50. L'ammenda

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Il messaggio di Burt arrivò a notte inoltrata ma Ben era già sveglio. Di norma non dormiva mai troppe ore per notte, ricevendo spesso segnalazioni cui intervenire.

Quella notte poi in particolare, era l'ultima che avrebbe passato con Regine e quella consapevolezza gli impediva di prendere sonno.

Immaginò che anche Harvey Burt non avesse ancora chiuso occhio, nella bruciante attesa di convocarlo nel luogo in cui avrebbe dovuto espiare la sua colpa.

Regine dormiva sul fianco, dandogli le spalle. L'aveva avuta per troppo poco tempo, avrebbe voluto poter condividere con lei ancora tanto, eppure sapeva che per il suo bene sarebbe stato meglio interrompere i rapporti. Non volle svegliarla, non se la sentiva di farlo; preferiva un addio silenzioso, nella speranza di arrecare meno dolore possibile a entrambi.

Dopo essersi rivestito, la guardò per un tempo troppo rapido che non sarebbe mai stato abbastanza e uscì dall'appartamento; Regine, in realtà sveglia, si strinse nell'improvviso vuoto che sentì aprirsi dentro di lei.

Sapeva perfettamente dove sarebbe arrivato seguendo l'indirizzo che Burt gli aveva inviato: l'ospedale sulla 4th dove era stato ricoverato poco più di ventiquattrore prima.

Il pronto soccorso era un via vai funesto annunciato da continui colpi di sirena e ambulanze in corsa. Ma non sentì la presenza di Burt lì al piano terra. Salì le scale, incrociando solo qualche infermiere che non fece domande nel vederlo muoversi per i piani a quell'ora della notte. Seguì l'energia inconfondibile di Burt trovandosi di fronte al reparto di pediatria.

Giunto a quel punto si aspettava il peggio. Non sapeva cosa avessero decretato H e il Consiglio ma era certo che avrebbe dovuto mandare giù più di un misero amaro boccone.

Superò le porte il cui accesso non era consentito fuori dall'orario prestabilito, ma nessuno gli impedì di proseguire dato che, la signora Emerald, il cancellatore della famiglia Burt, pareva aspettarlo, fissa nel centro esatto del corridoio. Intorno a lei i medici di turno erano bloccati a metà del passo che stavano facendo prima della sua apparizione. Ben le passò accanto, scovando una punta di disprezzo nel suo sguardo, seppur incapace di riflettere qualsivoglia emozione. Nelle stanze lungo il corridoio le neomamme erano abbandonate in un sonno profondo, sigillato dall'intervento del cancellatore.

Harvey Burt lo attendeva alla fine di quel miglio verde che percorse avvertendo un nodo crescente alla gola. Lo trovò di fronte alla grande vetrina rettangolare che dava sulla nursery, dove solo qualche ora prima, immaginò che parenti e amici si fossero accalcati per dare il primo sguardo al neonato appena arrivato.

"Sei stato veloce" gli disse Burt voltandosi nell'accoglierlo.

Ben saltò di netto i convenevoli:

"Perché siamo qui, Burt?"

L'uomo si passò una mano sui capelli rigorosamente ingellati, lasciandosi andare a un breve ghigno di compiacimento.

"Il Consiglio e il signor H hanno decretato la tua ammenda. La tua ammissione di colpa è stata considerata sincera e ammirevole per il gesto paterno di cui era intrisa perciò, sei perdonato."

Ben rimase senza parole. Scrutò l'intimo di Burt: era sincero.

"Dove sta la fregatura?" chiese poi sulla difensiva.

"Sei stato inoltre insignito del ruolo di docente, per le nuove leve che inizieranno ad operare sul campo subito dopo la rivelazione..."

"Non è possibile... "

"Che tu faccia da mentore a qualcuno o che degli undicenni inizino a combattere gli istigatori?"

"Entrambe le cose."

La Rivelazione di AdrielDove le storie prendono vita. Scoprilo ora