Una promessa sigillata

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Capitolo LVI

*Louis' Pov*


Dopo aver passato quel pomeriggio in quella casa, in compagnia di Harry, capii di amarlo davvero. Non era una stupida cotta, qualcosa che si sarebbe insidiato nel petto per poi passare. Era qualcosa, invece, che mi si era attaccato alle ossa, ai muscoli, agli organi e che mai niente e nessuno avrebbe potuto togliere. Avergli mostrato quella casa, quelle pareti, quella storia che si celava lì da anni, lontana dagli occhi indiscreti, mi era servito per capire quanto davvero ci tenessi a lui. Nessuno l'aveva mai vista. Il mio covo, il mio segreto... era qualcosa di irraggiungibile. Mamma e le mie sorelle non mettevano piede in quella casa da anni, da quando c'eravamo trasferiti e un incendio l'aveva leggermente distrutta. Loro sembravano aver dimenticato la storia che come un film girava tra quelle mura, ma io no. I miei primi passi, la mia prima parola, il mio primo disastro... e con disastro mi riferisco a quando avevo rotto una porta e mi ero spaccato la testa. Ero piccolo, non seppi nemmeno io come feci, ma un enorme buco aveva preso il posto del legno levigato della porta e mia madre, preoccupata, mi aveva subito portato in ospedale. E non potevo dimenticarmi di mio padre, che con gli occhi dispiaciuti mi sussurrava che il dolore sarebbe passato presto. Che mi tirava su il morale, perchè io ero forte, ero il suo piccolo guerriero. Era per questo, che quando tutto mi crollava addosso, io scappavo dalle macerie per rintanarmi in altre macerie, che però, mi facevano stare bene. Il mio odio, il mio amore, la mia gioia, la mia sofferenza, era tutto lì. Tutto tra quelle pareti bruciate dal tempo e dal fuoco. Lasciare quella casa, per me, non era stato facile. Le prime notti nella casa nuova mi avevano fatto rimanere col cuore in gola. Non riuscivo a dormire, sentendomi lontano da una cosa che volevo avere vicino. Poi ci avevo fatto l'abitudine, certo. Dopo anni ti abitui un po' al dolore che hai dentro. Ti abitui alle persone che ti lasciano, ti fai logorare quando il dolore è troppo forte per essere controllato, però poi, lentamente e senza accorgertene, quella ferita inizia a ricucirsi, senza mai sparire. Ma fa meno male. Ogni tanto arriva qualche botta di nostalgia che ti piega in due e ti fa gettare fuori un fiume di lacrime, ma poi passa pure quella.

E io mi ero un po' abituato a tutto quello che avevo passato. Mio padre mi mancava, avrei voluto abbracciarlo per l'ultima volta, giusto per inspirare così forte il suo profumo da non dimenticarlo più. Lo avrei fatto parlare davvero tanto perchè la sua voce iniziava ad affievolirsi nei miei ricordi e necessitavo rinfrescarmi le idee, rassicurarmi di non poterla dimenticare, eppure, mio malgrado, stava scomparendo insieme a piccoli puzzle di ricordi di quando ero piccolo. Mi ritrovavo a guardare delle sue vecchie foto, quando non ero troppo giù di morale, e avrei voluto guardarlo dal vivo per memorizzarlo. Perchè il colore degli occhi, dei capelli, i gesti, il fisico... volevo ricordare tutto senza perdermi nulla.

Prima di chiudermi la porta di quella vecchia casa alle spalle, diedi una rapida occhiata alla parete che io e Harry avevamo decorato. Spiccava, in alto a destra, una frase che Harry mi aveva sussurrato tra un bacio e un altro.

"Non lasciarmi. Non lasciarmi andare, perchè sono stanco di sentirmi solo "

E io allora, sotto la sua avevo scritto

"Non lasciarmi. Non lasciarmi andare, perchè sono stanco di dormire da solo"

E quella, quasi come una promessa mancata, sigillata dai nostri occhi lucidi, dalle nostre labbra incollate e dai nostri cuori che battevano forte nel petto, mi rassicurava. Perchè Harry, proprio come me, sentiva il bisogno di avermi accanto. Di sigillare ogni promessa affinchè non la sciogliessimo più. Di sigillarla col fuoco, con la cera calda, con un nastro rosso, con un catenaccio d'oro... non importava con cosa. Importava tenerla al sicuro, dentro il nostro cuore, dove nessuno avrebbe potuto infilare le mani e tirarla fuori.

Il grido della libertàWhere stories live. Discover now