45.2 Virgil Bates

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Ben trovò Bates dove Jamie gli aveva detto l'avrebbe trovato: solo, nella piccola sala arredata in legno chiaro di castagno, posta alla fine dell'infilata di stanze lungo il lato est dell'ultimo piano della Biblioteca, quella che terminava con un'ampia vetrata che affacciava sul cortile interno alberato.

Bates amava immensamente la luce naturale e quella sala, seppur piccola, ne era inondata quasi tutti i giorni dell'anno, persino d'inverno. Anche se la luce non aveva la stessa intensità del periodo estivo, conservava la forza di farsi vedere viva tra quelle quattro pareti così ricche di scaffali colmi di libri.

Lo colse intento a leggere uno spesso volume dalla copertina consunta, seduto su una poltrona altrettanto vissuta, piazzata sotto l'ampia finestra, di modo da non perdersi nemmeno il più minuscolo tra i raggi di sole che vi filtravano attraverso.

Ben sapeva perfettamente da cosa derivava quel bisogno di luce. 

Era stato lo stesso Bates a confessarglielo, anni addietro, quando aveva condiviso con lui il ricordo del peggiore tra i luoghi in cui era stato costretto a esistere, per un periodo tanto lungo da non poter essere quantificato in tempo umano, così gli aveva detto. 

Era attraverso quel racconto di Bates che Ben aveva capito perché gli istigatori odiassero tanto i vedenti: erano loro a rimandarli nel Limbo e quel luogo, per gli istigatori, era paragonabile soltanto all'inferno. 

 A nessun membro dell'Azienda era dato di sapere altro sul Limbo, se non che era il luogo di origine del nemico. 

Ben sapeva che era privo di qualsiasi spiraglio di luce e di qualsiasi forma materiale, persino gli istigatori in esso erano sprovvisti di un corpo, che potevano avere solo nel mondo umano. Nel Limbo erano condannati a vagare senza un motivo, per quella che loro definivano l'esistenza e che in termini umani era equiparabile ad un tempo senza fine, vale a dire per l'eternità.

Ben chiuse delicatamente la porta alle sue spalle, procedendo nella direzione del neutrale, cercando di mantenere il passo il più leggero possibile, nel rispetto del silenzio quasi mistico che la lettura esigeva in un luogo come quello.

"Hai mai letto Il Conte di Montecristo di Dumas?" gli chiese Bates inaspettatamente, chiudendo delicatamente il volume e soffermandosi a osservare le imperfezioni della copertina.

Ben si sentì in dovere di fermarsi dove si trovava, al centro esatto della stanza.

"No" rispose facendosi serio.

Conosceva abbastanza bene Bates da sapere che, troppo spesso, era difficile anticiparne le intenzioni, anche per un vedente abile a sentire come lui.

"Peccato..." commentò il neutrale levandosi gli occhiali da lettura e andando a posizionarli, insieme al libro, sul basso tavolino anticato che teneva accanto alla poltrona.

"Parla di un ragazzo che viene ingiustamente accusato di un atto orribile e per questo condannato a quattordici anni di reclusione, a scontare una pena non dovuta" spiegò mentre si metteva in piedi, gli occhi ora fissi in quelli di Ben.

"Quattordici anni in una prigione, lontano da tutto e da tutti. E furono proprio quelli che lui reputava amici a tradirlo."

"Se è un modo velato di dirmi..." si sentì in dovere di ribattere Ben, ma Bates lo interruppe aprendo di scatto il palmo della mano.

"Dopo tutti quegli anni, il ragazzo, diventato uomo, riesce a riconquistare la libertà e sai cosa fa?"

Ben si limitò a un cenno di diniego del capo.

"Consuma la propria vendetta. Ripaga i propri amici, ormai nemici, della loro stessa moneta, intromettendosi nelle loro vite, fingendosi amico e distruggendole dall'interno, come in una sorta di contrappasso dantesco. Garantendo invece felicità e libertà a quei pochi che gli sono rimasti fedeli."

La Rivelazione di AdrielWo Geschichten leben. Entdecke jetzt