49. Ben e Regine

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Sapeva che quella che stava per prendere rischiava di rivelarsi la peggiore decisione della sua vita eppure non poteva farne a meno.

Aveva raggiunto il limite delle rinunce in nome di un non dire forzatamente imposto. Era stanco di sacrificarsi per il bene altrui senza veder poi raggiungere lo scopo auspicato; doveva fare qualcosa per sé, ne aveva la necessità e non voleva rinunciarvi.

Si augurava di trovarla in casa. Dubitava che l'Azienda avesse messo qualcuno alla sua porta o qualche vedente a tenere lui sotto controllo, e nel caso remoto in cui l'avessero visto, avrebbe fatto ricadere tutta la colpa su di sé, come d'abitudine.

Trovò la porta dell'androne del palazzo aperta e il custode momentaneamente distratto a guardare un piccolo schermo TV nell'angolo della sua postazione. Salì silenzioso le scale e arrivato al terzo piano, batté il pugno un paio di volte sulla porta rosso mattone. Un attimo dopo, lei aprì.

"Stai bene?" chiese Ben a Regine lasciando andare tutta la preoccupazione che aveva serbato per lei fino a quel momento.

La donna, per nulla sorpresa, annuì in risposta; il suo volto e il suo essere, specchio di puro compiacimento, come se avesse atteso quell'attimo troppo a lungo.

"Tu?" gli chiese poi di rimando.

Ben la fissò intensamente negli occhi, varcò la soglia d'impeto e dopo averle preso delicatamente il viso tra le mani, la baciò con ardore.

Regine si lasciò andare a sua volta, a quell'incredibile sensazione di appagamento cui si era abituata in quei mesi trascorsi a tentare di fingere di essere quello che non era. Ma in quel momento, avvolta dal calore di quel gesto così vero, non poté che essere sé stessa.

Lasciò che Ben la guidasse, senza staccare le labbra dalle sue, fino a trovare il tavolo della cucina; non riusciva a smettere di volerla né lei voleva privarsi di lui.

Guidò le sue mani sotto la sua gonna, a sollevarla, invitandolo a proseguire fino a ritrovarsi seduta.

Fu lei a slacciare avidamente i suoi jeans e ad accompagnarlo nel conseguente e istintivo gesto che, tra loro, era diventato così naturale.

La sensazione di appagamento fu da subito, per entrambi, come tornare a respirare dopo un'apnea interminabile.

Ben era totalmente rapito nel cogliere ogni minima sfaccettatura del godimento che poteva leggere in lei: sbalzi così privi di freni, per lui, erano ondate incontrollate di piacere, un raro attimo in cui il sentire gli provocava una reazione unica, in cui poteva abbandonarsi completamente alle emozioni che, di norma, era costretto a controllare.

Regine era bellissima, persa nel godimento dato dalla congiunzione dei loro corpi.

Le baciò il collo, le guance, le labbra, stringendole le cosce, spingendo, per sentirla sempre più vicina; la vista ebbra del piacere che leggeva con gli occhi ma soprattutto che sentiva dentro.

Quando percepì farsi prossimo l'apice in lei, chiuse gli occhi e si preparò a vibrare del riflesso della sua energia.

Regine esplose di piacere, stringendo le mani dietro la schiena di Ben, a impedirgli di allontanarsi ora che quel calore famigliare le stava riempiendo l'anima.

Lui la guardò godere ogni frazione di quel momento e quando lei, ansimante, incrociò nuovamente il suo sguardo, con un sussurro, pronunciò parole che non si era mai concesso di dire a nessun'altra:

"Ti amo, Regine."

Quella confessione così sincera, smorzò di colpo lo sbalzo marcato dato dall'orgasmo, deviando l'energia di lei verso un sentimento rimasto sopito per anni, quasi dimenticato del tutto.

La Rivelazione di AdrielDove le storie prendono vita. Scoprilo ora