La legge dell'addio

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Capitolo LIV

*Harry's Pov *


- Zayn ti prego, devi ascoltarmi! - mi strinsi ancora di più nella coperta, accucciandomi all'angolo del divano e vedendo la donna correre dietro a Zayn che gironzolava per il salotto, con i nervi a fior di pelle e le guance rosse per la rabbia. Erano minuti che si urlavano addosso e mentre Louis aveva preferito correre dietro a Zayn per calmarlo, io mi ero accoccolato sul divano, perchè sapevo che corrergli dietro non avrebbe aiutato affatto.

- Ascoltarti? Ascoltarti? Mi hai lasciato dentro una cella per due ore e non sei venuta! Non sei venuta! - sgranai gli occhi non appena notai le spalle di Zayn tremare. Il ragazzo, col viso a guardare la parete, non voleva mostrare a nessuno di essere crollato. Perchè seppur più fragile, era rimasto la solita roccia che preferiva farsi seppellire dall'onda pur di non farsi vedere crogiolata, frastagliata.

- Zayn mi dispiace, stavo venendo ma ci sono state delle complicazioni e non abbiamo... -

- Zayn ascolta tua madre. Ero alla guida della macchina ed ero con lei. Non abbiamo potuto fare più in fretta di quanto abbiamo già fatto - Liam affiancò il suo ragazzo, strofinandogli una mano sulla schiena, ma subito Zayn si tirò indietro e mi strinsi ancora di più nella coperta notando il freddo dei suoi occhi congelare la stanza. 

- No! Io non voglio ascoltare quella donna, perchè indifferentemente dall'incidente e dalle complicazioni, non avrebbe dovuto sbattermi in cella per un crimine che non ho mai commesso! - si voltò, con il viso coperto di lacrime e lo sguardo soffocante rivolto alla madre - Perchè io non ho mai messo piede in casa tua senza il tuo permesso! Perchè sono rimasto fuori, seduto, ad aspettare che mi aprissi e che mi parlassi! Quale legge ho infranto, eh? - urlando, scostò bruscamente Liam e Louis, arrancando passi rabbiosi verso la madre. Mi rizzai sul divano, quella conversazione non stava andando a buon fine. Zayn era fin troppo arrabbiato e fuori di sè. - C'è una legge che stabilisce di stare lontano chilometri di distanza da una madre, senza che nessun giudice lo vieti? - la donna, vedendo il figlio a pochi passi da lei, strinse le braccia intorno al busto e chiuse gli occhi. Li strizzò, quasi a voler annullare ciò che la circondava. Quasi come se stesse urlando nella sua testa di voler essere catapultata da un'altra parte. Al sicuro. Via dalle grinfie del suo figlio cattivo.

- Sai quale legge dovrebbero mettere? La legge dell'addio. Una volta che si va via e si chiudono le porte, non si possono più riaprire. Grazie a quella legge tu ora non saresti potuta entrare nemmeno qui. E grazie a quella legge io non avrei avuto nemmeno il pensiero di venirti a cercare, a trovare, a urlare di perdonare questo maledetto figlio che sono, per averti strappato il marito, la figlia e un figlio stesso. Dovrebbero mettere una legge contro Zayn Malik. Una legge solo ed esclusivamente per tuo figlio, così che venisse rinchiuso nelle segrete di una torre, lasciato marcire, sotto gli sguardi cattivi della gente che passa dalla sua cella, desiderando vedere la bestia che ci si nasconde dentro. Una legge contro di me. Una legge che mi permetta di sigillare i miei sentimenti in una scatola e di consegnartela, così che tu possa gettarla tra le fiamme, mentre ci sei. Hai preso tutto quello che avevo. E non sei tu ad essere rimasta sola, anni fa. Non sei tu. Sono io. Il figlio bastardo in questa vita, sono solo io -  Lo fissai attentamente e sgranai gli occhi. I suoi erano bloccati su un punto indefinito. La mano all'altezza della tempia e il respiro veloce. Sbattè le palpebre, strinse gli occhi e li riaprì. Pensai che stesse per svenire, come quando aveva i sintomi causati dall'incidente, invece mi sorprese quando si sedette tranquillamente, sotto lo sguardo sconvolto della madre e di tutti i presenti nella stanza. Mi meravigliai di come Camille non avesse sceso le scale, facendo rumore con i suoi tacchi e minacciandoci di spedirci tutti in una casa di cura, perchè davvero, in quella casa sembravamo uno più pazzo di un altro. Ne succedevano di tutti i colori. Mai una gioia. Mai un sospiro di sollievo. 

- Non sei il figlio bastardo Zayn, non capisco nemmeno come tu possa pensarlo - borbottò la madre, passandosi una mano sugli occhi lucidi e arrossati.

Zayn rise, abbassandosi le maniche della felpa fino a coprire la punta delle dita. - Hai ragione, dopo tutti questi anni, non ho ancora trovato una misera ragione che mi faccia pensare di essere il figlio bastardo. Oh aspetta, adesso me ne viene una: l'odio verso di me. No, aspetta, credo di aver avuto un'altra illuminazione: essere stato rinchiuso in casa dai nonni piuttosto che tenermi con voi. O il riformatorio. O l'essere stato emarginato... Aspetta, forse ci sono: Essere stato cacciato via dal funerale del proprio padre - gli occhi di Zayn, traboccanti di nuove lacrime pronte a scivolare via, si riposarono sul volto paonazzo di Trisha.

- In quel momento eravamo tutti... - la donna si bloccò, alla ricerca disperata delle parole giuste o forse solo di nuove scuse da dire al figlio.

- Eravate tutti devastati, spezzati, traditi da me, uccisi, morti. Eravate tutti... boh eravate tante cose e io invece cosa ero? Nulla. Ero il nulla perchè le uniche persone che potevano amarmi e confortarmi, mi odiavano e mi cacciavano via. Nemmeno i nonni mi rivolsero la parola per le prime settimane, troppo chiuse nel lutto del proprio figlio e rivoltanti all'idea di avere un nipote assassino in casa. Chiusi nel pianto verso una ragazzina che non c'è più e ancora più astiosi verso il proprio nipote. Quando voi eravate devastati, secondo te io stavo meglio? Da solo, i problemi si affrontano meglio? Questo secondo te non è un maledetto problema di cui avere ogni giorno paura? - spalancai la bocca, sicuro di quello che Zayn avrebbe fatto. Infatti, scostando Liam che stava di fronte a lui, incapace di poter fare la qualunque cosa, Zayn si sollevò le maniche della felpa, avvicinando i polsi al viso di Trisha. 

- Fino a poco tempo fa, nessuno sapeva quanto distrutto fosse tuo figlio. Fino a poco tempo fa, nessuno si accorgeva del fantasma che aveva deciso di vivere in una casa, per conto suo, pur di non essere odiato anche dai propri nonni! - il ragazzo singhiozzò, portandosi le mani sugli occhi e allontanandosi dallo sguardo sconvolto e umido di lacrime della madre.

- Scusa se per una cazzata sono diventato un burattino nelle mani del diavolo. Un giocattolo immerso nel fuoco del dolore e della solitudine - un groppo si formò nella mia gola. Non riuscii a mandare giù tutto quello che ostacolava le corde vocali. Stavo male per il ragazzo dai capelli e dagli occhi scuri. Stavo male per il dolore che anche lui portava dentro; lo trascinava sulle spalle percorrendo una salita ripida, ripidissima. Stavo male per il dolore che aveva ancorato nei polsi e stavo ancora peggio immaginando il dolore che aveva ancorato al cuore. Appesantito nell'anima e nel corpo, si trascinava come un senzatetto alla ricerca di un riparo, investito dal vento, dal gelo e dalla neve. E faceva così male vederlo crogiolarsi ancora, con l'onda che faceva emergere di nuovo la roccia e lui a mostrarsi in tutta la sua vera debolezza. Liam gli si lanciò addosso, abbracciandolo e sussurrandogli qualcosa all'orecchio. Louis, seduto sul bracciolo del divano, si era arreso dall'andargli dietro e fissava la scena, con le lacrime pronte a precipitare nel vedere il suo amico più debole che mai. Io, con il groppo in gola e il cuore pesante, fissavo ogni cosa sentendomi un regista dietro le quinte, analizzando cosa i protagonisti del mio film stessero facendo. 

- Mi dispiace così tanto, figlio mio... sono una madre pessima. Ho sempre pensato di dovermela cavare da sola e ho allontanato te, figlio del mio sangue. Ho buttato all'aria anni che avrei potuto passare cercando di incollare i tuoi pezzi e lasciando che tu incollassi i miei, frantumati al suolo. Ho passato gli anni a piangermi addosso di essere sola, quando invece non era così. Tu... tu eri davvero solo perchè io, solo perchè io ti ho reso tale. Ho allontanato tutti da te, vedendoti come una mela marcia e invece no tesoro... sei la mela più rossa e dolce che abbia mai visto. Mi dispiace così tanto... - Liam si allontanò da Zayn, sentendo dei passi dietro di lui e prima ancora che Zayn potesse alzare lo sguardo verso la madre, lei gli si era piantata addosso, stringendolo e stritolandolo come qualche frammento di ricordo mi spingeva a ricordare mia madre, quando mi stringeva forte e mi proteggeva dal mondo. Il groppo in gola si fece più insistente, diventando amaro. 

- Non voglio abbracciarti - sussurrò Zayn, cercando di scappare via dall'abbraccio della madre. 

- Si che lo vuoi - disse lei, invece, abbracciandolo più forte - Perchè tu sei come me. Ti attacchi anche alle cose che vuoi tenere lontano, giusto per non ritrovarti senza nulla -

Zayn non si divincolò più. Strinse le braccia attorno al busto di Trisha e singhiozzò sulla sua spalla. Mi alzai dal divano, con il groppo in gola più insistente. Anne. Lasciai scivolare la coperta dal mio busto, piegandola malamente e posandola sul divano. - Credo che sia meglio lasciarli da soli. Abbiamo già visto più del dovuto - sussurrai, ottenendo l'attenzione di Louis, sua madre e Liam. 

- Johannah posso restare in cucina? Voglio solo aspettare Zayn e salutarlo prima di andare via - la donna annuì, rimproverandolo perchè non c'era nemmeno il bisogno di chiederlo.

- Io vado a letto. Louis? Tu resti qui? - 

- No, avevo sonno prima, ti lascio immaginare ora che è ancora più tardi - borbottò. Lasciammo entrambi un bacio sulle guance di Johannah e poi salimmo verso le nostre camere separate. 

- Cos'hai? Sei parecchio silenzioso - mi chiese Louis, bloccandomi con le sua mani sui miei fianchi e voltandomi verso di lui. Mi lasciò un bacio sulla punta del naso e poi si allontanò per vedermi meglio. - Stavo solo pensando a mia madre. Sai, è da parecchi anni che non è con me e ho avuto un attimo di smarrimento. Ma è tutto passato. Sono a casa, in famiglia, nella mia famiglia e sto bene. Adesso voglio solo andare a letto e sperare che domani sia un giorno migliore -

- Arriveranno giorni migliori per noi, Haz. Giusto il tempo di mettere da parte tutti questi casini e di sospirare e ti renderò migliore ogni giorno della vita - lo abbracciai, lasciandogli un bacio sul collo. Mi salutò con la solita buonanotte, fatta da qualche minuto di baci, prima di vedermi sparire nella mia stanza. Giusto il tempo di indossare qualcosa di comodo e andai a letto, sotto lo sguardo vigile ma apparentemente addormentato di Camille. Sembrava osservarmi anche con gli occhi chiusi. E se possibile, faceva ancora più paura.


Il grido della libertàWhere stories live. Discover now