25. H (rev.02)

99 9 145
                                    


Era come se sapesse che stava per entrare. Lo attendeva e fu evidente.

Eppure non era un vedente, ma dava sempre l'impressione di sapere, anche prima che il suo interlocutore aprisse bocca, talvolta addirittura anticipando quanto, chi gli stava di fronte, forse nemmeno aveva ancora avuto il tempo di ponderare.

Gomiti sulla scrivania, dita delle mani incrociate davanti alla bocca, gli occhi puntati dritti su di lui. Uno sguardo che diceva di non avere tempo da sprecare, ma che per benevolenza o forse, commiserazione, sceglieva di dedicare.

Aveva occhi di un azzurro finissimo, grandi e indagatori, resi ancora più penetranti dalla curvatura, tutt'altro che dolce, delle sopracciglia folte. Con quello sguardo, incuteva un costante senso di soggezione in chiunque, come se giudicasse continuamente.

Il signor H era l'Azienda e come tale era apparenza. Dietro quella facciata c'era un qualcuno di cui però nessuno sapeva nulla. Come avesse fatto a raggiungere il vertice, dove abitasse, quale fosse il suo passato: nessuno aveva mai osato chiedere o indagare sul suo conto, perché sarebbe stato impossibile farlo restando inosservati. Niente sfuggiva all'Azienda perché niente sfuggiva ad H.

"Avresti voluto portarmi buone notizie ma, a giudicare dalla tua faccia, le cose non sono andate propriamente come ti aspettavi" disse non appena Burt si chiuse la porta alle spalle.

L'uomo si avvicinò alla scrivania in vetro dal taglio ultramoderno, ma non osò proferire parola.

"Eppure conosci Benedict da parecchio tempo" proseguì il signor H senza inflessioni, "possibile che tu non lo abbia ancora capito?"

La domanda non suonò come una vera richiesta. Quello non era un colloquio a doppio senso, bensì un'analisi ad alta voce che avrebbe portato a un giudizio insindacabile e Burt lo sapeva bene.

"Cosa gli hai permesso di fare, questa volta?" proseguì il signor H tirando un sorriso beffardo.

Lo aveva deluso e Burt ne era amaramente consapevole. Il fatto però che H non lo dimostrasse, significava solo una cosa: per lui era dannatamente prevedibile, si aspettava il suo fallimento perché non lo reputava all'altezza del ruolo che gli aveva affidato.

"Ha parlato in privato con la Pearson e la conversazione è stata poi cancellata" tagliò corto Burt cercando di rimanere saldo.

Il signor H inclinò leggermente la testa di lato, aggrottando il sopracciglio destro, intensificando ulteriormente, per quanto possibile, il suo disarmante sguardo indagatore. Burt si sentì inchiodato.

"Mi stai dicendo che Wigan ha avuto il tempo di fare quattro chiacchiere con la Pearson, da solo e poi, in tutta calma, ha potuto anche cancellare ogni traccia del loro discorso?"

Harvey Burt non sapeva come rispondere senza evitare di aggravare la propria posizione. Scelse però di non abbassare lo sguardo, gli occhi piantati in quelli dell'uomo che lo stava soggiogando con il solo peso delle parole.

Il signor H inclinò la testa dall'altro lato, sondandolo in profondità, più di quanto un vedente avrebbe mai potuto fare.

"Perché la cosa non mi stupisce?" rimarcò alzando leggermente il mento. "Rispondimi, Harvey."

In quel momento, Burt non poté provare altro che odio; quello era l'unico sentimento che gli pulsava dentro, come un battito accelerato vicino al collasso.

Davanti a H smetteva di essere sé stesso perché gli era impossibile ignorare la somiglianza: quell'uomo gli ricordava troppo qualcuno che aveva odiato, così a lungo, da meritarsi ingiustamente un posto indelebile nella sua memoria. L'odio sporca persino gli animi più puri e lui, ancora troppo giovane, si era sporcato anche le mani per colpa di qualcuno che non meritava nemmeno il suo disprezzo.

La Rivelazione di AdrielDonde viven las historias. Descúbrelo ahora