Il buio è qualcosa che mi piace

6.5K 315 216
                                    

Capitolo XXX

*Harry's Pov*


Ci sono momenti in cui ti sembra di cadere, ad ogni minimo passo. Ci sono momenti che sembrano troppo lunghi per avere la forza di trascorrerli. Ci sono momenti in cui sai che niente è impossibile, nonostante mille lame ti perforino il corpo. E infine ci sono un altro tipo di momenti, quelli in cui cadi e ti rialzi, con il doppio della forza, con il doppio del coraggio, ma con un terzo della solita voglia di andare avanti. Perchè non tutti i momenti sono positivi. Perchè nessuno di essi ti trasmette le stesse emozioni per più volte.

Chissà quanto tempo ero rimasto in quel bagno. Lontano dagli occhi di chi vuole sapere troppo e lontano dal cuore di chi non vuole più sapere nulla di te.

La testa rivolta al cielo, come se sperassi in una risposta. Ma una risposta per cosa? A quale domanda qualcuno avrebbe dovuto rispondermi? Chiusi gli occhi, perchè tenerli aperti avrebbe causato solo bruciore e altre lacrime. La mia vita sembrava triste, FORSE lo era. Era una di quelle storie che iniziano con un dramma e finiscono con un lieto fine? Oppure una di quelle in cui il lieto non esiste affatto? Lasciai le mani sul petto, come se il corpo freddo potesse lasciare trapelare del calore, per se stesso. Le ginocchia tirate su. Troppo debole per riuscire a difendermi da solo, troppo codardo per chiedere aiuto, troppo giusto, secondo il mio parere, rimanere fermo a sopprimermi. 

Ascoltavo il silenzio. Folle, no? Se una cosa è silenziosa, come fa a sentirsi? Per me il silenzio non esisteva. Ci sarebbe sempre stato un piccolo rumore che avesse amato impadronirsi dell'atmosfera proprio quando tutto sembrava tacere. Anche i suoni sono egoisti. Fanno a gara di chi si sente per primo e di chi si continua a sentire tra gli altri rumori. Come la gente, che fa a gara per mostrarsi a tutti, rendendosi ridicoli a mostrare i propri difetti e le proprie debolezze, credendosi più forti. Ma che forza c'è nel leone magro e indebolito, nel sole pallido e calante, nel mare calmo e piatto? Non c'è vita senza aria. Non c'è anima senza corpo. Non c'è corpo senza organi. Atmosfera... ecosistema... organismi... tanti nomi per specificare una miriade di cose. Ma io cosa ero? Come avrei dovuto chiamarmi? Parassita, forse... i parassiti vivono grazie ad altri corpi... io a chi ero aggrappato? Non c'era più un filo solido a tenermi agganciato al pallino che chiamavo vita. Si stavano staccando tutti, uno per uno. Quale avrebbe retto fino alla fine? Quando sarebbe stata la fine? Ma soprattutto... ci sarebbe stata una fine?

L'acqua gocciolava da un rubinetto un po' aperto. Ecco come era la mia vita. Come un tubo rotto... perdeva acqua da tutte le parti e nessun bravo idraulico sapeva aggiustarmi senza creare altri danni, forse irreparabili. C'era chi provava con il silicone, che nella vita avrei potuto paragonare a un amore che ne sostituisce un altro. Ma non funzionava. C'era chi provava con il cambiare tubo, ma non sapevano che avrebbero tolto anche una parte di me. Perchè è sempre così. Come quando togli la panna da una fetta di torta... è inevitale non togliere anche un po' di pan di Spagna. Come quando prendi un oggetto e te ne cadono tre. Era tutta una catena. Ogni pezzo che cadeva, si aggrappava ad altri pezzi, che lo seguivano nell'agonia di una lunga, profonda e dolorosa caduta. Non sai mai come ti risvegli. Proprio come quando sei in dormiveglia e sogni di cadere nel vuoto. Non arrivi mai a toccare il suolo, ti svegli sempre prima, ma tutto ciò che provi è solo una piccola parte di ciò che potresti provare in totale. 

Abbassai le gambe e le stirai completamente, in modo che la schiena appoggiasse del tutto al muro. Si sentirono due scricchiolii, uno da parte delle mie ossa e uno da parte del pavimento. Un'altra coincidenza. Mi sentivo come se mi stessero camminando sopra. Ogni passo che facevano su di me, ero uno scricchiolio che si impadroniva del silenzio. La gomma delle scarpe che stride contro il suolo, mi fece sentire come una nota stonata in una canzone. Come un La minore fatto nel modo sbagliato. Come se stessi suonando la chitarra e piuttosto di impossessarmi della seconda, terza e quarta corda, mi stessi impossessando della terza, quinta e quarta. Non suonavo più un La minore, ma un Mi minore. Ecco la mia vita. Suonavo sempre la nota sbagliata nel momento sbagliato. Stridevo sempre contro una parete rocciosa, piuttosto che lanciarmi su un morbido materasso. Mi arrampicavo sugli specchi... forse solo perchè il suono delle unghia che stridono col vetro mi faceva capire quanto in basso stessi scivolando. 

Il grido della libertàWhere stories live. Discover now