36. La chiamata (rev.02)

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Il signor Cohen non era solito mandare messaggi; di certo non era sua abitudine mandarne a lui.

In passato era stato il suo mentore e per questo lo aveva a lungo ammirato. Aveva cercato di apprendere il più possibile dal suo modo di agire e soprattutto di imparare come analizzare le energie altrui. Ma quando l'uomo aveva scelto di immolare carriera e reputazione per diventare tutore di Ben Wigan, Harvey Burt aveva seppellito il rispetto, non condividendo quella sua scelta così impossibile da accettare.

Mentre si recava al sedicesimo piano, una punta di curiosità iniziò a farsi strada nella sua mente: possibile che il signor Cohen volesse abbassarsi a chiedergli di intercedere con il signor H per il suo protetto?

Non si sarebbe stupito di un simile atto di umiliazione. Quell'uomo ormai aveva perso ogni traccia di dignità nonché autorità e un ulteriore gradino verso il basso non avrebbe certo fatto troppa differenza.

Già pregustava di sentire la sua mortificazione, suggellata da parole minuziosamente scelte, per una richiesta di grazia che mai sarebbe arrivata, quando allo sbarco ascensori del piano dedicato al centro smistamento, si imbatté nel Consiglio al completo.

I cinque membri, con l'aggiunta della moglie di Jones, uscirono dall'ascensore accanto a quello che aveva preso lui.

"Che sta succedendo, Harvey?" chiese la signora Eikichi con il suo solito tono ferreo, non appena lo vide.

"Non ne ho idea" rispose l'uomo preso alla sprovvista.

"Sei qui per caso o ti ha convocato Cohen?" domandò Wheeler facendosi largo tra gli altri, senza perdere tempo in convenevoli.

"Credo abbiamo ricevuto tutti lo stesso messaggio" minimizzò Jørgen Larsen interpretando l'espressione seccata di Burt.

"Cerchiamo Jacob" risolse Makena affrettando il passo lungo il corridoio, subito seguita dagli altri.

Harvey Burt non provava particolare ammirazione per nessuno dei membri del Consiglio; li seguì controvoglia, chiudendo il gruppo e limitandosi ad ascoltare.

"Spero per lui che questo non sia un maldestro tentativo di corrompere il nostro giudizio su Wigan!" proseguì Wheeler infervorato.

Grezzo e borioso: gli unici due aggettivi che Harvey Burt aveva da sempre avuto per Jonathan Wheeler; il solo sentilo parlare gli dava i nervi.

"Non abbiamo ancora deciso, Jonathan, non c'è nulla da corrompere" lo redarguì la signora Eikichi secca.

Pragmatica e calcolatrice, Sui Eikichi. Con quella sua capacità di leggere la verità attraverso l'energia che le dava una punta di saccenza mista ad arroganza indigesta. Seppur mentalmente, Burt però le diede ragione.

"E Jacob non è il tipo che si concede certe bassezze..." sottolineò Larsen lanciando un chiaro riferimento a Michael Jones che gli stava accanto e che rimase stranamente silenzioso.

Jones doveva essersi fatto riconoscere anche quella mattina, pensò Burt notando il suo seppur leggero sbalzo di irritazione. Immaginò che avesse esordito reclamando la testa di Wigan, ma che qualcuno degli altri, presumibilmente Larsen o Makena, gli unici dotati di senno in quel gruppo, l'avessero messo a tacere mortificandolo a dovere.

Lo sguardo gli cadde poi su Melanija Jones, notoriamente elegante e agghindata sopra le righe, sempre fuori contesto, sia per gli altri che per sé stessa, come rivelava il senso di inadeguatezza che perennemente le aleggiava dentro; di lei non aveva mai avuto benché minima considerazione.

Fu forse l'astio che non ebbe premura di nascondere a renderlo particolarmente ricettivo in quel momento. Si fermò per un istante, gli occhi calamitati da qualcosa di invisibile al di là della vetrata lungo cui si snodava il corridoio. Le miniature di mezzi pubblici, auto e innumerevoli pedoni, si incastravano operose sotto il suo sguardo. Qualcosa o qualcuno aveva attirato l'attenzione della sua energia. Una sensazione di buio, cui fece seguito un brivido che gli percorse rapido la schiena.

La Rivelazione di AdrielWhere stories live. Discover now