Un passo al passato

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Capitolo LI

* Harry's Pov *


- Ehi Zayn, tutto bene? - ero appena uscito dalla mia stanza, con i capelli umidi per aver fatto la doccia e il fiatone per aver fatto veloce. Avevo voglia di sdraiarmi e ascoltare un po' di musica, prima di cenare.

- Si, perchè? - fissai i suoi occhi, non riusciva a convincermi. Aveva lo sguardo perso e assente, quasi nervoso.

- Mi sembri preoccupato... qualcosa non va? - insistetti, intimandogli di entrare nella mia stanza, magari per parlare un po', ma lui scosse il capo e mi sorrise. - No, va davvero tutto bene... e tu invece? - mi chiese, entrando e sedendosi sul letto. Mi accomodai vicino a lui e feci un sorriso triste. 

- Be' diciamo che è tutto a posto. Ma mi manca stare tutto il giorno con Louis. Lo vedo solo la mattina, quando Camille si fa la doccia. A scuola non abbiamo molto modo di stare insieme e in casa non se ne parla del proprio. Però riusciremo a superare tutto questo. E' già passata una settimana, possiamo farcela -

- Non immagino quanto sia dura vederlo e non potergli saltare addosso. Privarsi di una libertà ovvia. Insomma... che senso ha dividere due persone che stanno insieme, solo perchè vivono sotto lo stesso tetto? - domandò il moro, sospirando e gesticolando nervosamente con le mani.

- Non lo so nemmeno io... ogni sera, prima di addormentarmi, penso a un motivo, uno solo, per il quale questa storia dovrebbe avere senso, ma non riesco a trovarne. Cosa ha dato fastidio al giudice? Il fatto che siamo due maschi? Che viviamo sotto lo stesso tetto mi suona così strano... non siamo nemmeno fratelli! - esclamai, trattenendomi dall'urlare. Quella storia davvero faceva acqua da tutte le parti. Volevano dividermi dalla persona che amavo solo perchè nelle nostre vene non scorreva nemmeno lo stesso sangue? Che senso contorto aveva?

- Bah! In compenso sono felice che tu sia tornato come prima. Insomma, ammetto che è stata una settimana di duro allenamento e pensavo pure di arrendermi, ma alla fine hai superato anche questa! - ripensai ai giorni dopo quell'allenamento in palestra. Avevo continuato a traballare tra la sicurezza e l'insicurezza, capendo chi meritasse di ascoltare la mia voce e chi no, però poi tutto era tornato come prima, l'idea di poter parlare con tutti senza paura, mi aveva tolto un enorme masso dal cuore. Johannah era meno preoccupata e si vedeva nettamente che il suo sorriso fosse più stabile.

- Si, è stata dura. Ma ti ringrazio Zayn... andare in palestra mi ha fatto davvero bene. E per quanto mi costa ammetterlo, sono più sicuro di me. Insomma, prima avevo una paura folle di camminare da solo per strada perchè non sapevo nemmeno come difendermi e come reagire, ma adesso ho più riflessi e più incentivi. Non dico che saprei difendermi benissimo, ma suppongo di avere almeno la capacità di dare un calcio al nemico e darmela a gambe levate. Sempre meglio che farsi uccidere, non trovi? - domandai ridacchiando. Ero davvero più sicuro di me. Camminavo sfacciatamente per le piccole vie di Holmes Chapel quando nessuno poteva darmi un passaggio e c'erano strade che una volta mi terrorizzavano e correvo per non soffermarmi molto... ma ultimamente mi limitato ad accelerare il passo solo se vedevo qualcosa di strambo. Anche se piccolo, si nota un miglioramento, no? 

- E pensare che non volevi nemmeno fare boxe... fra un po' ti trovo pure a picchiarti nei vicoli o a fare gare clandestine, su tappeti luridi e posti tenebrosi! - rise Zayn, dandomi un pugnetto sulla spalla. Ridacchiai, immaginando la scena. Un piccolo ring cadente e io che lottavo contro un avversario. Certo, fino a qualche mese fa, quando venivo violentato, un pensiero del genere non mi avrebbe nemmeno sfiorato l'anticamera del cervello. Se solo avessi imparato prima a fare boxe, sarei potuto scappare via o picchiare mio padre. Non da ucciderlo, ma tanto meno da ferirlo gravemente per intimarlo a non cercarmi più. Avrei potuto sciogliere i nodi che mi faceva con la corda o correre più veloce per aprire la porta e chiuderlo dentro quella piccola stanza che ostinavo a dire fosse "mia". Ma in quella casa, di mio, non poteva esserci nulla se non la spolverata di profumo che mi ero lasciato dietro l'ultima volta che c'ero entrato.

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