Verde come la speranza

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Capitolo IX

Verde, come la speranza.

Optai per l'unica possibilità. Squarciai il cielo urlando il nome di Louis. Aspettai qualche secondo notando che non si era ancora deciso a venire, così obbligai i miei muscoli a muoversi. Non so il motivo preciso, ma quando si trattava di Louis, avrei corso anche essendo paralizzato alla gambe. Strano eh? Uscii velocemente dal bagno e girai più corridoi prima di trovarlo attaccato al corpo di Mark. Lo aveva sbattuto all'armadietto e stava per tirargli un pugno, che prontamente bloccai in aria. Mark mi aveva difeso e io avevo ricambiato il favore, così non avrei avuto debiti con lui.

- Non lo fare - sussurrai a Louis. Mi guardò sconvolto per poi tirare indietro il pugno, lasciandolo cadere al suo fianco.

- Perchè non vuoi che ti protegga? - sillabò, lasciando definitivamente Mark.

- Perchè lo stai facendo dalla persona della sbagliata - mi guardò confuso prima di alleviare le rughe tra le sopracciglia e rispondermi - Non è stato Mark? - fece di no con la testa e lo trascinai per un braccio, allontanandomi da Mark, stranamente solo. Non si era mai allontanato molto dal suo branco di sfaticati. Sembravano tenersi la coda a vicenda.

- Posso proporti una cosa? - chiese. Prima era rimasto sconvolto, sicuramente non si sarebbe aspettato quel mio atteggiamento. Pensava che gli avessi lasciato picchiare un ragazzo innocente? Si sbagliava.

- Dipende - ridacchiai. Ruotò gli occhi al cielo prima di affondare il suo incredibile color azzurro nel mio inutile verde.

- Oggi dopo scuola dico a mamma che non torniamo a casa e tu e io ce ne andiamo un po' in giro per la città. Passiamo del tempo insieme, così so più cose sul mio fratellastro - per quanto amara potesse sembrarmi quella situazione, l'idea di passare del tempo con lui era qualcosa di troppo meravigliosa.

- Accetto... ma ti avviso, non portarmi in posti alti, soffro di vertigini e nemmeno in posti chiusi, sono claustrofobico... evita di andare nei posti con troppe piante, soffro di allergia al polline e se non mi vuoi morto stecchito a terra ti conviene non pensarci nemmeno. Per il resto, fai come vuoi -

- Sei complicato Harry. Estremamente strano e complicato - borbottò, salutandomi con la mano e scomparendo alla sua prossima lezione. Io andai alla mia: Fisica. Altra noia mortale. Mi ricordai all'improvviso di aver lasciato tutto nel laboratorio di chimica, così recuperai gli oggetti ed entrai, fortunatamente non in ritardo, nel laboratorio di Fisica. Fece il suo meraviglioso ingresso un uomo barbuto, vestito in giacca, cravatta ed elegante pantalone, con le sue abituali scarpe nere e il suo pancione enorme. Non scherzo con le dimensioni della sua pancia, a fatica sarebbero scoppiati tutti i bottoni della camicia bianco perla e anche quelli della giacca verde petrolio. Orrendo abbigliamento. Orrendo fisico. Orrendo modo di insegnare. Pessimo insegnante. Aveva l'abitudine di fissare il sedere e il seno delle ragazze. Da quello dipendeva il loro voto in pagella. Sfortuna per i ragazzi dato che non potevamo mettere in mostra niente per avere un otto e non un misero quattro. Si, non ero molto bravo nella sua materia. Il perchè? Magari non amava il mio culo e forse nemmeno il mio petto piatto. Avrei dovuto farmi una ricostruzione? Mettere una parrucca? Ero gay, ma non quel tipo di gay che si trasforma in donna. Per quanto amassi gli uomini l'ultimo mio pensiero era non avere una parte di me ma quello di plastica. Io volevo il mio corpo, nonostante tutte quelle cicatrici lo rendevano disgustoso. Ma si dice che ogni cicatrice è segno di un'avventura giusto? Beh, credo di averne vissute troppe. E altre ancora mi aspettavano.

Ascoltai, per quanto fosse stato possibile, tutte le leggi che il professore spiegava e dimostrava. Non ci ho capito granché, ma avrei recuperato a casa. I libri di mistero avevano meno enigmi delle sue parole.

Il grido della libertàDonde viven las historias. Descúbrelo ahora