei... io devo tornare a casa. Vi ho già disturbato abbastanza, non posso continuare, portatemi a casa."

"Non dirlo neanche per scherzo. Resterai con noi tutto il tempo che servirà. Per sempre, se sarà necessario", replicò il capo perentorio, ma subito si calmò. "Facciamo così: ora ti accompagniamo, Naora ti aiuterà a recuperare quello che ti occorre e tra un'ora tornerò a prendervi."

Zemlyan: RebirthWhere stories live. Discover now